Libri

“Alice senza meraviglie”

9788865987841_0_0_1585_80di Gabriele Ottaviani

Dopo una breve ma intensa riunione tutti insieme a pranzo il giorno successivo, Dottorix, Donjuan e Semiepilex avevano fatto una diagnosi che non lasciava spazio all’immaginazione: «Cele’, allo stato attuale stai frequentando solo Russotto, un pesce rosso che vive in un’acqua impregnata di ansiolitico e con il quale vai d’accordo giusto perché le parole in bocca gliele metti tu!». «Non è…». «Cosa?». «Non è poi così male vivere così…». Semiepilex fu più burbera del solito: «Celesti’ fammi un favore: le cazzate raccontale a Russotto che non può parlare! Ti stai seppellendo da sola! E te lo dice una che ha scelto la vita ritirata! Ma io ci sto bene davvero… è inutile che mi guardate così! Ci sto bene davvero, davvero! Con tutta la confusione che c’è là fuori, senza le mie medicine, i miei tempi, il mio silenzio e il mio vuoto, io mi sento morire. Ma non tu, Cele’! Non tu! Quindi vedi che puoi fare!». «Semiepilex ha ragione, Cele’! Non te lo puoi permettere e anche per noi è davvero stressante fare la veglia ar morto e controllare ogni mattina che ancora respiri nella tua scatola!». Donjuan non ci era andato molto più soft. Dottorix: «No, insomma, Cele’, noi o meglio io, perché pure ’sti due non brillano per socialità… no, no è inutile che fate ’ste faccette, pure voi siete diventati due alieni anche se per scelta… insomma io ti darò un mano, ma tu ti devi impegnare». C’era poco da aggiungere. Con molta forza di volontà, una volta sciolte le righe, dalle 14 di quel giorno mi misi a lavorare in quella direzione. Se vuoi avere amici la prima cosa da fare è essere amico. Questo riportava in calce il post-it di Russotto delle 15 e da lì la mia vita solitaria ebbe una svolta. In casi estremi come il mio, la legge è una e una sola: ampliare la cerchia delle proprie conoscenze, organizzare cene, aperitivi, apericene, feste e quanto altro serva a importi all’attenzione di tutti come centro di aggregazione e di socialità. Poiché da quando mi ero lasciata non avevo più fatto accesso neanche al mondo virtuale di Facebook (inutile ricordare che lasciarsi ai tempi di Facebook equivale a scomparire per sopravvivere e non imbattersi tutti i santi giorni in post che lo riguardassero… nel mio caso avevo anche deciso di bloccarlo per non saperne davvero più niente), si trattava praticamente di intraprendere un lavoro a tempo pieno, non pagato, ma questo è nella norma dei miei contratti. Poi di tempo da investire ne avevo abbastanza, visto che il mio capo editor non si faceva sentire per avere la bozza del libro di cucina a causa degli impegni dello chef, per il quale trascrivevo ricette di polli alla macedonia, e che il mio agente cinematografico non mi proponeva un provino dai tempi della pubblicità dei prodotti intimi. Mi ero detta che solo quando il tormentone dei miei conoscenti fosse diventato: “Stasera andiamo da Celeste!”, allora mi sarei potuta ritenere soddisfatta e risolta. Solo che se a metà strada tra i trenta e quaranta, dopo una convivenza di dieci anni ti ritrovi sola per colpe tue, loro e dei dati sociologici, come dicevamo prima, vuol dire che la soluzione al problema è molto più lontana di quel che potresti immaginare e che ormai dentro di te non alberga più neppure l’ombra della socievolezza spontanea. Era, quindi, abbastanza ovvio che sarei incappata in trappoloni banali e quanto mai comuni.

Attrice, scrittrice, regista, diplomata in recitazione presso il Centro sperimentale di cinematografia, in regia presso la New York Film Academy, laureata in Sociologia del cinema, tra le protagoniste del delizioso, raffinatissimo, intelligente, ironico, divertente, irriverente, sardonico, dolce, amaro, brillante In bici senza sella, Emanuela Mascherini è un vero e proprio portento. Versatile e multiforme, per citare l’aggettivo che più d’ogni altro e sin da subito definisce l’ingegno d’Odisseo nel poema omerico che ne racconta il travagliato ritorno al lido natio, talentuosa e gagliarda, scrive benissimo. Non è questa la sua prima prova, ma Alice senza meraviglie, edito da Pendragon, è un esercizio di stile e di bravura pieno di temi, di spunti di riflessione, di significati evidenti e sottili, un romanzo mai virtuosistico né banale o retorico o autoreferenziale che si legge in un lampo con gran gusto e che racconta per brevi capitoli dalla prosa colorata come la veste d’Arlecchino la nuova alfabetizzazione di Celeste, che come se fosse di nuovo una bambina imprigionata nella fase della lallazione sta ricostruendo il suo lessico dell’esistere per raggiungere quel bene che le appare fuggitivo miraggio. Celeste è ghost writer e attrice ad anni alterni, ed è come la principessa delle fiabe: si risveglia da un lungo sonno e deve ricominciare. Like a virgin, ma non è propriamente Madonna. Tragicomica, surreale, picaresca, la sua avventura tra stamberghe che per quanto costano dovrebbero essere come minimo di platino, tempo che corre, passato che pesa, attacchi di panico, uomini nevrotici e meravigliosi pesci rossi che nuotano in acqua e Lexotan è imperdibile e incantevole.

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