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“La sublime arte”

b60757a59ad2b92c1213f5a62faad105_w250_h_mw_mh_cs_cx_cy.jpgdi Gabriele Ottaviani

Sono un brav’uomo, ho il cuore tenero… lei mi commuove…

La sublime arte, Alexandra David-Néel, Voland, traduzione di Guia Boni. Scrittrice ed esploratrice transalpina vissuta a cavallo fra Ottocento e Novecento e scomparsa a un mese dal compleanno numero centouno, nota per le sue formidabili imprese, è stata anche, in gioventù, una cantante: e questo romanzo rimasto inedito fino all’anno scorso, profondamente autobiografico però al tempo stesso assolutamente simbolico, allegorico, universale e chirurgico nel dipingere con tenerezza lirica ma anche con estrema efficacia una società malvagia pronta a tutto per insozzare di schizzi di fango le anime più pure, fragili e sensibili che bramano l’arte e cercano in ogni modo di regalare al mondo quella grande e commovente ricchezza che sentono di possedere, è una testimonianza emozionante della sua visione del mondo, assolutamente moderna e preconizzatrice. Da non perdere.

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“Più a est di Radi Kürkk”

36c34a40-0085-11ea-a989-6b4563439d07-rimg-w509-h720-gmir.jpgdi Gabriele Ottaviani

La pioggia copre tutto tormentando il tetto della corriera.

Più a est di Radi Kürkk, Gianluca Di Dio, Voland. Regista, copywriter, libraio, scrittore, parmense di nascita e bolognese di adozione, Gianluca Di Dio ha gran talento per la scrittura e una voce stentorea, raffinata e originale: qui narra, con toni da simbolica favola nera sul senso della fine, declinato secondo ogni sfumatura, la vicenda di Lucio, che d’improvviso si ritrova solo al mondo e deve ricominciare da capo, mettendo insieme i cocci della sua vita che non gli pare avere senso alcuno. Vive a Luz, un paese sulla riva di un grande fiume che sovente minaccia, gonfio di pioggia, di distruggere tutto quel che lo circonda, e un giorno incontra il dottor Cervellati, dentista, il solo del circondario, personaggio dal fascino strano e ambiguo che gli consegna un racconto scritto dal padre del ragazzo di cui era il migliore amico, e… Deflagrante.

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“Il detenuto zero”

9788862433686_0_150_0_75.jpgdi Gabriele Ottaviani

Nella mente di Blackhead si era fissata in modo indelebile l’ultima dichiarazione delle memorie di Russell: “Tre passioni, semplici ma irresistibili, hanno governato la mia vita: la sete d’amore, la ricerca della conoscenza e una struggente pena per le sofferenze dell’umanità. Queste passioni, come forti venti, mi hanno sospinto qua e là secondo una rotta capricciosa, attraverso un profondo oceano di dolore che mi ha portato fino all’orlo della disperazione.

Il detenuto zero, Yiannis Karvelis, Voland, traduzione di Giuseppina Dilillo. Nell’America di dieci anni fa tre ragazzi, tre immigrati di seconda generazione, tre geni della matematica, sono assunti per elaborare i sistemi di controllo di Isolamento. Che, come il nome, in verità decisamente inquietante, lascia intendere senza dare adito a dubbi, è un nuovo carcere di massima sicurezza. L’impiego crea nei giovani non pochi scrupoli, com’è prevedibile, di carattere etico, che finiscono per metterli in pericolo. Diventano infatti loro stessi i primi ospiti del penitenziario che hanno contribuito a edificare, i primi topolini che rischiano lo stritolamento all’interno degli ingranaggi del potere. I tre sono abili, però, e hanno capacità formidabili, tanto che… più che un romanzo un labirinto, di straordinario fascino.

