Libri

“Creature luminose”

di Gabriele Ottaviani

Strano, pensò Reber, quando riattaccò. L’ultima volta che aveva visitato Trisha era tutto in ordine. La visita successiva era prevista due settimane dopo. Pellegrini l’aveva chiamato per chiedergli di passare prima. Trisha non gli piaceva. «Cos’ha che non va?». «È quello che vorrei sapere da lei. Si comporta in modo strano». «Cosa dice Kaung?». La risposta di Pellegrini suonò irritata. «Riesce a passare o devo rivolgermi al dottor Hess?». Reber promise di arrivare nel giro di un paio d’ore. Pellegrini chiese se non era possibile prima. Stava andando da un paziente, aveva risposto Reber. Non poteva certo spiegare che l’ora dopo Barisha aveva la sua poppata. «Fa visite a domicilio anche il sabato?». «Gli animali, purtroppo, non si attengono agli orari di lavoro», replicò Reber. Subito dopo la telefonata, mandò a Kaung l’SMS con il segnale concordato: «Call». Ci vollero venti minuti prima che Kaung potesse telefonare alla larga da orecchie indiscrete. Reber gli raccontò della chiamata e chiese come stava Trisha. «Trisha okay», rispose Kaung.

Creature luminose, Martin Suter, Sellerio, traduzione di Marina Pugliano. Pensa di avere le traveggole quando vi si imbatte per la prima volta: del resto è da parecchio che ha una vita ai margini, che passa i giorni e le notti in strada, in un liso sacco a pelo, che mangia alle mense dei poveri, che beve birra cattiva. Dunque, non può che essere un’allucinazione, o tutt’al più un sogno, quel piccolo elefante fluorescente che gli si è palesato dinnanzi agli occhi: almeno, questo è quello che si ripete. In realtà Schoch, che non ha fissa dimora, e che l’emblema dell’altro, quello che non guardiamo né vogliamo vedere, il diverso, l’estraneo, il reietto, l’avulso dal contesto, sociale, economico, politico, sulla riva della Limmat, a Zurigo, ha trovato il prodotto di un esperimento scientifico al centro di interessi fortissimi. Contrastanti. Inquietanti. E… Allegorico, potente, scritto con sopraffina maestria.

Standard
Libri

“Creature luminose”

71kuwWVmTkL._AC_UL320_ML3_.jpgdi Gabriele Ottaviani

Presto sarebbero stati dieci mesi che lo faceva cinque volte al giorno e ogni tanto, su richiesta, anche di notte, eppure non gli pesava. Al contrario: provava sempre lo stesso piacere. Era la storia d’amore più lunga che avesse mai avuto. Si preparò due uova al tegamino e le mangiò accompagnandole con il pane casalingo che la signora Huber gli comprava dal fornaio del paese e che era in parte responsabile del suo sovrappeso. Lo divorava come se fosse pandispagna. E fra un boccone e l’altro, offriva a Barisha pezzettini di mela e di carota. Terminata la colazione si affacciarono insieme sulla soglia di casa. Non era la prima volta che Barisha vedeva la neve, ma continuava a esserne turbata. La calpestava con prudenza, le zampe rigide, ogni due passi si fermava e sollevava ora un piede, ora l’altro, nel tentativo di scaldarlo. Reber stette a osservarla per un po’, alla fine si impietosì e la prese in braccio. Mentre rincasavano, notò sulla panchina sotto la finestra qualcosa di simile a impronte ricoperte di neve fresca, leggeri avvallamenti appena visibili nella coltre bianca. A una seconda occhiata vide anche le impronte che dalla panchina andavano verso il sentiero e si perdevano nelle sue. Niente più che una traccia appena accennata. Forse una volpe alla ricerca di un posticino caldo.

La copertina più dolce e malinconica di sempre – splendida! – è la porta attraverso il cui schiudersi il lettore è introdotto al mirabile universo di emozioni descritto in questo romanzo intenso, potente, raffinato, elegante, allegorico e profondissimo da Martin Suter, tradotto da Marina Pugliano in italiano per Sellerio: Creature luminose è la storia struggente e magnifica di Schoch, una persona che nella parte precedente della propria esistenza aveva di fatto davvero tutto e ora invece non possiede nemmeno un tetto sulla testa, e trova riparo, a Zurigo, in una grotta sabbiosa in cui una notte intravede qualcosa che gli pare un animale di peluche, un minuscolo elefante fluorescente. Crede sia un’allucinazione, magari dovuta a qualche birra da poco di troppo: invece è un esperimento di ingegneria genetica. E… Un vero gioiello.

Standard