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“La porta d’ingresso dell’Islam”

copertina_zambondi Gabriele Ottaviani

Stabilito che la popolazione della Bosnia Erzegovina desidera che la nazione diven­ti uno Stato sovrano e indipendente, il riconoscimento potrà essere giustificato e confermato solo da un referendum. Fra il 13 e il 15 gennaio, lo Stato del Vaticano riconosce con due giorni d’anticipo le Repubbliche indipendenti di Slovenia e Croazia. La Francia riconosce le Repubbliche indipendenti di Croazia e Slo­venia e sarà seguita dagli altri membri della CEE. 7 febbraio, con il Trattato di Maastricht i paesi membri decidono l’unione monetaria europea e assumono la denominazione di Comu­nità Europea. 9 marzo, la Conferenza sulla Jugoslavia, presieduta da Lord Peter Carrington e alla presenza dello statunitense Cyrus Vance, si riunisce a Bruxelles. Partecipano i presidenti di cinque repub­bliche jugoslave, la Serbia è rappresentata dal Ministro degli Esteri Vladislav Jovanović in assenza del Presidente della Ser­bia, Slobodan Milošević infortunato in un incidente d’auto. Rag­giungono un accordo sulla continuazione del lavoro dei gruppi delle tre conferenze su argomenti istituzionali, diritti delle mino­ranze e argomenti economici. 23 marzo, il quarto incontro della Conferenza sulla Sicurezza e Cooperazione in Europa si svolge a Helsinki per iniziare a determi­nare una piattaforma per il futuro sviluppo del processo OSCE. La Slovenia, la Croazia e altri Stati dell’Europa Orientale ed ex URSS partecipano in qualità di membri effettivi. 30-31 marzo, a Bruxelles si svolge il sesto incontro di negozia­zioni sulla Bosnia Erzegovina, presenti i rappresentanti delle tre par­ti. Sono richieste separate correzioni al “Piano Coutilhero”, ma i principi generali del documento sono confermati.

La Bosnia è un paese strano, particolare, di bellezza sospesa e sorniona. Singolare sin dal luogo in cui si trova. Incastonata nel ventricolo più orientale dell’Europa, frastagliata dai verdi Balcani dove non mancano stazioni termali. Ha un piccolissimo sbocco sul mare, sopra e sotto è sempre Croazia. È un paese diviso, fatto di enclavi, nel quale le poltrone sono state moltiplicate per quattro, per far contenti tutti, dove si vedono quartieri musulmani, con le caratteristiche case verdi, basse, nel cui profilo sporge la mole della stanza da bagno, ma di fedeli della religione islamica se ne vedono in giro assai pochi. Eppure le moschee vengono costruite e ricostruite. Un esempio è Banja Luka, a tal punto rivale di Sarajevo che il volo da Roma passa da Belgrado. Da un’altra nazione. E i cartelli stradali, al di fuori dei centri urbani, non indicano reciprocamente né l’una né l’altra. E tutto è scritto tre volte, anche sulle confezioni di merendine, sui pacchetti di sigarette: croato, bosniaco, serbo. Ora, se quest’ultima lingua quantomeno ha dalla sua il fatto di avere un altro alfabeto, il cirillico, le prime due sono identiche. Stesse parole, stesso ordine dei vocaboli nella frase, stessa grafia, stessa pronuncia. Uguali ma diverse. Perché quelli di etnia croata dicono che è il bosniaco a essere uguale al loro idioma, non il contrario. E viceversa. Frammentata come un documento che non si deve leggere, la Bosnia. Affascinante, e dalla storia travagliata, polveriera di sogni irredentisti e guerre inumane e  palcoscenico di tragedie abominevoli. Il libro edito da Zambon, di Jean Toschi Marazzani Visconti, La porta d’ingresso dell’Islam – Bosnia Erzegovina: un paese ingovernabile, è un saggio chiaro, documentato, non scontato, interessante: fa riflettere.

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