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“Il testamento dell’uro”

41W50uKet1L._SX344_BO1,204,203,200_.jpgdi Gabriele Ottaviani

Arriviamo al Museo delle Specie nel momento in cui Charnot, appollaiato su uno sgabello, le guance arrossate e la fronte sudata, legge Il testamento dell’uro davanti a una folla attenta. Sono nauseata. Ci saranno centocinquanta persone nella sala, una grande sala che normalmente accoglie bisonti imbalsamati, come indicano i pannelli appesi ai muri. Un po’ più in là, un tavolo su cui sono disposte bottiglie di vino, succhi di frutta, vassoi pieni di stuzzichini. La lettura deve essere cominciata da un po’. Nessuno nota la nostra presenza, le persone pendono dalle labbra del sindaco. Charnot parla con una voce grave e un ritmo strano. Non ho mai sentito leggere in quel modo. Rimango completamente sconcertata. Non sembra una voce umana, è un’altra cosa, il timbro rauco evoca un grugnito animale. Il sindaco non segue la punteggiatura, obbedisce a un tempo tutto suo, come un automobilista che ignori il codice della strada. Tuttavia, passato l’effetto sorpresa, l’orecchio si abitua. Ci sentiamo trascinati in un altro mondo, la voce animale ci incanta e…

Il testamento dell’uro, Stéphanie Hochet, Voland, traduzione di Roberto Lana. Nel sud della Francia c’è un festival letterario dove giunge come ospite di riguardo una giovane scrittrice: sarebbe tutto normale, se non fosse per l’atmosfera del luogo, stranamente inquietante e stravagante. Il fulcro di tutto pare essere il sindaco della località, una sorta di guru che incarica l’autrice di redigere nientedimeno che la biografia dell’uro, il Bos taurus primigenius antenato dei bovini moderni ed estinto, stando alle attestazioni, nonostante avesse affascinato, in quanto creatura mitica e bizzarra, finanche i nazisti, perlomeno dal diciassettesimo secolo. Non è però che l’inizio di un’avventura allegorica, trascinante, destabilizzante e visionaria…

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“La seduzione”

download (2).jpgdi Gabriele Ottaviani

Di sicuro a te a scuola non ti rubavano il panino, non ti prendevano la cartella e la lanciavano dalla finestra, non ti rubavano il berretto e si mettevano in cerchio attorno a te passandoselo dall’uno all’altro mentre tu tentavi inutilmente di recuperarlo, di sicuro non ti davano pacche sulla nuca quando ti passavano accanto, ed è vero che non ti è mai successo che un compagno si mettesse a quattro zampe dietro di te senza che te ne accorgessi e che un altro ti desse una spinta sul petto per farti cadere di schiena e perché poi tutti scoppiassero a ridere? Di sicuro non ti hanno mai riempito la sacca da ginnastica di cardi, di sabbia, di merda, tu non eri di quei bambini a cui mettevano dei soprannomi di cui ridevano tutti, non ti hanno mai preso in tanti, fatto cadere, sollevato da terra tenendoti per le gambe e le braccia, portato verso un palo, messo in modo che il palo si trovasse in mezzo alle tue gambe, e non ti hanno mai tirato verso il palo per massacrarti i genitali, che risate, non ti hanno mai lasciato steso lì a contorcerti per il dolore e l’impotenza. A me succedevano queste cose, non molto di più che ad altri, per fortuna non ero quel ciccione con gli occhiali e non molto sveglio per il quale ogni intervallo era un martirio, che si sedeva accanto alla porta con la speranza di poter uscire di corsa non appena il professore dava per terminata la lezione però c’era sempre qualcuno attento a prenderlo e trattenerlo finché ai capetti non veniva in mente come torturarlo quella volta. Io non ero il ciccione con gli occhiali né quello con il labbro leporino, così la mia dose di umiliazione era quella normale, quella di un ragazzo fra i tanti. Ma sicuramente tu non sai nemmeno di cosa sto parlando.

