di Gabriele Ottaviani
L’articolo uscì un giovedì di febbraio. Lo comprò in edicola prima di andare a scuola. Cominciava in prima pagina, con una nota della redazione che diceva: «Con questo articolo inizia a collaborare con il nostro giornale Adriano Cazzavillan, autore del fortunato Il fragore del sangue». Era felice quasi piú di quando era uscito il suo romanzo. Anche se era solo il primo passo, con l’inizio di quella collaborazione giornalistica gli sembrava di essere entrato nel cuore della sua epoca, di essersi conquistato il diritto di giudicare il suo tempo; non tanto per ciò che aveva scritto, ma per il fatto stesso di poter esprimere la propria opinione e di essere pagato per farlo, in un contenitore che valorizzava le sue parole, grazie a una redazione che si incaricava di confezionarle con illustrazioni, occhielli e didascalie ponderate; anche le pubblicità che incrostavano la pagina in cui fu stampato il suo articolo non gli dispiacquero: stavano lì a dimostrare che c’erano aziende disposte a scommettere sulle sue parole. Se quella stessa ideuzza che aveva sviluppato nell’articolo gli fosse venuta in mente anche solo un anno prima, sarebbe rimasta un’osservazione fra amici, in pizzeria, buttata là fra una patatina fritta e uno spurgo di ketchup; o l’avrebbe sbrigata in tre righe su Facebook; o, al massimo, con uno sproloquio su un blog che non legge nessuno.
Il cipiglio del gufo, Tiziano Scarpa, Einaudi. Tutti siamo alla ricerca del nostro posto nel mondo. Tutti cerchiamo di salvarci. Molti di noi, spesso, si condannano da sé, si scavano la fossa con le proprie mani. Perché vogliamo l’impossibile e non ci rendiamo conto che la felicità è invero proprio in bella mostra davanti ai nostri occhi. Nereo si chiama come Rocco, e il calcio è la sua vita. È il più celebre fra i telecronisti. Ma sta per perdere la voce per una malattia. Non vuole però smettere di farsi sentire. Adriano, invece, è un professore di liceo. Anche lui cerca qualcosa in più, per sé e per i suoi cari. Ma mal gliene incoglie. Carletto, invece, è stato risucchiato nel gorgo stressante del turismo che tra calli e sottoporteghi fa di una città storica come Venezia una cartolina congestionata e quasi caricaturale, vittima della sua stessa ineffabile bellezza… Indaga l’animo umano in profondità Scarpa, restituendo al lettore ritratti formidabili.