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“Il medico della nave – 8”

Piatto_bc_PATTINATRICE_ok-705x1030di Gabriele Ottaviani

8/6/46: A Genova ho visto molte cose, ma la migliore è stata il cimitero di Staglieno. Qui le prostitute sono molto più numerose del resto della popolazione. In strada sono volgari al di là di ogni immaginazione, ma a quanto pare prosperano, visto che mi sono già capitati due casi di gonorrea. Non posso fare molto per l’equipaggio se continua a frequentare quelle donne.

[…]

È un dato di fatto che per gli adulti sia più difficile immaginare qualcosa di nuovo che non immaginare affatto.

Il medico della nave – 8, Amy Fusselman, Black coffee, traduzione di Leonardo Taiuti. Il talento è francamente formidabile, la voce stentorea, le due opere, la prima del duemilauno, la seconda del duemilasette, sono una coppia di brevi ed eccellenti pezzi di bravura che mostrano incontrovertibilmente la poliedricità di un’artista della parola dall’inconfondibile e solidissima identità. Ogni artefice fa la sua arte col materiale che appartiene alla propria vita, lascia traccia di sé nella propria opera proprio perché vi è connesso da un vincolo di appartenenza, anche quando parla di mondi altri, ma Amy Fusselman va oltre: rivive il proprio passato, fatto, con ogni evidenza, anche, se non in un certo qual senso soprattutto, di strazianti dolori, sulla pagina e ne fa letteratura. Il primo racconto è dedicato al padre, il secondo al suo pedofilo: basterebbe questo per capire la portata del coacervo di emozioni che caratterizza la chirurgica prosa. Vita, morte, abuso, perdono: questi i temi. Da non perdere.

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