Libri

“Cronache dalle terre di Scarciafratta”

di Gabriele Ottaviani

Ogni giorno del calendario mi frulla in testa questo pensiero, che subito diventa un rosario di tristi rimpianti…

Cronache dalle terre di Scarciafratta, Remo Rapino, Minimum fax. Selvaggia come solo l’Appennino sa essere, Scarciafratta è un luogo che insieme racchiude tutti quelli possibili e immaginabili, Fontamara, Macondo, il labirinto del minotauro, triste monumento alla tragicità della condizione umana: resa risonante di silenzio dal terremoto che l’ha svuotata, agglomerato di pietre caduche, è per anni dimora esclusiva di un uomo, resiliente e resistente, Mengo, con la sola compagnia di Sciambricò, un cane pastore di quindici anni dagli occhi chiari. Scavando tra le macerie della scuola ha trovato i quaderni dei bambini, e anche un registro dell’Ufficio anagrafe che un impiegato «sfastognato di timbri a bollo tondo e di certificati» aveva riempito di nomi, date, nascite, morti, matrimoni, di tutte le imperdibili storie perdute del paese. Alla fine della sua vita, per «ridare voce a quelli sommersi dalla morte», Mengo le trascriverà una per una, a Villa Adriatica, la casa di riposo dove viene ricoverato. Fino all’alba del giorno in cui l’uomo raggiunge la luna, e lui mette il punto all’ultima di quelle piccole, grandissime storie: Remo Rapino è la più squillante, oltre che unica, inconfondibile, insostituibile, immaginifica, impareggiabile, voce possibile per chi voce non ha avuto mai, cantore solennemente lieve e delicatamente commovente, sino alle lacrime, dell’avventura della vita e della memoria, e dà vita a un testo che non è solo una grande opera letteraria, ma un balsamo per l’anima che riordina le priorità dell’esistenza.

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