Libri

“A volte una bella pensata”

di Gabriele Ottaviani

Negli anni successivi Henry si dedicò con riluttanza al secondogenito…

A volte una bella pensata, Ken Kesey, Black coffee, traduzione di Sara Reggiani, prefazione di Marco Rossari. Gli operai dell’industria del legno di una cittadina dell’Oregon sono oppressi dall’avanzata delle grandi aziende e dall’automazione sempre crescente che rende via via superflua la manodopera: sono gli anni Sessanta, ma sembra oggi. Per questo monta una rivolta sindacale: solo un’impresa resta fuori, una ditta a conduzione familiare, un universo che gravita attorno alla casa e a dinamiche solenni e paradigmatiche, allegoriche dell’America e non solo, come si sono viste anche sullo schermo (viene subito alla mente quel capolavoro del Gigante, tanto per fare un esempio…), ambizioni, ossessioni, sensi di colpa, rimorsi, rivalse, conflitti generazionali, strenui tentativi di resistenza all’ineluttabilità del cambiamento. Gli Stamper siamo tutti noi, nessuno si senta escluso, e quest’epopea familiare sublime vergata di suo pugno dal deus ex machina di Qualcuno volò sul nido del cuculo arriva finalmente, a vent’anni dalla morte del suo artefice, e per la prima volta dalla pubblicazione, che risale al millenovecentosessantaquattro, in traduzione italiana. Imprescindibile.

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