Libri

“Groppi d’amore nella scuraglia”

di Gabriele Ottaviani

Lu gatto gattaro dorme sempre…

Groppi d’amore nella scuraglia, Tiziano Scarpa, Einaudi. Alla terza edizione, rinnovata da più punti di vista, e integrata con un inedito, la saga comica, lirica e simbolica, piena di temi, livelli di lettura, chiavi di interpretazione, reminiscenze, riferimenti, suggestioni e rimandi, che vede protagonista Scatorchio, che parla come se Brancaleone avesse incontrato Basile e insieme avessero scritto il placito capuano, per fare dispetto al suo rivale in amore collabora col sindaco del suo paese affinché la località si trasformi in una vera e propria discarica, torna più sfavillante che mai nella sua genialità linguistica, quella di una lingua dialettale, e dunque lessico d’emozioni altrimenti inesprimibili, primitiva, scabra e seducente attraverso cui le relazioni tra viventi, al di là del tempo e dello spazio, compongono la trama raffinata di una solenne preghiera universale.

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Libri

“Kamikaze d’Occidente”

0x300.pngdi Gabriele Ottaviani

Pelle bronzea, rossetto ramato, capelli d’oro: questa donna è una lega di metalli luccicanti. Ha un’età fra i trenta e i quaranta. Più verso i quaranta, direi. Fa pensare ad armadietti pieni di creme, un flacone di rassodante specifico per il gomito, un tonico per il collo, un lubrificante per il sesso anale.

Kamikaze d’Occidente, Tiziano Scarpa, Minimum fax. È uno scrittore fallito che per campare fa un sacco di cose, in primo luogo portarsi a letto donne che lo pagano bene per i suoi servigi sessuali, ma non soltanto, anche semplicemente per avere un po’ di compagnia, finanche perché ci sia qualcuno con cui sfogarsi per il tramite di un liberatorio litigio (del resto tutto ha un prezzo, purtroppo o per fortuna, a seconda dei punti di vista…): precario cronico per costituzione, squattrinato, al limite di quella terra di mezzo nel centro del nulla che sono i quasi quarant’anni, in bilico sull’orlo di un precipizio, un giorno riceve una proposta che davvero sembrerebbe non potersi rifiutare. Inizia così una vicenda kafkiana, o meglio à la Borges, piena di possibilità: al nostro protagonista si presenta infatti inavvertito un oscuro personaggio che sostiene d’essere un funzionario culturale del governo cinese che deve scrivere un libro su di sé, per dimostrare la decadenza dell’Europa e giustificare l’imminente invasione, economica e non, che la tigre asiatica è in procinto di sferrare nei riguardi nel vecchio e marcio continente. Ma… Intrigante.

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“Il cipiglio del gufo”

41XE0bTlFeL._AC_US218_.jpgdi Gabriele Ottaviani

L’articolo uscì un giovedì di febbraio. Lo comprò in edicola prima di andare a scuola. Cominciava in prima pagina, con una nota della redazione che diceva: «Con questo articolo inizia a collaborare con il nostro giornale Adriano Cazzavillan, autore del fortunato Il fragore del sangue». Era felice quasi piú di quando era uscito il suo romanzo. Anche se era solo il primo passo, con l’inizio di quella collaborazione giornalistica gli sembrava di essere entrato nel cuore della sua epoca, di essersi conquistato il diritto di giudicare il suo tempo; non tanto per ciò che aveva scritto, ma per il fatto stesso di poter esprimere la propria opinione e di essere pagato per farlo, in un contenitore che valorizzava le sue parole, grazie a una redazione che si incaricava di confezionarle con illustrazioni, occhielli e didascalie ponderate; anche le pubblicità che incrostavano la pagina in cui fu stampato il suo articolo non gli dispiacquero: stavano lì a dimostrare che c’erano aziende disposte a scommettere sulle sue parole. Se quella stessa ideuzza che aveva sviluppato nell’articolo gli fosse venuta in mente anche solo un anno prima, sarebbe rimasta un’osservazione fra amici, in pizzeria, buttata là fra una patatina fritta e uno spurgo di ketchup; o l’avrebbe sbrigata in tre righe su Facebook; o, al massimo, con uno sproloquio su un blog che non legge nessuno.

Il cipiglio del gufo, Tiziano Scarpa, Einaudi. Tutti siamo alla ricerca del nostro posto nel mondo. Tutti cerchiamo di salvarci. Molti di noi, spesso, si condannano da sé, si scavano la fossa con le proprie mani. Perché vogliamo l’impossibile e non ci rendiamo conto che la felicità è invero proprio in bella mostra davanti ai nostri occhi. Nereo si chiama come Rocco, e il calcio è la sua vita. È il più celebre fra i telecronisti. Ma sta per perdere la voce per una malattia. Non vuole però smettere di farsi sentire. Adriano, invece, è un professore di liceo. Anche lui cerca qualcosa in più, per sé e per i suoi cari. Ma mal gliene incoglie. Carletto, invece, è stato risucchiato nel gorgo stressante del turismo che tra calli e sottoporteghi fa di una città storica come Venezia una cartolina congestionata e quasi caricaturale, vittima della sua stessa ineffabile bellezza… Indaga l’animo umano in profondità Scarpa, restituendo al lettore ritratti formidabili.

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