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“Il musicista” – Intervista a Christiano Cerasola

Christiano Cerasola - foto Giovan Battista D'Achille 1di Gabriele Ottaviani

Dopo aver parlato del suo libro, Convenzionali ha il piacere di intervistare l’autore di Il musicista, Christiano Cerasola.

Chi è Il musicista del titolo?

Il protagonista si chiama Max ed è un magro signorotto di provincia, inadeguato e fuori luogo in qualsiasi situazione, che sia il suo matrimonio o al cospetto degli inevitabili contrattempi. Un moderno disagiato, borghese e, comunque, inadatto. Solo quando suona il suo essere si trasforma e manifesta il suo reale talento, esclusivamente quando è avvolto dalla musica diventa geniale, irragiungibile, e addirittura leggendario.
Cos’è la musica per lui?

Nel suo caso la musica è un’amante gelosa, una dittatrice, una ossessionante passione. La reale chiave di lettura della sua intera parabola. Una condanna, se si considera la banale quotidianità delle sue giornate ma anche una fortuna che lo eleva su tutte le bassezze dalle quali è circondato.
Quale esigenza è alla base della necessità che l’ha portata a scrivere questa storia?
Mi piace raccontare storie, inventarne alcune o riportare quello che vedo o che sento, scrivo perché ho l’esigenza di lanciare messaggi, e trovo la scrittura un mezzo molto educato, e selettivo, per farlo. Questa storia ha diversi spunti di discussione: la solitudine, il rapporto complicato con i genitori, la mancanza di amore. È un racconto volutamente italiano e anche se il protagonista ha l’occasione di viaggiare nel mondo, alla fine, rimane sempre un impacciato uomo italiano di mezz’età.
Cosa significa per lei scrivere?
Scrivere è un modo di dire le cose, è immaginazione, è estro, è lasciare qualcosa che può piacere o meno ma che, comunque, rimarrà a chi avrà il desiderio di leggere.
Scrivere è un atto di coraggio, che elegge perfetti sconosciuti a giudici spietati.
Qual è lo scopo dell’arte, il suo ruolo nella vita delle persone?
L’arte è emozione, ci trasporta lontano da noi stessi, l’estasi degli intenditori delle varie forme di arte è paragonabile a una forma di orgasmo. Per gli antichi greci l’arte era la manifestazione, terrena, del divino. La selettività dell’arte trovo sia l’unica cosa che nobilita l’essere umano. La sfuggente bellezza dell’arte è una scia splendente che sfiora tutti, anche se alcuni non se ne accorgono.
Le passioni servono a evadere dalla routine?
Credo che anche la violenza della passione sia un concetto bellissimo da approfondire: e oltre ad aiutarci ad allontanarci dalla routine penso che renda la vita degna di essere vissuta. La proiezione che ha un uomo nei confronti della sua passione rasenta l’estasi. Di contro, l’assenza o impermeabilità a qualsiasi tipo di passione trovo sia la peggior condanna che ci possa capitare.
Fino a quale limite secondo lei ci si può spingere a sopportare una situazione che non ci rende felici se questo è un sacrificio necessario per poter coltivare un proprio interesse?
Anche in questa risposta sono costretto a riportare il concetto della passione. Se si è animati, o ammalati, da un tipo di emozione sincera, credo, si sia disposti a sopportare l’inaccettabile pur di sopravvivere e continuare ad appassionarsi. Ben inteso, non sempre le passioni sono positive, mi riferisco anche all’ autodistruzione o  alle malattie ossessive. Spesso la passione è follia.
Qual è il vero amore del suo protagonista? Che significato hanno per lui gli affetti?
Max vive di musica, ma quello che per lui è la musica si può declinare in altre mille sfaccettature, la musica nel mio romanzo è una metafora. Uno dei pregi di questo racconto è che ognuno di noi si potrà riconoscere, magari anche con imbarazzo. Anche l’ampio spazio che ho riservato per gli affetti familiari di Max vogliono essere un messaggio per chi legge. L’italianità di questo romanzo non poteva tralasciare l’importanza che diamo ai legami di sangue. In alcuni casi si parla di passione, anche qua.
Ha dei modelli quando scrive? Cosa vorrebbe che i suoi lettori  apprezzassero delle sue storie?
Sono alla continua e non sempre vincente ricerca della purezza, dunque mi farebbe piacere  miei lettori la trovassero tra le righe dei miei romanzi, e magari anche nelle pieghe degli inevitabili pasticci che commettono i puri d’animo.
Quale classico della letteratura avrebbe voluto scrivere?
In assoluto Moby Dick di Melville!

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