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“Troppo tardi per tutto”

Cattura5.PNGdi Gabriele Ottaviani

Abbandono la stanza e torno alla homepage, filtro le cam per Paese, seleziono il Regno Unito. Clicco sulla finestra di una tizia che mi pare davvero carina. Nell’anteprima si vedevano la scrivania di un ufficio e un paio di gambe fasciate dalle autoreggenti. È una bella ragazza dai capelli rossi e ricci e il viso puntinato di lentiggini. Ha la giacca del tailluer sbottonata, che scopre il reggiseno nero e la pancia lattescente. È senza gonna. Alle sue spalle c’è un uomo che le palpa le tette e la bacia sul collo. Sono in piedi davanti alla scrivania. Ci sono due scaffali pieni di faldoni. La barra del traguardo, posta sotto il riquadro del video, segnala che mancano solo cinquantadue token. Nello status della performer c’è scritto: “Cum in mouth at goal”. L’uomo infila la mano sotto il reggiseno. Poi nelle mutandine. La fa mettere a pecorina sulla sedia. L’uomo si accoscia e le sposta le mutandine. La rossa si dondola sulla sedia d’ufficio. L’uomo massaggia la clitoride descrivendo piccoli cerchi con le dita prima di dare due leccate. Poi si alza, slaccia la cintura e lascia cadere i pantaloni alle caviglie. Fa scorrere la punta dell’uccello tra le labbra guardandosi in cam. Affonda. Cerco di farmelo venire duro. Il moderatore della stanza scrive: “Guys, we have to hit 500 in 8 minutes”. L’uomo continua a pompare. Poi sale anche lui sulla sedia e ci dà dentro aggrappandosi allo schienale. La ragazza ha le sopracciglia aggrottate e si mordicchia il braccio. L’uomo scende dalla sedia, la fa ruotare e glielo spinge in bocca. Un tizio digita: “Horny straight dudes? Add my skype” e aggiunge il suo indirizzo. La coppia smette di scopare. L’uomo si siede sulla sedia e la ragazza sulle sue gambe. Scrivono: “C’mon guys, tip or leave”. Chiedo: “Have you voted for leave or remain?”.

Troppo tardi per tutto, Ivan Ruccione, Augh!. Prefazione del Premio Strega Helena Janeczek. Bisogna un po’ morir per poter vivere, si sa, ma certo è che la nostra realtà è sempre più spaventosa, rabbiosa, volgare, oscena, crudele, cattiva, razzista, prepotente, invidiosa, misera, meschina, gretta, avida: non è inconsueto, dunque, che si cerchi, ognuno a suo modo, l’annullamento. Per non sentire più dolore. Per non affrontare il male di vivere. Per non dover fare i conti con l’assenza di strumenti adeguati per il raggiungimento della felicità, un lusso che spesso e volentieri non ci si concede più nemmeno di ipotizzare, sperare, sognare, perché pare troppo. Per non ammettere i propri fallimenti. Per non prendersi le proprie responsabilità. Per non guardare in faccia il costante ritardo con cui affrontiamo la vita, fuori sincrono rispetto a ogni cosa, alienati, a livello sociale, culturale, economico, politico, emotivo, talmente avvezzi e rassegnati al precariato da non riconoscere nemmeno più nulla di definitivo. Ruccione realizza un mosaico policromo di tessere che compongono il ritratto icastico e magnetico di un mondo che sta fagocitando sé medesimo: da non perdere.

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