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“Il problema dell’autorità politica”

opere_img231.pngdi Gabriele Ottaviani

All’inizio della sua presidenza nei primi anni Trenta, i programmi del New Deal di Franklin Delano Roosevelt vennero ripetutamente e fermamente annullati perché andavano oltre i poteri garantiti dalla Costituzione. Il presidente Roosevelt cercò di aggirare queste decisioni proponendo il Judicial Procedures Reform Bill del 1937, che gli avrebbe dato il potere di incaricare sei nuovi giudici della Corte Suprema, portandone il totale a quindici. Se il piano fosse riuscito, Roosevelt avrebbe selezionato solo candidati che avrebbero sostenuto il New Deal. Tuttavia, poco dopo che Roosevelt propose il suo piano, la corte cambiò direzione e iniziò ad approvare i suoi programmi (anche se solo per uno stretto margine); Roosevelt quindi abbandonò il suo piano per aggirare la corte. In pochi anni, diversi giudici andarono in pensione e vennero comunque rimpiazzati da persone scelte da Roosevelt, con il risultato che, quando ci fu il caso Wickard, otto dei nove giudici della Corte Suprema erano debitori del proprio mandato a Franklin Roosevelt. Questi giudici erano determinati ad approvare i programmi di Roosevelt, indipendentemente da ciò che diceva la Costituzione. Quindi inventarono delle giustificazioni per ribaltare i precedenti giudizi della corte. Per questo, il problema non consiste in una qualche ambiguità o mancata trasparenza della Costituzione, a cui si sarebbe potuto rimediare con una scelta di parole più accorta nel momento in cui il documento venne scritto. Non c’è stato alcun fraintendimento; i giudici scelsero semplicemente di non far rispettare la Costituzione. Il contenuto particolare del giudizio scritto dal Giudice Jackson nel caso Wickard è praticamente irrilevante. Ha la funzione di velo molto sottile per mascherare la cancellazione dei limiti costituzionali al potere del Congresso, ma se non fosse stato disponibile quel velo, ce ne sarebbe stato un altro. Se non esistesse la clausola relativa al commercio, la corte avrebbe escogitato un’altra giustificazione. Forse avrebbe affermato che la legge del New Deal ricadeva sotto la quinta clausola, che permette al Con gresso di “battere moneta, regolamentare il suo valore e quello delle monete straniere e fissare il sistema di pesi e misure.” La limitazione della produzione di grano aveva un effetto sui prezzi del grano; in quel senso, influiva sul valore del denaro (più bassi sono i prezzi, più valore ha una data quantità di denaro). Quindi forse il Congresso stava solo esercitando il suo potere di regolamentare il valore della moneta. Molti, oggi, potrebbero affermare che fu un bene che la corte scegliesse di decidere contro la Costituzione, perché il documento così come era scritto era troppo restrittivo. Pensiamo a quanti fantastici programmi federali oggi non esisterebbero se dovessimo attenerci a una normale lettura delle parole della Costituzione! Ma indipendentemente da ciò che si pensa di questi programmi, l’esperienza americana dovrebbe far diffidare qualsiasi democratico che avesse fiducia nel potere delle costituzioni per limitare il potere del governo. Anche se i programmi del New Deal fossero una buona politica, essi, in teoria, avrebbero pur sempre richiesto un emendamento costituzionale prima di poter essere resi esecutivi. Il fatto che ciò non successe e che molte altre leggi chiaramente incostituzionali vengano abitualmente approvate senza alcuna giustificazione è la testimonianza del problema fondamentale che un regime costituzionale deve affrontare. La costituzione è una legge, e le leggi devono essere fatte rispettare. Ma una volta che è stata istituita un’autorità suprema, non c’è nessuno per far rispettare la legge a quell’autorità.

Il problema dell’autorità politica – Un esame del diritto di obbligare e del dovere di obbedire, di Michael Huemer per Liberilibri. Traduzione di Cristina Ruffini. L’autorità. Ovvero il potere. La giustificazione dell’autorità del governo. Un concetto importante, difficile, fondamentale. L’autorità, inoltre, è persino qualcosa di più del potere che si esercita. L’autorità ha anche a che fare con la suggestione. Per questo si distingue sempre infatti fra autorità e autorevolezza. Chi è autoritario utilizza solo il verbo imperativo, chi è autorevole non ha nemmeno bisogno di parlare per essere rispettato e seguito. Basta un suo cenno e l’uditorio si cheta, e ascolta rapito. Attende il suo insegnamento. I diritti e i doveri, poi, sono un altro tema spinoso. Generalmente si pretendono i primi, in ossequio al senso di giustizia, ma non si è altrettanto severi con sé quando si viene meno a uno dei propri doveri. Anzi, di norma, con le dovute eccezioni, gli onori vengono ricercati, gli oneri rifuggiti. Huemer, insegnante di filosofia presso l’Università del Colorado, scrive un libro che oltre ad essere insospettabilmente chiaro (e dire che l’argomento non solo non è dei più semplici, ma non è nemmeno uno di quelli che meglio di altri si presta a essere fecondato da un guizzo di estro narrativo) è ambizioso e fa riflettere, su ciò che crediamo naturale ma invece appare con ogni evidenza artificiale se non artificioso, e apre prospettive interessantissime, e autenticamente liberali e libertarie.

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