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“Il cristiano tra potere e mondanità”

144413.jpg.origdi Gabriele Ottaviani

È proprio questo funzionariato che conduce alla corruzione spirituale i cui risultati si vedono concretamente in una prassi dai mille equivoci, nella quale le priorità diventano le forme e gli orpelli, le cornici e non il quadro, il calice e non il suo contenuto, la stessa ricerca ossessiva di una propria perfezione che ignora gli altri e il mondo e che pone se stessi al centro di tutto. Un egocentrismo spirituale che conduce ad una apparente santità formale dove tutto è perfetto, ma non ci si accorge che manca “soltanto” la vita, che la distanza dagli altri è siderale e che la loro presenza è avvertita come puramente accidentale e ingombrante. La scelta secca è tra l’abito perfetto, di buon tessuto e sempre ben stirato, e l’abito sgualcito e un po’ liso della gente comune, tra chi pensa che l’evangelizzazione sia una conquista e chi la comprende come un servizio che non prevede né trionfi, né successi.

Il cristiano deve vivere nel mondo, ma ha il dovere di farlo senza mai dimenticare di trasmettere al prossimo il messaggio di pace, di amore, di fratellanza, di rispetto e di solidarietà universale che gli deriva da Gesù, e che, come è fondamento della sua religione, deve esserlo, se il cristiano è realmente e sentitamente osservante e coerente – non che laicità e bontà d’animo siano inconciliabili, sarebbe falsissimo sostenere un’argomentazione del genere – con ciò in merito a cui professa la propria fede, anche dei suoi comportamenti quotidiani. Anche l’anima, come il corpo, come ogni organismo, può ammalarsi, rovinarsi, corrompersi, specie quando l’avidità di beni materiali offusca la mente e i sensi. E anche per l’anima esiste la possibilità di guarire, esistono cure e rimedi. Anna Carfora e Sergio Tanzarella, Il cristiano tra potere e mondanità – 15 malattie secondo papa Francesco (introduzione di Nunzio Galantino), Il pozzo di Giacobbe editore: un volume agile, leggibile, interessante per tutti, che parla proprio di questo e fa riflettere.

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“Francesco e i pentecostali”

2.Cover.Francesco e i pentecostali 2di Gabriele Ottaviani

Oggi si incontra l’impossibilità di concepire visioni globali e univoche del mondo. L’idea della “morte di Dio” (Nietzsche) ha procurato l’eclissi di ogni riferimento stabile e metafisico sia al sistema religioso che alle categorie interpretative della realtà. L’“essere” non ha più coerenza e forza dimostrativa. Sembrano aver perso ogni legittimazione i “meta-racconti”, l’illuminismo, l’idealismo, il marxismo (cf. J.F. Lyotard). Il “soggetto” uomo non è più il cartesiano cogito, ergo sum, ma si è ridotto al dasein di Heidegger, «l’essere bruciato dal tempo». Il discorso “etico”, essenziale per la sopravvivenza dell’uomo, si svolge ormai “al di là del bene e del male”. Il capitalismo contemporaneo è perciò sfrenato. La postmodernità è frutto ed è artefice dei «sistemi totalitari che producano l’elusione dell’uomo, escludendo l’uomo concreto come soggetto dell’esperienza del mondo», direbbe V. Havel. E il mondo sembra essere rimasto senza certezza e la Chiesa senza fede. Nell’epoca della scienza sperimentale si pensa che la “metafisica” non abbia ragione d’essere. L’idea di un Essere assoluto e immutabile non entra più nei percorsi del pensiero umano. Nella Chiesa sono stati emarginati tutti coloro che erano capaci di pensiero critico, impedendo così un responsabile discorso di fede e favorendo un analfabetismo religioso di comodo. Nell’attuale supremazia del capitalismo, si va alla ricerca di assicurazioni mondane trascurando l’idea di salvezza dell’uomo. A motivo della globalizzazione, la società multietnica accoglie la diversità piuttosto come separazione che come integrazione. E c’è il grande smarrimento. L’uomo d’oggi sembra rimasto senza ripari e senza speranza. Eppure, magari inconsapevolmente, l’uomo del nostro tempo cerca ancora una scorta per difendersi dagli attacchi del tempo e dalla malvagità della storia. Rimane intatto il Vangelo e infallibile. In Gesù di Nazareth non è tanto l’uomo che viene divinizzato, quanto Dio che viene umanizzato. E questo perché «Dio ama di amore eterno» (Ger 31,3) l’uomo. L’incontro di Dio con l’uomo è unicamente una creazione d’amore. E l’uomo ha il benessere del vivere e la fiducia, se si sforza di fare sempre la pace. La gioia della vita è l’amore reciproco. Dio ama infinitamente e diventa pertanto totale dono di sé.

