Libri

“Il segreto di Pietramala”

41K274bqaoL._AC_US218_.jpgdi Gabriele Ottaviani

Passai due giorni senza mangiare, non che non avessi fame, semplicemente mi ero dimenticato che si poteva mangiare o forse tutto mi sembrava semplicemente ripetersi uguale a se stesso. A dire il vero, ci avevo provato, a mangiare intendo, ma mi ero ritrovato a riflettere per l’ennesima volta sulla stranezza di quel gesto di infilarmi in bocca pezzi di mondo nel tentativo maldestro di frenare il disordine al quale prima o poi dovremo arrenderci: perso in questo inutile ruminare non sentivo più il gusto del cibo e allora, semplicemente, smisi; o così mi parve. Ma poi, valeva veramente la pena di frenare il disordine progressivo del mio corpo? O forse non era meglio invocare qualche malattia che rendesse tutto più rapido e facesse coincidere una volta per tutte gli unici due eventi dei quali abbiamo certezza: l’adesso e l’ora della nostra morte? Le malattie sono tra le cose più interessanti del mondo. Esaltano quella forza ignota che ci mantiene organismi coerenti pur bersagliati ogni istante da tensioni fisiche e da altri organismi che cercano di vivere nutrendosi di noi: mi tornò in mente l’immagine di quello stormo sopra Central Park. Sarei riuscito a rimanere coerente anch’io?

Il segreto di Pietramala, Andrea Moro, La nave di Teseo. Elia è un linguista. È di Parigi. Il suo lavoro, senza dubbio bellissimo, gli fa girare il mondo. Per catalogare lingue esotiche. Pietramala è un romito borgo montano. In Corsica. Lì si parla una lingua particolare. Propria di quel luogo. Un patrimonio. Vero e proprio. Che non va perso. Anzi. Va studiato. Descritto. Decifrato. Interpretato. Analizzato. Catalogato. Elia dunque si mette in viaggio. Ma sin dall’inizio sembra che tutto congiuri affinché lui non riesca a raggiungere la sua destinazione. Alla quale, però, come Dio vuole, finalmente approda. E si rende conto che i misteri non concernono soltanto affricate, palatali, dentali, consonanti scempie o geminate, bensì pure… Scritto in stato di grazia, emoziona finanche nei segni d’interpunzione: imperdibile.

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Libri

“Una madre di carta”

41fdwE0YZ8L._SY346_.jpgdi Gabriele Ottaviani

I figli erano un dono di Dio, ma costavano, e i soldi non bastavano mai.

Una madre di carta, Giuliana Moro, Panda. I figli sono figli, e non si pagano, diceva una delle più grandi eroine del teatro nostrano. Ma fino a tempi molto recenti in Italia avere natali che non vedessero la luce sotto l’egida del vincolo del matrimonio, sacro o profano che fosse, era un problema piuttosto serio, un assurdo marchio, una lettera scarlatta senza la benché minima ragione colpiva fiammeggiante creature innocenti, che non avevano chiesto di nascere, e che trovavano sempre qualche idiota pronto a insultarle gratuitamente sul cammino della loro vita. Del resto, si sa, dalla maldicenza non ci si può difendere, perché qualche imbecille che creda alla più sconsiderata delle calunnie c’è sempre, basta solo avere la pazienza di cercarlo e la sventura di trovarlo: persino la definizione, poi, era di rara volgarità. Figli di N. N., una sigla che equivaleva a un’onta. Siamo nel millenovecentotrenta, una bimba viene abbandonata sui gradini d’una chiesa, accolta da una famiglia, povera di mezzi ma non d’amore. La vita però è dura, la campagna non è quella dell’età dell’oro, non genera frutto da sola, e la guerra è incombente. Ma… Commovente, raffinato, emozionante, ben scritto, ben caratterizzato, credibile, avvincente, semplice, senza inutili virtuosismi: come dev’essere un romanzo.

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