Libri

“Città metafisiche”

di Gabriele Ottaviani

Tra le braccia stoffa di vecchie maglie, le scompongo e strappo ciò che resta…

Città metafisiche, Ilaria Palomba, Ensemble. Ilaria Palomba dimostra con questo libro che è ancora possibile, a dispetto di chi dice che tutto è già stato detto, raccontare la sofferenza di appartenere al mondo. Così ha scritto di questa raccolta bellissima, intensa, emozionante, profonda, empatica e commovente, definendola anche come una cartolina dall’abisso, Gabriele Galloni, e il fatto che le sue parole meravigliose vivano ancora non riesce a consolare del fatto che non ci sia più e che se ne sia andato dannatamente troppo presto: che Città metafisiche, viaggio negli impervi luoghi e non luoghi dell’anima, che sin dal titolo celebra anche in senso filosofico l’unione dei contrari, solo viatico per la possibilità della nostra esperienza, visto che non possiamo capire il bene se non conosciamo il male, e del resto, come ha scritto Emily Dickinson, l’acqua è insegnata dalla sete, la gioia dal dolore, l’amore da un’impronta di memoria, però esista è un regalo per tutti. Perché celebra la forza della vita, nonostante tutto, il potere e la bellezza della parola e soprattutto un messaggio ancor più significativo: non dobbiamo mai sentirci sbagliati. Ilaria Palomba è autrice raffinata e brava, e il suo è un libro monumentale.

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“Teorie della comprensione profonda delle cose”

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Il Pelato cominciava a singhiozzare, bagnando gli occhiali e le pagine patinate della rivista. Ma già adesso, la crepa operava in lui, Toni ne era convinto: erano i dubbi che, giorno dopo giorno, si accumulavano in lui; il constatare come il dottorato si fosse rivelato solo un modo per farsi sfruttare meglio dal potere, quello che non molla mai le redini, ti lusinga, ti accarezza per intrappolarti ma resta sempre al timone e ti spreme fino alle ultime energie, succhiandoti la vitalità, facendoti avvizzire. I successi delle poesie di Antonio Dattero, la pubblicazione della sua prima antologia, la nuova, ferma intenzione di diventare uno Scrittore di Successo, dovevano per forza averlo colpito. Dovevano aver scalfito la corazza di convinzioni, il castello di carte accademiche che il Pelato si era costruito dopo aver dimenticato i bei tempi e rinnegato il passato senza alcun rimorso. I racconti di Toni Date, pubblicati su bohèmeravigliosa, con l’ausilio degli adesivi che avrebbero aumentato a dismisura le visualizzazioni (e, di conseguenza, la vendita di Pelatide), stavano per fare il resto. Il romanzo, una volta scritto e uscito in tutte le librerie, sarebbe stato il colpo di grazia.

Teorie della comprensione profonda delle cose, Alfredo Palomba, Wojtek. Nominato al premio Strega di quest’anno da Antonella Cilento con la seguente, appropriatissima, motivazione: Il romanzo, multiplo e sperimentale, ritrae un gruppo di protagonisti irregolari, dall’autore di un blog anonimo a un tossicodipendente che crede d’essere cavaliere errante, sullo sfondo di una immaginaria città, Paesone. Voce di enciclopedia, poesia, tema in classe, imitazione donchisciottesca e rinascimentale, note a margine sulla trap: tutto confluisce nella magmatica narrazione di Palomba che aspira a un formato di romanzo aperto e ricco di codici, che ritrae l’estrema solitudine di una Mancha italiota due punto zero. Il romanzo si segnala per coraggio e qualità, certo ancora in via di maturazione e precisazione trattandosi di un esordio. Uno è un genio, anche se è solo un ragazzino, uno ha trentacinque anni e molti più disturbi, soprattutto nella sua psiche, fragile come il cuore dell’adagio di Bufalino, foglio sottilissimo di carta velina che sanguina per nulla come la pelle dei vecchi, un altro è un tossico che si crede un cavaliere errante, un altro ancora gestisce un blog anonimo: e non sono solo loro i protagonisti di quest’opera in cui viene declinato con prestigiosa sapienza e sottile cura il male di vivere nel mondo d’oggi, alienato finanche nei confronti di sé medesimo, prendendo le mosse da un onirico Paesone di nome e di fatto, in mezzo al nulla, su cui aleggia il ricordo della mole d’un’antica torre… Da leggere.

