Libri

“Argomentazione di Linès-Fellow”

di Gabriele Ottaviani

Si comprenderà facilmente che l’inferno non poteva però ignorare gli obblighi temporali…

Argomentazione di Linès-Fellow, Jean-Marc Aubert, Prehistorica. Traduzione di Laura Marzi. C’è un po’ di Frankenstein e un po’ dello Zeno di Svevo, oltre che naturalmente della tradizione del teatro dell’assurdo più puro, in questo romanzo godibilissimo, fresco e deliziosamente inquietante che avviluppa l’attenzione del lettore con maestria e che narra la storia di un uomo, un medico, che in prima persona, con accenti deliranti e ossessivo-compulsivi, racconta la vicenda di un suo paziente che, come se lui fosse Pigmalione o un suo epigono, riesce a convincere a cimentarsi nell’impresa di correre una maratona. Peccato che la vittima della manipolazione, concetto di cui questo testo raffinatissimo costituisce un’esegesi finanche filosofica, sia costretta a vivere su una sedia a rotelle… Da non perdere.

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“Il Tibet in tre semplici passi”

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Tutto per una foto. Il mondo è fatto per finire in una bella diapositiva: c’è una verità fortissima, profonda e attuale più che mai, data la nostra società che sempre più punta a fare della forma una sostanza, nelle parole sentenziose di questo formidabile Bildungsroman che racconta senza infingimenti, con ironia, brillantezza, verve e intelligenza, oltre che per il tramite di una notevole qualità letteraria (non a caso, lo testimonia la pletora di riconoscimenti, si tratta di una delle voci non solo a livello francese ma in ambito internazionale più intense, varie e profonde) le simboliche scorribande, dettate da una certa sufficienza ma condotte con una tenacia inimmaginabile, di un gruppo di ragazzi di periferia a cavallo fra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso che ansiosi di scoprire il mondo ed essere padroni della propria sorte come già erano convinti si gettano nell’impresa mitica di affrontare le vette himalayane: Il Tibet in tre semplici passi, Pierre Jourde, Prehistorica, traduzione di Silvia Turato, è da leggere.

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“Sine die”

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È primavera, a nostra insaputa…

Sine die – Cronaca del confinamento, Éric Chevillard, Prehistorica, traduzione di Gianmaria Finardi. Copertina – meravigliosa – tratta da un’illustrazione autografa di Franz Kafka. Éric Chevillard, prima sulle colonne di Le Monde, il quotidiano transalpino per antonomasia, un simbolo di autorevolezza riconoscibile sin dal suo formato tipografico, e in seguito sul proprio seguitissimo blog, ha dato voce, con la consueta raffinata profondità della sua prosa, che supera sempre le attese e le aspettative, allo sconcerto della laicissima Francia di fronte all’isolamento da Coronavirus, ritraendo un mondo che, pur disilluso oltre ogni limite, non può non ritrovarsi a rimettere in ordine le proprie priorità e a cercare un senso, affinché non sia tutto inane: Prehistorica dà alle stampe per l’Italia queste cronache. Da non perdere.

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“Marino il suo cuor”

image.jpgdi Gabriele Ottaviani

Quando ha assaggiato la terra la prima volta?

Marino il mio cuor, Eugène Savitzkaya, Prehistorica, traduzione di Gianmaria Finardi. Un figlio cambia tutto, prospettive, priorità, ideali, punti di vista, necessità, paure. Un figlio cambia il mondo. Un figlio fa nascere un mondo nuovo. Un figlio è fiducia e ritrovata speranza nell’avvenire. Marino è il figlio dell’autore, scrittore belga di lingua francese figlio di padre russo e madre polacca, e questa storia così privata da essere universale è il tema centrale del libro, narrato come da un punto d’osservazione altro, in cui la voce che parla non è più né quella dell’adulto né quella del padre, che si muove attraverso un eterno presente, senza ulteriori definizioni, di tempo ma anche di luogo, e tutto è una perenne e costante scoperta, agnizione, rivoluzione: la vita posta dinnanzi a sé medesima e al suo variare si manifesta in tutta la sua prepotente meraviglia. Incantevole.

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“Paese perduto”

download.jpgdi Gabriele Ottaviani

A Bessèges alta si penetra come in un villaggio da fiaba…

Paese perduto, Pierre Jourde, Prehistorica, traduzione, prefazione e note di Claudio Galderisi. Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti. Ma non è facile starci tranquillo. Così scriveva l’immenso Pavese: e aveva ragione, da vendere e da appendere, come si suol dire. Due fratelli, che vivono in città, sono i proprietari di una casa di famiglia. Un cascinale isolato, in una campagna che sembra esistere solo come retaggio di un passato ancestrale, ruvido, nostalgico, vestigia d’un mondo morente ma mai dimenticato: uno dei due torna, perché ha ricevuto un’eredità. L’altro lo accompagna, e appena arrivano vengono raggiunti dalla notizia dell’improvvisa morte di una ragazza del borgo. Tutto è misterioso, tutto è denso, fitto come la nebbia, come i ricordi, immerso nella terra come le radici, da cui nasciamo e traiamo nutrimento: autobiografico, potente, intenso, lirico, il romanzo di Jourde è una gemma preziosa.

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“Sul riccio”

IMG-20190725-WA0024.jpgdi Gabriele Ottaviani

E fu così che…

Sul riccio, Éric Chevillard, Prehistorica. Traduzione – come sempre nel caso di questo affascinante, sperimentale, originale e pluripremiato autore, nato cinquantacinque anni fa a La Roche-sur-Yon, meno di cento chilometri a sud di Nantes, nel pieno di quella Vandea di cui tanto s’è parlato fra il millesettecentonovantatré e il millesettecentonovantasei per le guerre che vi ebbero luogo, uno dei massimi scrittori transalpini contemporanei, amato da pubblico e critica anche all’estero e che giunge per la terza volta in Italia con un suo scritto – di Gianmaria Finardi, esperto di ermeneutica, semiotica e critica, dottore di ricerca in letteratura francese ed editore, ideatore, assieme alla compagna Giulia Mondini, del progetto Prehistorica, che vede la luce tra Peschiera del Garda e Valeggio e che inizialmente sarà focalizzato proprio sulla declinazione, in quattro o cinque collane, come Scintille, dedicata alle forme brevi, Ombre lunghe, consacrata al romanzo, Pamphlets e Chevillardiana, della più interessante produzione d’oltralpe: la storia è quella, ricchissima di livelli di lettura e chiavi d’interpretazione, allegorica ed evocativa, di un autorevole scrittore che finalmente si è risolto a comporre la sua autobiografia. Sulla scrivania ha tutto quel che gli occorre: della carta, una matita, una gomma. E un riccio… Imperdibile.

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