Libri

“I buoni”

rastellodi Gabriele Ottaviani

Paola Carla è incinta, del suo primo figlio. È felice, non ha nemmeno paura di esserlo, quando cammina sente il mondo scricchiolare sotto le piante dei piedi, qualcosa le cresce nelle ossa, come una libertà nuova, invincibile, e lei non è solo cervello, ma anche pancia, nervi, tendini e pelle, non ha paura di niente, si è costruita un abisso personale dove si ferma a sognare e, quando esce, ride. Ha un contratto atipico, un part time in scadenza. Chiede il rinnovo per avere una sicurezza prima del parto, è la Bislunga a riceverla: «Facciamo così, puoi scegliere tu. O recuperi prima o recuperi dopo». «In che senso recupero?» «Hai un part time. Ma per la maternità, diciamo a partire dal giorno del parto, puoi stare a casa… Facciamo quattro mesi? Poi quando torni, o se preferisci prima di andare, ti fai quattro mesi di full time per recuperare.» «Ma mi pagate full time.» «Be’ no, se no che recupero è? Quando dovrebbe nascere il bambino?» «Sono al quarto mese.» «Perfetto. Il tuo contratto scade giusto in tempo. Tu te ne vai a casa tranquilla e quando torni ne facciamo un altro. Contratto, non bambino, eh?»

E meno male che sono i buoni, loro. Pensa se erano cattivi. Perché è inutile girarci intorno, è così: spesso e volentieri i difensori dei lavoratori, almeno in Italia, sono peggio dei padroni. Perché almeno dal padrone te lo aspetti che ti tratti male. È il padrone, fa il suo interesse. L’azienda deve prosperare, costi quel che costi. Sono pochi gli illuminati che antepongono il bene del lavoratore al mero calcolo. E comunque anche loro, ci mancherebbe altro, non lo fanno certo per beneficenza, perché sono puri di cuore e timorati di Dio. Semplicemente sono lungimiranti. Se uno è contento di andare al lavoro rende di più, e se ogni lavoratore rende di più la ditta va meglio. Punto. Non è difficile da capire. Eppure, sono una minoranza. Proprio per questo uno dal capo si aspetta la carognata. Meno prevedibile è da chi ti si pianta davanti a braccia aperte, sventolando gli ideali di Rosa Luxemburg e al tempo stesso sorridendoti come solo una santa bambina sa fare. Ecco, loro sono i buoni. Quelli che si riempiono la bocca di parole bellissime. E le mani di azioni nefaste. Non sono tutti così, per carità. Però ce ne sono, eccome, alla faccia della retorica strombazzante. I buoni, del compianto Luca Rastello, per Chiarelettere, non è una nuova uscita, ma è un libro indispensabile. Contro i professionisti del no profit. Contro gli ipocriti. Per un mondo migliore. Il piglio dell’irriducibile giornalista d’inchiesta nella prosa di un grande romanziere.

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