Cecilia era già in piedi, vestita per uscire. Intuii che stava per andare al Verano. Non pronunciò parola. Senza che l’avessi minimamente programmato, aspettai che mi passasse accanto, quindi l’afferrai per un braccio trascinandola verso la stanza da letto. Fece resistenza, ma sorrideva. La spogliai senza baciarla, con un po’ di violenza e con la fretta a cui mi spingeva il mio sesso eccitato. Si lasciò fare, solo che al posto del sorriso le passarono sul volto incredulità e tristezza. Al momento opportuno non ce la feci.
La vita di Lucien scorre placida come il Tevere. Proprio dal Tevere però inizieranno i suoi problemi. È sul greto del fiume che infatti viene ritrovato un cadavere. Un corpo che lo riguarda. Clelia. Sua madre. Adottiva. Morta. Con uno spillone conficcato nel cuore. Come una tragica bambola di quelle che si usano per la stregoneria. E allora Lucien indaga. E quando una macchina si mette in moto, certe volte capita che non la si possa più arrestare finché non ha percorso tutta la strada che deve percorrere, finché il processo non è completato. Il passato non lo è mai fino in fondo, continua a farsi sentire come l’eco. E non si può non ascoltarlo. Eugenio Sbardella esordisce nella narrativa con Sans blague, per Nulla die, ed è un bell’esordio, un thriller che ha un gran ritmo e che è costruito in maniera assolutamente mirabile.