La seduzione, José Ovejero, Voland, traduzione di Bruno Arpaia. Ariel è in quella terra di mezzo fra i cinquanta e i sessanta che inevitabilmente, come ogni età di transizione, induce a guardarsi, a meno di non essere completamente vacui, dentro e comporre dei bilanci: la sua esistenza di scrittore di un certo livello ma ormai spaventato dalla pagina bianca si trascina con una certa abulia, almeno finché nella sua vita non compare un giovane che vede in lui un mentore. Un giorno però il ragazzo subisce un’atroce aggressione, e a quel punto monta in lui un umanissimo desiderio di vendetta, in cui coinvolge anche Ariel: i piani spaziali e temporali iniziano a confondersi, e questo vibrante paradosso escheriano diviene un’imprescindibile esegesi sui tortuosi e torbidi meandri dell’animo umano e del desiderio. Da leggere.

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“Minuetto per chitarra”

download (1).jpgdi Gabriele Ottaviani

Fango, granate, sangue. Un aviere miete le reclute appena arrivate al fronte, direttamente dal liceo. Invece di disperdersi, loro si raggruppano e si stringono insieme. Cameratismo, linee di trincee, crateri a imbuto scavati dalle granate. Ferite, morti, assalti alla baionetta, morte. Rancio freddo. Dai suoi occhi la vita è scivolata via. Niente di nuovo sul fronte occidentale. Avevamo creduto che l’imperatore fosse più grande e più potente. Le compagnie schierate sono lievemente deluse. Distribuisce le decorazioni. E ora possiamo tornare al fronte. Fango, granate che ululano, granate che arrivano sibilando, scelgono il loro bersaglio al di sopra della testa, intestini, arti spappolati. Correva senza gambe e si è tuffato in una trincea. Guerra franco-prussiana. Un frutteto, alberi, soldati; soldati, alberi da frutta, un’aia; spari, soldati, alberi. Il placido Don, una batteria di cannoni nella bufera di neve. Cavalli, un veterano della Guardia Bianca, un sergente, salva la batteria, cavalli, cavalli, figure bianche nella bufera di neve. Cavalli, cavalli, l’armata a cavallo di Budënnyj. Šolochov, Isaak Babel, Lidin, Ivanov. La steppa. La steppa sotto la neve. Avanzata e ritirata. Una partita a scacchi tra Napoleone e Kutuzov. Una carica dei cosacchi. L’accampamento francese. Il ballo di corte. Feriti in una villa. Ampi fiumi. Mosca in fiamme. Lev Nikolaevič. Tutto ciò è accaduto, un tempo, nessuno però sa in che modo sia andata, come sia stato da vicino. Che volto aveva lo zar? È vero che i francesi avevano acceso un fuoco allo scoperto, in un bosco poco folto, quando i cosacchi li hanno attaccati? Una spianata bianca, disseminata delle macchie scure dei cadaveri, la neve cade sui cappotti militari. Più vicino al risveglio e lontano da esso. Alle parole e ai pensieri e lontano da essi. Anche il nome, pronunciarlo non è facile. Cristoforo Colombo. Ssss… mbo. La spada e la croce e il cavallo, una vela, la prua della nave. “Rendetemela tedesca, questa terra” aveva detto il tedesco. Sapore di stagnola, battaglia aerea. Tutto scorre nell’ordine stabilito, naviga per qualche canale. La luce si accende e si spegne.

Minuetto per chitarra (a venticinque colpi), Vitomil Zupan, Voland, traduzione e cura di Patrizia Raveggi. Negli anni della seconda guerra mondiale il Reich occupa la Slovenia, e molti combattono perché i nazisti abbiano vita tutt’altro che facile in quelle terre d’indubbio fascino e strategicamente assai importanti: i conflitti, poi, com’è noto, per fortuna, dopo tempi più o meno lunghi, comunque tragici, in ogni modo, ed è del resto connotato d’ogni umana cosa, finiscono, ma lasciano degli strascichi. E pertanto dopo decenni due nemici, in un altrove di diversissimo genere, si incontrano di nuovo… Potente, raffinatissimo, scritto in stato di grazia con una sensibilità davvero rara, è da non lasciarsi sfuggire per nessuna ragione.

