di Gabriele Ottaviani
L’ossessione della fame spinge gli Imi a lasciarsi andare a fantasie e sogni culinari…
I militari italiani nei lager nazisti – Una resistenza senz’armi (1943 – 1945), Mario Avagliano, Marco Palmieri, Il Mulino. Era il settembre del millenovecentoquarantatré. Un uomo in quel momento in abiti civili, nonostante fosse stato, come tutti, richiamato alle armi, viene catturato dai tedeschi nelle campagne a un’ottantina di chilometri da Roma. Viene portato alla Risiera di San Sabba. Da Trieste è destinato a finire chissà dove. I gestori del campo consentono alle donne della città giuliana di portare da mangiare ai detenuti. Una di queste, approfittando del fatto che l’uomo in questione non fosse in divisa, lo prende sotto braccio e lo fa scappare, facendo credere alle guardie che fosse il marito che l’aveva accompagnata. L’uomo è terrorizzato. Sente le smitragliate alle spalle. Va, però, tutto bene. L’uomo, prima con degli altri, poi da solo, di fosso in fosso, di campagna in campagna, mangiando fichi e uva, torna a casa, in campagna, vicino Viterbo, dalla moglie e dalle due figlie. Ne concepirà poi una terza. Mia madre. Tanti però non sono stati così fortunati. La stragrande maggioranza dei seicentocinquantamila militari italiani, dopo l’armistizio, ha rifiutato di aderire alla repubblica di Salò. Il prezzo di questa scelta è stato l’internamento nei lager nazisti, laddove hanno resistito e testimoniato la loro dignità e dirittura morale: con il consueto impeccabile rigore di storici Avagliano e Palmieri raccontano le vicende degli Imi (internati militari italiani, ma l’acronimo è significativo anche per il suo coincidere col plurale dell’aggettivo imo, ossia ultimo, infimo, estremo, reietto, isolato), informano, insegnano, inducono alla riflessione. Da non perdere.