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“Il sacrificio dei pedoni”

61LjMSWEbqL._AC_UY218_di Gabriele Ottaviani

Mentre carezzo il povero tronco con la creta raccolta a bordo della corrente, penso che solo i pazzi credono che le grandi imprese siano facili. Forse che noi si fosse pazzi? Avere la visione di un mondo che reputi più giusto, in cui la falsità sparisce, in cui il merito viene premiato, in cui il rapporto con la natura è tutto, che sia da pazzi? Quanti pazzi ha quindi visto, finora, ’sto pianeta… pazzi che poi sono divenuti santi? La costanza è fondamentale al fine che un progetto si concretizzi, così che non si può abbandonare la partita al primo scontro o mutare direzione al primo ostacolo o al primo strappo nei pantaloni. «Mauro», a un certo punto gli dico, «i momenti importanti che l’umanità ha avuto, non hanno mai visto indosso agli uomini abiti nuovi, ben lavati e stirati, anche se detti uomini facevano parte di una élite intellettuale. Pensaci!». Lui mi guarda, lascia per un attimo di riordinare le cose entro la sacca, rimane quel tanto pensieroso, si gratta il naso, si tira un po’ le labbra e mi fa: «Hai mai visto qualcuno combattere in frac o in smoking? Al limite nei fumetti… infatti io vedo solo gente con le pezze al culo che ha fatto la Storia, oppure lorda di sangue e con le unghie sporche, ma sempre in prima fila, non certo a impomatarsi in bagno. Forse che siano eleganti e belle, le formiche, ai nostri occhi? Noi neppure badiamo a certe cose, ma loro, se stai attento, impiegano quasi un’intera vita ad attraversare un raggio di sole che taglia la terra. Forse che quel raggio dia luce a loro o sono loro a dare luce a lui, tramite il loro andare? Non ha importanza come si sia nel fisico, negli abiti, o quanti soldi si abbiano in tasca, l’importante è avere il coraggio di spendere una vita intera nel tentare di ridare luce a un raggio che poi già ha luce, ma che quella luce, noi uomini, non la vediamo più». «Ma questa è roba da poeti, Mauro!». «Questo è quello che mi fa stare al mondo, Conte! Altro non ho».

Il sacrificio dei pedoni, Gian Ruggero Manzoni, Castelvecchi. A Pier Vittorio Tondelli, Andrea Pazienza, Francesca Alinovi, Freak Antoni, Carlo Mazzacurati, Mauro, Marinella, Barbara, Tito, e ai tanti altri che oggi non ci sono più: è formidabilmente potente già dalla dedica questo volume, inserito nella prestigiosa longlist di quest’anno di una delle più importanti rassegne letterarie italiane, il Premio Comisso, giunto alla trentanovesima edizione. L’autore, Gian Ruggero Manzoni, che ha partecipato anche in più occasioni ai lavori della Biennale di Venezia ed è scrittore, poeta, artista, critico d’arte, studioso dei nuovi linguaggi espressivi, tra i finalisti dell’edizione del duemilaquindici del premio Viareggio-Rèpaci col suo Acufeni, ha condiviso parte del suo percorso con i personaggi succitati, un tragitto che si è snodato per i corridoi del DAMS di Bologna, nel millenovecentosettantasette, nei meandri della politica, costeggiando i pericolosi sentieri della lotta armata, finché Manzoni, che tutti chiamano il Conte, e il suo amico Mauro, detto Maurone, il dieci di marzo, non disarmati, vengono bloccati da una Squadra Speciale del ministero dell’Interno: è qui che inizia l’odissea, raccontata anche da Pier Paolo Giannubilo nel Risolutore, di Manzoni. Ovverosia un anarchico, un cane sciolto, pronipote dell’Alessandro che reso immortale il ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, cugino di Piero, Bartolomeo e Pippa Bacca, poeta, curatore, drammaturgo, narratore la cui scrittura – sovente profondamente autobiografica – è stata descritta come eroica nientemeno che da Testori, performer, pittore, teorico d’arte, originario di San Lorenzo di Lugo, in provincia di Ravenna, dove tuttora vive, padre separato, fumatore incallito affetto dal morbo di Crohn che di sé dice: Da contestatore quel tanto goliardico, come si poteva vivere il Movimento Studentesco nella Bologna degli primi anni ’70, mi sono trovato con un’arma in tasca, mi hanno beccato, mi hanno messo in galera, ho commutato la pena con il Servizio Militare, sono entrato nei Corpi Speciali, sono stato reclutato dai Servizi d’Informazione Militari, mi sono fatto il Libano, la Bosnia, e tante altre missioni, sono stato ferito in combattimento, sono sopravvissuto per miracolo e avanti così… Da non farsi sfuggire.

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