di Gabriele Ottaviani
Caso particolare della regola secondo cui i ricordi d’infanzia possono condizionare e finire per coincidere con l’immagine che uno si fa dell’aldilà. Astenersi i quant’era bello quand’ero piccolo, il mio primo ricordo quando ho aperto gli occhi in giardino ero nella culla, infilarsi il grembiulino della scuola è stato come uscire dal paradiso di mamma. Ma soprattutto, per favore, smettiamola di criminalizzare i consumatori. Non si sa bene (non c’è spazio per una digressione sull’idiozia degli adulti, che verrebbe lunga) come c’eravamo finiti e comunque il mondo era ritagliato sulle dimensioni di un’aula, o forse poco più, fuori si faceva la coda, quando eri pronto ti arrivava tra le mani un carrello taglia consumatore di prima elementare. Tra un carrello e l’altro calcolavano pochi secondi e, dentro, non valeva sorpassare. Come alla caccia al tesoro c’era una lista, ma allora scarsamente comprensibile e soprattutto poco motivante (detersivo e non dobloni, sale e non vele, zucchine e non iguanodonti). Ci era sembrato di capire che all’uscita ci sarebbe stata una signorina ad aspettarci, noi e il carrello, e ci avrebbe condotti in una stanza a parte dove gli esperti avrebbero dato un giudizio sul nostro modo di fare la spesa. I parametri ci erano stati notificati sommariamente prima di entrare nell’aula-supermercato. Del resto è facile immaginarli.
L’originale di Giorgia e altri racconti, Paolo Zanotti, Pendragon. È morto cinque anni fa. Troppo, troppo, troppo presto. Non sarà mai placata la sete generata dal rimpianto di non sapere cos’altro avrebbe potuto donare a tutti i suoi lettori. In quest’antologia, impreziosita anche da un’appendice e da una bella introduzione, ci sono undici racconti. Nei quali la policromia e la versatilità del suo stile, capace di mescolare senza la minima traccia di incoerenza, costituendo al contrario un sistema omogeneo, coeso, solido, compiuto, definito, stabile, amalgamato con grande sapienza e raffinatezza, il lirico e lo squallido, l’alto e il basso, l’apocalittico e il sublime, l’orrido e il magnifico, riproducendo con acribia l’intera e intensa varietà del mondo, visionaria e vituperata creazione, sono esaltate. Da non perdere.