di Gabriele Ottaviani
Metto a segno alcuni colpi. Il mio corpo risponde meglio. Io mi sento meglio.
La rabbia dell’orsa, Ingebjørg Berg Holm, Carbonio, traduzione, come sempre magnetica e magnifica, di Andrea Romanzi, giovane e preparatissimo intellettuale che ben conosce Bergen, la splendida città dell’autrice che ambienta anche, ma facendo assurgere il luogo non a semplice fondale, bensì a vero e proprio personaggio, riverbero e specchio dell’illusione della Scadinavia felix che felix non sembra più essere poi tanto, rendendo ogni descrizione niente affatto meramente, ammesso e non concesso che l’avverbio sia appropriato, pittorica o decorativa, bensì gravida di un solido significato, in quel luogo la vicenda, simbolica e potente, raffinata messa in discussione di certe farraginose e tossiche consuetudini patriarcali talmente radicate nella società da non essere più nemmeno percepite come pericolose, di Njal e Nina, climatologi con un’unione fallita alle spalle e una figlia in comune che il lavoro porta insieme alle Svalbard. ignari del fatto che qualcuno, nel gelo artico, li spii. E… Travolgente e irresistibile.
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