Libri

“Ruthie Fear”

di Gabriele Ottaviani

Ruthie si domandò se per lei Satana risiedesse proprio in quella città, se dormisse in un letto che un tempo avevano condiviso. Ripensò al volto furibondo e innocente di Badger, al modo in cui la violenza aveva segnato i loro momenti insieme. Si era fidanzato appena dopo il diploma con una cheerleader della Stevensville High di nome Janine, e Ruthie si sentiva come una stella finalmente libera dai pianeti che la tenevano prigioniera. Ora che ci stava in mezzo, gli edifici le parevano ancora più grandi. Oscuravano il cielo. Per vederne la cima era costretta a buttare indietro la testa. I giocatori d’azzardo affollavano i casinò illuminati a giorno. Fissavano gli schermi baluginanti delle slot machine. Tiravano giù leve. Guardavano le ruote girare. Hai perso, hai perso, hai perso, hai perso, hai vinto. La signora si chinò a toccare le Bibbie sotto il sedile per tranquillizzarsi. Le cinque che si era portata non erano sufficienti. Impossibile competere con gli uomini che agli angoli delle vie ti sbattevano in mano volantini di escort e locali di striptease. Il suo era come un sottile e fragile ramo teso sopra l’agitato fiume della cupidigia. Prendetene tutti. Ruthie di fede sapeva poco o nulla, ma si aspettava la follia, il delirio e il capriccio di un destino spietato. I suoi avambracci erano percorsi dalle bianche cicatrici merlettate che i vetri sul pavimento dell’autogrill le avevano lasciato. Di solito le nascondeva per risparmiarsi le occhiate degli estranei, ma adesso studiò il paesaggio che formavano. Le sfiorò con la punta di un dito, ripercorse il ricordo. Il giorno successivo sul giornale aveva scoperto come si chiamava il ragazzo: Nathan Gardipe. Diciannove anni. I suoi vivevano nella riserva dei Flathead, poco distante da Billy French. Era andata al funerale ad Arlee con Billy e Terry, e aveva visto le tre sorelle del defunto, alte e sprezzanti, che circondavano la madre in lacrime come sentinelle. Ruthie era rimasta in disparte con le braccia fasciate. Si sentiva un’intrusa mentre l’uomo di medicina guidava le preghiere…

Ruthie Fear, Maxim Loskutoff, Black coffee, traduzione di Leonardo Taiuti. Figlia di un cacciatore ruvido e testardo, di fatto unica presenza femminile, assieme alla natura, materna e matrigna, generosa e ostile, violenta e violata, in una società tutta al maschile in cui fatica a trovare il proprio posto, Ruthie, che vede il mondo cambiare sempre più vorticosamente ma senza smettere mai di osservarlo con passione e coraggio, è la protagonista, di cui questo volume monumentale dalla prosa semplicemente perfetta segue la crescita fra le montagne della Bitterrot Valley, in Montana, di un’avventura simbolica ed evocativa che si inserisce nella tradizione dell’epica del West, nel solco, ma con scintillante originalità, di autori come Cormac McCarthy e Wallace Stegner, e che induce, con sgomento, alla riflessione. Assolutamente deflagrante e imperdibile.

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