di Gabriele Ottaviani
In quella camera da letto, nell’abitudine del perimetro delle sue quattro pareti, l’orizzonte non esisteva più. Ogni spazio si dilatava e sentivo tutto il male attraversarmi. Sentivo tutto il dolore abitarmi per poi spingersi oltre il limite oggettivo del corpo e disperdersi, svuotandomi di un peso enorme. Ci sono stati giorni lunghissimi nelle sedute del mio esitare. Il tempo che è venuto dopo […] è stato un tempo improprio. Un ruolo solo somministrato. Un prendere a prestito il disordine, la rabbia, per darmi una possibile risposta capace di strapparmi via, anche solo per poco, la sensazione di non essere stata in grado di prevedere. Non avrei mai immaginato un tale responso mentre vivevo al suo fianco. Io c’ero quindi.
L’altra accanto, Barbara Pregnolato, Augh. Annie Ernaux, con L’altra figlia, affronta un tema che solo chi conosce sulla propria pelle può davvero capire, quello del rapporto con un fratello che è mancato troppo presto, prima che noi si nascesse e di cui si è dunque nei fatti preso il posto, ammesso e non concesso che se lui fosse esistito ancora noi ci saremmo stati: Barbara Pregnolato scrive invece L’altra accanto, ma il riflesso pavloviano che porta ad accostare i due diversissimi ma comunque ottimi testi non è soltanto legato alla somiglianza del titolo, che si fa eco immediata. È perché con bellissima prosa Barbara Pregnolato liricamente e senza retorica racconta del dramma forse peggiore che possa capitare a chi vive, un’altra declinazione di un’alterità alla quale non si può opporre alcun rimedio: di amare senza essere ricambiati, perché Rolando ama disperatamente Anna che allo stesso modo dedica cuore e anima al ricordo di Mair, giovanissimo poeta conosciuto anni prima, e… Da non perdere.