Il movimento pentecostale è una delle denominazioni cristiane che afferiscono alla vasta area della chiesa evangelica: se ne è cominciato a parlare con precisione in questi termini intorno alla fine del diciannovesimo secolo, a partire dall’esperienza di alcune chiese battiste e metodiste nordamericane. In Italia durante il fascismo il culto pentecostale fu oggetto di una disposizione ad hoc che lo vietava in quanto considerato costituito di “pratiche contrarie all’ordine sociale e nocive all’integrità fisica e psichica della razza” e perseguitato, ma rimase non ammesso anche per diversi anni dopo la fine della seconda guerra mondiale. Spesso e volentieri se ne è parlato utilizzando la definizione di setta, rigettata da papa Francesco, che ha chiesto scusa per questo epiteto, e in un discorso tenuto a Caserta lunedì ventotto luglio duemilaquattordici in occasione dell’incontro con la locale comunità pentecostale ha posto le basi per un nuovo inizio, una nuova unità, nel rispetto delle reciproche specificità e nel solco di quella teologia dell’accoglienza e della diversità riconciliata che sta caratterizzando in maniera sempre più significativa il suo pontificato: Francesco e i pentecostali – L’ecumenismo del poliedro, edito da Il pozzo di Giacobbe, scritto da Raffaele Nogaro, vescovo emerito del capoluogo campano, di cui Roberto Saviano, per la sua lotta contro la camorra, ha detto che è “una sorta di figura epica”, e Sergio Tanzarella, con prefazione del pastore pentecostale Giovanni Traettino, è il racconto denso, interessante, documentato, preciso e fluido di questa storia. Da leggere.

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“La grande menzogna”

la_grande_menzogna_1000di Gabriele Ottaviani

[…]Questo spiega l’affermarsi di incredibili leggende alla cui credenza era quasi affidata la possibilità di sopravvivenza. Fra le tante una fu particolarmente diffusa, seppur con varianti, in molti eserciti. Essa è ricca di suggestioni e raccontava della terra di nessuno, quel territorio di piccola o media estensione tra due trincee contrapposte e abitato – secondo la leggenda – da gruppi di soldati dei più diversi eserciti, soldati che avevano disertato, che abitavano nei cunicoli e nelle trincee in disuso e che si trovavano insieme in perfetto accordo avendo fatto la pace. Vivevano depredando di notte i cadaveri dei soldati morti e compiendo piccoli furti per potersi nutrire. Forse mai leggenda della guerra fu maggiormente evocativa, le contrapposizioni su cui poggia l’infernale meccanismo della guerra vengono ridicolizzate dalla possibilità di disobbedire e di poter vivere insieme senza uccidersi. Si può fare guerra alla guerra se si disobbedisce agli ordini, se in alternativa al morire o all’impazzire si decide di abitare la terra di nessuno, l’unico luogo dove la guerra può essere sconfitta.

La guerra è la più grande e insensata delle umane tragedie, e sulla pelle dei combattenti si conducono sudicie trattative, impregnate di retorica, meschinità e propaganda. Il volume in questione si pone l’obiettivo di raccontare, con una prosa molto leggibile, una sorta di controstoria della prima guerra mondiale, a cent’anni dall’ingresso dell’Italia nel conflitto (24 maggio 1915). Dissensi pubblica, a firma di Valerio Gigante, Luca Kocci e Sergio Tanzarella, La grande menzogna – Tutto quello che non vi hanno mai raccontato sulla Prima Guerra Mondiale, un volume che propone una chiave di lettura comunque interessante, e a cui vale la pena di accostarsi per porsi delle domande, conoscere, riflettere e ricordare, poiché una società che non mantiene viva la memoria della sua storia rischia di ritrovarsi a rivivere il passato. E il mondo, oggettivamente, non ne può più di catastrofi.

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