di Gabriele Ottaviani
Aulard tratteggiava la sua lettura del decennio rivoluzionario nei termini di un moto di libertà…
“Marianne, il simbolo della Repubblica, ha il seno nudo perché lei nutre il popolo, non è velata perché è libera. La Repubblica è questo”. Manuel Valls, primo ministro francese, ha ribadito ancora una volta il suo concetto di libertà della donna contro il “nuovo totalitarismo islamico che bisogna combattere e abbattere cambiando la nostra cultura della sicurezza”. In Francia il dibattito aperto dopo le proibizioni, poi ritirate, di indossare il burkini sulle spiagge è ancora infuocato e le dichiarazioni di Valls hanno allungato la lunga scia delle polemiche. “Non c’è bisogno di essere nudi per essere Marianne”, tuona Jean-Luc Melenchon del Front de gauche. E allora in Francia si va a ritroso per riscoprire una delle allegorie simbolo della cultura d’Oltralpe. Marianne è simbolo della rivoluzione, come nel celebre dipinto di Delacroix “La libertà che guida il popolo”. Per non parlare poi di tutte quelle immagini che alimentano l’immaginario collettivo della Marianne. Da Brigitte Bardot e la sua versione scandalosa della fine degli anni Sessanta, a quella giovane e rivoluzionaria che manifestava in piazza a Parigi nel 1968, dalla versione cattolicissima della cantante Mirelle Mathieu fino alla vedette televisiva Evelyne Thomas. E poi Laetitia Casta e Catherine Deneuve, fino a Ines de la Fressange, eletta simbolo della Repubblica degli anni Novanta dai sindaci transalpini. Così si leggeva sulle colonne di Repubblica a fine agosto di tre anni fa: e in effetti Marianna, passata da mito nazionale persino a mito delle nazioni, è per eccellenza un’icona, forse una delle prime davvero pop, nel senso che è al popolo che si rivolge, è con il popolo, è per il popolo, che soffre, fatica, vive, ama, brama, spera: Tutti i volti di Marianna – Una storia delle storie della Rivoluzione francese, mirabile, ampio, denso, dotto, limpido, divulgativo saggio per Donzelli di Antonino De Francesco, ordinario di storia moderna all’Università degli Studi di Milano, dove attualmente dirige il Dipartimento di studi storici, indaga, muovendosi con magnifica souplesse nel tempo e nello spazio, da tutti i punti di vista l’ottima maestra cui mancano gli allievi, per citare Gramsci. Impeccabile e imprescindibile.