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“Brama”

Perrone_Brama2di Gabriele Ottaviani

Adesso sono frantumata dal reale. Senza amore si cresce vuoti come piante secche e si muore, si continua a vivere morti; alimento quotidianamente l’esistenza di questa vita morta che mi cresce dentro. Più raffino la maschera della seduttrice sadica e irraggiungibile più mi frantumo, più scopo a caso con chiunque più smetto di provare piacere. Sento di non sentire nulla, forse non ho mai sentito nulla. Cosa darei per essere ancora capace di piangere.

Brama, Ilaria Palomba, Giulio Perrone editore. Bianca ha trent’anni, ma nonostante l’età non è così forte da affrontare la vita: ha tentato più volte di ammazzarsi, ed è stata ricoverata in diverse occasioni in psichiatria. Vorrebbe svincolarsi dal legame morboso con la madre, ricevere le attenzioni di un padre che è un paragone irraggiungibile, imporsi sul prossimo allo stesso modo in cui l’esistenza fa con lei, soffocandola, facendole desiderare il riscatto, la rivalsa, la vendetta. Fragilissima, incontra la persona più sbagliata di tutte, o forse no, Carlo Brama, che già nel cognome incarna un anelito bruciante e frustrante, un filosofo che la fa precipitare ancora di più nell’oscuro pozzo del suo passato, nella terra nera in cui affondano le sue radici, gravide di misteri, in una relazione feroce che non ha nulla di fiabesco: è l’autopsia della sua natura. Ilaria Palomba, che sa come si scrive e che ha una prosa colta e bella, che le deriva dalla sua formazione filosofica, continua la sua esegesi del disagio e la personale indagine dell’animo umano, specie nei suoi recessi più oscuri e vulnerabili, inducendo a una profonda riflessione. Da leggere.

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“Disturbi di luminosità”

62ffb5305adi Gabriele Ottaviani

Ma sono bisessuale, dico. Etero confusa, dicono. A te piace piacere, dicono. Quindi devo scontare?, dico. Tu non hai neanche la patente, dicono. Se t’invitano a cena ci vai, dicono. No, giuro, non ci andrò più. Devi difenderti da sola, dicono. E hanno la voce di mia madre. Sto cercando un dialogo con l’assoluto. E mi risponde l’estraneo. Ogni estraneo tenta di rieducarmi. Millenovecentottantaquattro castelli da cui non si può uscire. Ah, ma sei nata buona, dicono. La pazzia è arrivata dopo, dicono. Ho un buco nel torace, dico. Un buco profondo un inferno, dico. E chi può occuparsi di te, dicono. A chi importa il tuo dolore, dicono. Ma forse potremmo pensare di essere persone libere, dico. E fraternizzare per il semplice fatto di essere persone, dico. L’assoluto ci assolverà. Cerchi ancora Dio, dicono. Dio Padre Fallo. No, non cerco quel Dio. Cerco l’eternità. Sei fuori sei fuori sei fuori dall’eternità. È già prenotata per i figli dei politici, per le amanti degli intellettuali, per i servi dei potenti. Non puoi neanche guardare dalla feritoia. Siamo rimasti tutti intaccati dalla caduta. Tutti, restammo vivi morendo. Cerchiamo chi ci salvi. O ci dissolva. Qualunque cosa pur di non vedere la fine. Devi smettere se non ti capiscono, dice l’Oracolo. Dimmi dell’acqua, dice. Dimmi del sesso, dice. Dimmi di Roma e della tua solitudine. Gli racconto il sogno che ho fatto. Ero entrata furtivamente in casa di Non So Chi, e non sapeva fossi lì. Dormivo sul divano. Era buia questa casa, le luci erano spente ed era forse l’alba. Al risveglio – nel sogno – Non So Chi scopriva la mia presenza e diceva, guarda che sapevo fossi qui, ma non è una cosa corretta che hai fatto.

Disturbi di luminosità, Ilaria Palomba, Gaffi. Con un racconto di Anna Corsini. Non ha nome. È una donna affetta da un disturbo borderline della personalità. Tutto avviene nella sua mente, un flusso di coscienza, una tempesta devastante generata dal dolore più atroce, quello insopprimibile innescato da uno stupro, da un atto, come quello dell’amore, che dovrebbe dare solo piacere e che invece diventa la violenza più proterva e abominevole: lei è dappertutto, è sempre in fuga, in numerosi altrove in cerca di pace, accompagnata da figure enigmatiche che le tolgono pace e la costringono sul ciglio della sua disperazione a oscillare tra aspirazioni e depressioni. Ma… Potente, straziante, struggente, emozionante, commovente, imbevuto di una sensibilità che non può lasciare indifferenti, rifugge ogni categoria e conquista l’attenzione del lettore dalla prima all’ultima parola.

