di Gabriele Ottaviani
Fango, granate, sangue. Un aviere miete le reclute appena arrivate al fronte, direttamente dal liceo. Invece di disperdersi, loro si raggruppano e si stringono insieme. Cameratismo, linee di trincee, crateri a imbuto scavati dalle granate. Ferite, morti, assalti alla baionetta, morte. Rancio freddo. Dai suoi occhi la vita è scivolata via. Niente di nuovo sul fronte occidentale. Avevamo creduto che l’imperatore fosse più grande e più potente. Le compagnie schierate sono lievemente deluse. Distribuisce le decorazioni. E ora possiamo tornare al fronte. Fango, granate che ululano, granate che arrivano sibilando, scelgono il loro bersaglio al di sopra della testa, intestini, arti spappolati. Correva senza gambe e si è tuffato in una trincea. Guerra franco-prussiana. Un frutteto, alberi, soldati; soldati, alberi da frutta, un’aia; spari, soldati, alberi. Il placido Don, una batteria di cannoni nella bufera di neve. Cavalli, un veterano della Guardia Bianca, un sergente, salva la batteria, cavalli, cavalli, figure bianche nella bufera di neve. Cavalli, cavalli, l’armata a cavallo di Budënnyj. Šolochov, Isaak Babel, Lidin, Ivanov. La steppa. La steppa sotto la neve. Avanzata e ritirata. Una partita a scacchi tra Napoleone e Kutuzov. Una carica dei cosacchi. L’accampamento francese. Il ballo di corte. Feriti in una villa. Ampi fiumi. Mosca in fiamme. Lev Nikolaevič. Tutto ciò è accaduto, un tempo, nessuno però sa in che modo sia andata, come sia stato da vicino. Che volto aveva lo zar? È vero che i francesi avevano acceso un fuoco allo scoperto, in un bosco poco folto, quando i cosacchi li hanno attaccati? Una spianata bianca, disseminata delle macchie scure dei cadaveri, la neve cade sui cappotti militari. Più vicino al risveglio e lontano da esso. Alle parole e ai pensieri e lontano da essi. Anche il nome, pronunciarlo non è facile. Cristoforo Colombo. Ssss… mbo. La spada e la croce e il cavallo, una vela, la prua della nave. “Rendetemela tedesca, questa terra” aveva detto il tedesco. Sapore di stagnola, battaglia aerea. Tutto scorre nell’ordine stabilito, naviga per qualche canale. La luce si accende e si spegne.
Minuetto per chitarra (a venticinque colpi), Vitomil Zupan, Voland, traduzione e cura di Patrizia Raveggi. Negli anni della seconda guerra mondiale il Reich occupa la Slovenia, e molti combattono perché i nazisti abbiano vita tutt’altro che facile in quelle terre d’indubbio fascino e strategicamente assai importanti: i conflitti, poi, com’è noto, per fortuna, dopo tempi più o meno lunghi, comunque tragici, in ogni modo, ed è del resto connotato d’ogni umana cosa, finiscono, ma lasciano degli strascichi. E pertanto dopo decenni due nemici, in un altrove di diversissimo genere, si incontrano di nuovo… Potente, raffinatissimo, scritto in stato di grazia con una sensibilità davvero rara, è da non lasciarsi sfuggire per nessuna ragione.