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“La bocca delle carpe”

188c08996440bac94da246f0fbdb396e_w250_h_mw_mh_cs_cx_cy.jpgdi Gabriele Ottaviani

–       La bocca delle carpe la spaventa, quindi.

–       Sì.

La bocca delle carpe – Conversazioni con Amélie Nothomb, Michel Robert, Voland, traduzione di Sara Manuela Cacioppo. In Giappone resta colpita da questi animali, gli unici che la disgustano, e dunque così importanti per lei, dei pesci, le carpe, nonostante proprio questi animali, in particolare quelli di tipo koi, amino per antonomasia le coccole, come ci ricorda nel suo magnifico Cronaca di un disamore Ivan Cotroneo, scrittore bravissimo, regista valido, sceneggiatore dei più brillanti: Amelie Nothomb è un personaggio, una persona e una scrittrice che non ha eguali, e Michel Robert ce la racconta. Imperdibile.

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“Il Levante”

61v1fn-UsiL._AC_UL436_.jpgdi Gabriele Ottaviani

Ti ho cercato ovunque…

Il Levante, Mircea Cărtărescu, Voland, traduzione di Bruno Mazzoni. Manoil viaggia per mare. Per terra. Sottoterra. Nel cielo. È giovane. È coraggioso. Impetuoso come il vento che spira da est. È un ribelle. Sprona il popolo a sollevarsi. A cacciare il tiranno. Alla libertà. Lo accompagnano sua sorella, un pirata, un erudito e molti altri. È questa un’opera fuori dall’ordinario. È un’epica modernissima e insieme classica, antica, ancestrale, atavica e al tempo stesso profondamente attuale, in cui temi universali e sempre validi vengono declinati per il tramite di molti punti di vista, amalgamando in una tessitura oltremodo raffinata, come quella d’un arazzo medievale, la dimensione della favola e quella della digressione scientifica, prosa e poesia, esaltando il potere salvifico, immaginifico, creativo e universale della parola. Come sempre nel caso di Cărtărescu, geniale.

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“Breviario dei vinti”

81WFXfAs6LL._AC_UL436_.jpgdi Gabriele Ottaviani

Di solito, ci crediamo tutti pieni di vita…

Breviario dei vinti, Emil Cioran, Voland. Traduzione di Cristina Fantechi. Cura e postfazione di Roberto Scagno. Filosofo, saggista e aforista rumeno – ma muore in Francia, sua terra d’elezione – fra i più importanti del cosiddetto secolo breve, profondamente segnato dalla lezione di Schopenhauer e prima ancora da quella di Kant, Cioran ha scavato un solco di indubbia rilevanza nella storia del pensiero: questo testo, scritto nella sua lingua madre in pieno tempo di guerra, fra il millenovecentoquarantuno e il millenovecentoquarantaquattro (ci vorranno però sei lustri perché finalmente veda la luce), ne è conferma e summa, collage di dissertazioni sul tema sempre attuale, oggi più che mai, dell’identità.

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“La scatola di latta”

61+dzz9zUBL._AC_UL320_.jpgdi Gabriele Ottaviani

Ma i guai per gli abitanti di Ics erano solo agli inizi.

La scatola di latta, Paolo Donini, Voland. Delizioso divertissement di rara agilità la cui lettura dona piacere e gaudio, è la storia di P. che vive a Ics. Non si sa chi sia. Un artista? Un poeta? Boh… Non fa nulla. Di che campa? Dilapidando il patrimonio di famiglia, pare. Che non si capisce bene da cosa sia originato, e come faccia a non essere già completamente eroso, visti i suoi standard esistenziali. La sua esistenza trascorre oblomovianamente, in spregio a tutte le regole dell’ordine costituito, finché non è costretto dagli eventi a guardare in faccia la realtà, dato che la quiete neghittosa della cittadina in cui risiede è sconvolta da fenomeni via via sempre più strani e inquietanti… La bellezza salverà il mondo, si sa. La lettura è bellezza. La lettura, dunque, sarà la nostra ancora contro lo sfacelo: da non lasciarsi sfuggire.

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