di Gabriele Ottaviani
Autrice di numerose pubblicazioni, è nella longlist dello Strega: Convenzionali intervista Lodovica San Guedoro.
Come è nata l’idea per il suo ultimo romanzo?
L’allegro manicomio, ovvero nove giorni di villeggiatura in famiglia è un romanzo-commedia autobiografico e l’autrice è anche uno dei sei personaggi che si contendono la scena: tre coppie esatte. Folleggianti. Il luogo dell’azione è una località del Tirolo austriaco, dove risiede la coppia anziana, i miei suoceri, pazzerelli. È stata la pressione di tutto il materiale umano accumulatosi nel corso di più di una villeggiatura a farmi infine impugnare la penna: almeno ci avrei ricavato un vantaggio pratico. E, in effetti, dopo averci scritto su una commedia radiofonica, più volte replicata, ne ho fatto anche un romanzo che ora concorre per lo Strega.
Quale è stata la sua reazione nel momento in cui è venuta a conoscenza della candidatura?
La candidatura allo Strega non è giunta completamente inaspettata. È stata una conquista dell’implacabile, teutonica perseveranza del mio editore, piccolo ma molto sicuro di sé e combattivo. La mia reazione non è stata quindi tanto di sorpresa quanto di gioia e di leggerezza: il merito veniva finalmente premiato!
Cosa significa per lei scrivere?
Che domanda! Scrivere è per me più che mangiare, più che respirare, più che volare. Potrei rinunciare a tutto, ma non allo scrivere. È la mia prima vita.
Qual è l’aspetto più importante di cui tenere conto quando si narra una storia?
Tutti gli aspetti. Ma, se devo metterne in evidenza uno, è il godimento estetico. Se, nello scrivere un romanzo, provo un intenso piacere, se provo gioia vitale, anche il lettore proverà piacere e gioia. In realtà però, mentre creo, penso solo a me stessa e alla mia Musa.
Quale storia vorrebbe raccontare?
Ne ho raccontate tante! Ora in particolare, mentre sono impegnata con una storia d’amore molto romantica e delicata, sono stuzzicata dall’idea di scrivere un pamphlet sull’islamismo quotidiano del mondo occidentale, per sfatare la comoda convinzione che islamisti siano solo i maomettani.
Qual è il compito della letteratura?
Ricordare all’uomo che è uomo e non scimpanzé.
Convenzionali si occupa anche di cinema: c’è un film per lei particolarmente significativo? Quale? E perché?
Ce ne sono diversi. Ma quello che mi è più caro è Les enfants du paradis di Marcel Carné. L’ho visto una decina di volte: in francese, in tedesco e persino in italiano. È il film più poetico, più etereo, crudele e affascinante. Colgo l’occasione per far notare che la versione italiana è ignobilmente mutilata: un disastro culturale nazionale.
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