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“Nato da un cane”

indexdi Gabriele Ottaviani

Così, con lo scorrere delle stagioni, Piero cresce in quell’ultimo banco accanto al termosifone. Diventa un diciottenne massiccio, che di grazioso ha il labbro imbronciato, e sorprendentemente conquista l’ultimo anno di liceo senza neanche una bocciatura, lasciandosi alle spalle, in quella sua solitaria e testarda marcia di studente, anche qualche illustre rampollo della borghesia cittadina. Forse Lucia Cambogi aveva ragione: valeva la pena di tentare. Anche Mara se n’è fatta una ragione, tanto più che dal suo punto di vista le prospettive di lavoro per Piero sono più rosee: dopo il diploma spera in un posticino nell’amministrazione del deposito di container del cognato di sua cugina. Il primo giorno di scuola di quel fatale ultimo anno, il dieci settembre del Novanta, Tommaso Talini fa il suo ingresso nella Quinta C del Liceo Scientifico di via della Bassata e nella vita di Piero. Questo Tommaso si presenta così: un ragazzo lungo ed esile, occhi chiari e tratti gentili nonostante la lanugine malcurata che gli copre le guance ed il mento ed un forte sfogo di acne sul collo, infagottato in un abbigliamento da Bronx (scarpe da basket senza lacci, pantaloni sformati, una felpa col cappuccio, l’immancabile kefiah e un cappelletto marinaro alla Corto Maltese), la biografia di Malcolm X sottobraccio. Puzza anche un po’: Piero è costretto ad accorgersene quando quello, dopo aver attraversato la classe salutando la professoressa di matematica con un sorriso strafottente, si viene a sedere proprio al suo banco, nell’unico posto libero della classe. Ma a quel leggero tanfo, a quei due o tre denti guasti, a quei capelli ammazzettati dal sudicio, Piero non fa poi molto caso, emozionato com’è da quella novità.

Nato da un cane – Il trattamento originale di Ovosodo, Paolo Virzì, Francesco Bruni, ETS. A cura di Ottavia Madeddu. Prefazione di Paolo Mereghetti. Ovosodo è un rione popolare della città che per lungo tempo è stata definita come quella comunista per eccellenza, ossia Livorno (zona depisanizzata, per citare il cartello che si legge in un fotogramma di quell’incanto di emozione che è La prima cosa bella). È un film del millenovecentonovantasette che a Venezia, nell’anno di Hana-bi di Takeshi Kitano, si è aggiudicato il Gran Premio della giuria. Diretto con mano più che sicura da Paolo Virzì, vede nel cast Edoardo Gabbriellini, Marco Cocci, Regina Orioli, le meravigliose Nicoletta Braschi e Claudia Pandolfi e tanti altri: racconta con realismo e lirismo la storia di Piero, che sin da piccolo, perduta la mamma, deve affrontare un mondo adulto che gli pare come un freddo iceberg da sciogliere col semplice tocco del suo fiato, dove i sogni fanno fatica a farsi spazio tra una ciminiera e l’altra, un percorso impervio che comunque vale la pena di affrontare. Ovosodo è nato qui, da questo libro, da queste pagine, che sono alta letteratura e ottimo cinema: da leggere assolutamente.

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