di Gabriele Ottaviani
Lo stesso fece con le camere delle pallottole, proprio come gli aveva insegnato Tamma. Poi controllò che non ci fossero residui nella canna, pulì il davanti del tamburo, il percussore e il ponte. Armò il cane e lo disarmò più volte. Fece ruotare il tamburo, si portò all’orecchio la canna della rivoltella e la ascoltò, come se potesse parlare.
Chi troppo vuole, Leonardo Palmisano, Fandango. Esperto di lavoro, migrazioni e criminalità organizzata, consulente sul rapporto tra mafie e territorio sia per enti pubblici che per istituzioni private, insignito l’anno scorso del prestigioso, iconico e significativo sin dal nome Premio Colomba per la Pace, Palmisano, nella splendida cornice del Tavoliere, ambienta il terzo caso del bandito Mazzacani: non mancano intrighi, collusioni, crimini e interessi politici. Un ritratto vivido e tragicamente simbolico, del nostro tempo, del nostro mondo, della nostra società, della nostra mentalità, trascendendo il genere e inducendo a una profonda riflessione: da non farsi sfuggire.