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Intervista, Libri

Ilaria Palomba: “Il disagio non merita disprezzo”

62ffb5305a.jpgdi Gabriele Ottaviani

Ilaria Palomba è l’autrice dell’intenso, potentissimo e struggente Disturbi di luminosità: Convenzionali ha il piacere di intervistarla.

Da dove nasce Disturbi di luminosità?

È un libro parzialmente autobiografico, la prima parte totalmente autobiografica, la seconda è una costruzione immaginifica. In coda c’è un racconto su Basaglia di Anna Corsini. C’è molto Basaglia in Disturbi, a un livello astratto, di pensiero. Molto Nietzsche, molto Bataille, molto Deleuze e un po’ di Foucault. Non è un romanzo, forse si potrebbe definire antiromanzo. L’unico modo che avevo per parlare della mia esperienza di abuso e conseguente squilibrio psicofisico era farne poesia.

Come si guarisce dal male di vivere?

Non si guarisce. Si impara ad accettare un sentire troppo intenso. Può servire, talvolta, abbandonare ogni cosa e riflettere. Non tutti possono permetterselo ma sarebbe in realtà necessario. Quando non puoi separarti dal fluire caotico degli eventi e percepisci un disagio, allora sei in una sorta di gabbia, tutto diventa una gabbia, il mondo, l’altro, il corpo. Personalmente posso dire che la letteratura e la filosofia sono sempre state degli ottimi viatici nei momenti di buio.

Che influenza hanno sulla vita e sull’arte temi come la nascita, la morte, la paura, il dolore?

Sono i grandi temi affrontati dai più grandi autori, si pensi a Goethe, Dostoevskij, Thomas Mann, Camus, Virginia Woolf, Carver. Anche l’arte contemporanea non fa che riflettere costantemente su questi temi. Mi vengono in mentre Chris Burden, Franko B, Gina Pane, l’immancabile Abramovic. Anche se adesso l’arte sembra essere più vicina alla scienza che alla letteratura, c’è un’attenzione morbosa per il funzionamento interno dei corpi intesi come meccanismi, noto un accostarsi dell’arte all’informatica, alle neuroscienze e alla fisica dei quanti. Io mi ritengo una voce ancora legata al Novecento, quando scrivo mi ritrovo a ragionare sulle origini del dolore, sull’estremo dell’amore, sulla pulsione di morte. Sono i miei temi, sono ossessionata dalla fine delle cose. La fine, l’abbandono, la morte, sono proprio le cose che più temo quelle da cui parto per tracciare una storia.

La protagonista è in fuga: prima di tutto da sé medesima, ma non solo. Da cosa scappa la nostra società secondo lei, quale responsabilità non ha voglia di affrontare?

Tutti siamo in fuga dall’assenza di futuro. La protagonista si è per certi versi arresa. Si percepisce come preda e diventa a sua volta predatore. È una catena mortale, e lei lo sa. Sa di appartenere a un girone dell’inferno in terra. Credo che stiamo affrontando dei cambiamenti molto rapidi in ogni ambito della vita, l’uomo è troppo piccolo rispetto alla velocità che ha creato. L’uomo vuole farsi Dio ma non riuscirà mai davvero nell’intento. Non è riuscito neanche a diventare un ponte perché non vuole tramontare. Ogni epoca ha avuto i suoi scarti. Io racconto quegli scarti. Di chi ce la fa non m’importa nulla.

Lei ha lavorato in un centro diurno di psichiatria come operatrice letteraria: che esperienza è stata?

Stiamo giusto per pubblicare il libro nato dal mio laboratorio: Quattro passi nella storia – Gli amanti di Madama Lucrezia. Si è trattato di scrittura collettiva. Un modo per giocare da adulti. È stata un’esperienza di creazione pura. Il libro parla di Roma, statue parlanti, amicizia, amore e arte. Una ragazza storica dell’arte ha curato la sezione monumentale e poi tutti insieme abbiamo inventato le piccole storie dei personaggi. Non vedo l’ora sia edito! Ci sono voluti tre anni di laboratorio e ora finalmente abbiamo il nostro libro!

Che messaggio vuole trasmettere ai suoi lettori con questo libro?

Disturbi di luminosità è un urlo. Voglio poter essere ascoltata. Voglio che si guardi al disagio con meno disprezzo.

 

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