di Gabriele Ottaviani
Metamorphosis. Di Michele Fasano. In sala dal sedici di maggio, presentato da Sattva Films, dopo essere passato per sessanta e più rassegne cinematografiche in giro per il mondo ottenendo oltre cinquanta riconoscimenti: esistono storie e personaggi la cui drammaturgia non si basa sul conflitto e che quindi si potrebbero ritenere impossibili da raccontare, che rimangono nell’ombra, nelle pieghe della grande storia; eppure la abitano, ne costituiscono, come fili preziosi, la trama, il disegno dell’arabesco. Del resto non è che di gocce che sia fatto il mare: l’upupa, il colibrì, il fenicottero, l’uccello dal collo torto e tanti altri simbolici personaggi che popolano – assieme a donne e uomini reali, come Susan, ebrea di famiglia sionista lituana che ha abbandonato la famiglia bianca latifondista nel Sudafrica dell’apartheid e dopo molti anni in giro per il globo ha scelto di vivere in Israele, a Tamra, città di trentamila abitanti tutti arabi e tutti musulmani, dove compie un concreto cammino di condivisione, perché non ci sarà pace finché non ci saranno diritti umani e cittadinanza per ciascheduno – la pellicola immaginifica, coloratissima, spirituale, poetica, bellissima, suggestiva, potente, emozionante, allegorica e insieme iperrealistica di Fasano, in cui si amalgamano alla perfezione il piglio e il découpage documentaristico e l’animazione, dal gusto raffinato, sono infatti tasselli di un prezioso mosaico in cui le tessere sono anche i versi dei più grandi poeti mediorientali e non solo, fra cui Tagore. Ispirato all’opera di uno dei più famosi poeti mistici persiani, La conferenza degli uccelli di Farid al-Din ‘Attar, vissuto a cavallo fra dodicesimo e tredicesimo secolo, narra l’archetipo del cambiamento, da Ovidio in giù, la religione dell’amore, che tutto vince e ogni confine valica, rivelata come messaggio universale di pace nel mondo a sei volatili, tra cui l’ultimo, il più improbabile di tutti, nonché, appunto, la vicenda di uno stormo di uccelli che viaggia al seguito di Upupa (e chi non ricorda Montale a questo proposito?), verso la Montagna di Kafh, dimora di Re Simourgh, che può dare tutte le risposte alle loro domande. Tra sogno e realtà, i volatili attraversano le sette leggendarie valli. I più si perdono per strada, tranne i quattro di loro che vivranno l’esperienza di altrettanti personaggi umani: oltre a Susan infatti conosceremo Monika (Albania), Abdurrahman (Turchia, mai così bella) e Jihad (Siria: commovente il ricordo di Padre Paolo Dall’Oglio), molto diversi l’uno dall’altra, per età, genere, cultura e religione, territorio di origine e mitologie, paesaggi geografici e vissuto storico e psicologico, accomunati dal fatto di abitare contemporaneamente, in ossequio, ognuno, alla proprio personale ortodossia, in due o più religioni. Da non perdere.