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“La ragazza con le trecce”

di Gabriele Ottaviani

Lo riporterò dai genitori…

La ragazza con le trecce, Wilma Geldof, Nord, traduzione di Alessandro Storti. Coraggio, eroismo, amore: sono questi i connotati fondamentali, come correttamente il sottotitolo riporta in modo chiaro e inequivocabile, della vicenda reale alla base di questo romanzo ben scritto, potente, elegante, appassionante, per nulla enfatico, nonché della sua protagonista, Freddie Oversteegen, un patrimonio di ricordi, ideali ed emozioni per tutta l’umanità, una ragazza che la vita ha reso precocissimamente adulta, la più giovane partigiana d’Olanda, che non vuole uccidere ma non si tira certo indietro se c’è da resistere e da combattere contro i nazisti. Per non dimenticare.

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“Il palazzo delle donne”

di Gabriele Ottaviani

Solène si è ufficialmente iscritta al corso di zumba e ha iniziato a seguire le lezioni di Fabio assieme alle Tatas. Benché continui a non avere il senso del ritmo, sta facendo innegabili progressi, vestita con un paio di vecchi collant e la T-shirt di Binta: ha tentato di restituirgliela, ma lei ha insistito perché la tenesse, come ringraziamento per la lettera che ha scritto. Ci nuota dentro, ma indossarla la fa sentire bene, come un vecchio maglione sformato che non ti stanchi mai di mettere. Le Tatas la prendono in giro per la sua rigidità. Sembri un manico di scopa! le urla Binta. Il bacino è completamente bloccato! Devi curvarti di più. Guarda, il trucco è muovere i fianchi! Un giorno, le Tatas si dispongono in cerchio intorno a lei e battono le mani per incitarla. La canzone che risuona parla di cosa si prova ad avere il sole in tasca, ed e` esattamente così che Solène si sente, lì, circondata da quelle donne dai corpi flessuosi e sciolti. Ha ritrovato una gioia e una luce che credeva perdute. Quando la lezione finisce, Binta a volte continua a ballare da sola. Si mette davanti agli specchi e mostra a Sumeya come si danza nel loro Paese, la Guinea. Sprigiona una strana energia, una forza insolita. Alla fine è fradicia di sudore, senza fiato. E la piccola applaude…

Il palazzo delle donne, Laetitia Colombani, Nord, traduzione di Claudine Turla. Autrice dalla prosa fluente, maiuscola, intensa, avvincente, emozionante, curata, profonda, particolareggiatissima, sensibile e mai retorica, ricca di livelli di lettura e chiavi d’interpretazione, di altissimo spessore politico, sociale, culturale, etico e morale nelle più elevate e complete accezioni possibili di questi termini, Laetitia Colombani, che ha incantato con la Treccia, torna a fare splendida mostra di sé sugli scaffali delle librerie italiane con un’opera potente e solida, che dà voce a chi non l’ha avuta mai, prendendo le mosse dalla storia di due donne che attraverso il tempo sono connesse dalla consapevolezza, più o meno immediata, della necessità di combattere l’umiliazione, l’emarginazione, la violenza, la fame, la miseria. Impeccabile e imperdibile.

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“La classe”

di Gabriele Ottaviani

Aspetta di sentire tutto, amore…

La classe, Christina Dalcher, Nord, traduzione di Barbara Ronca. Niente bulli. Niente favoritismi. Niente inefficienza. Il Q ha risolto tutti i problemi della scuola. In America il quoziente calcolato a partire dal risultato di diversi accurati test e dal voto di condotta indirizza ognuno verso la strada che più gli si addice. Un meccanismo perfetto, per formare i cittadini di domani, per creare un mondo migliore. Ma di questo mondo non è la perfezione, e infatti… Distopico, orwelliano, magnetico, destabilizzante, inquietante, irresistibile, geniale: Christina Dalcher fa centro, ancora una volta. Da non perdere.

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“Semplicemente amami”

71B0IIMvs5L._AC_UL320_di Gabriele Ottaviani

Ci devi ritenere come la tua seconda famiglia…

Semplicemente amami, Federico Moccia, Nord. Il celebrato e prolifico cantore dei sentimenti di una generazione, di cui ha saputo intercettare l’attenzione e la dedizione alla lettura attraverso un linguaggio semplice, immediato, riconoscibile e credibile, capace di vellicare empatia e immedesimazione, torna in libreria con una nuova storia che parla d’amore: che è tutto, e questo è tutto ciò che ne sappiamo. Sofia si è trasferita in Russia dall’amica Olja in fuga dall’uomo per cui ha messo in crisi ogni sua certezza e dal matrimonio ormai infelice e naufragato. Ma per quanto si possa scappare lontano non si può farlo da sé medesimi: ricominciare non è impresa facile, e per prendere in mano la propria vita deve tornare sui suoi passi. Ma… Intenso.

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“Fiori dalla cenere”

81vDsysm5aL._AC_UY218_SEARCH213888_ML3_.jpgdi Gabriele Ottaviani

Cameron, coi suoi occhi gentili e con l’accento scozzese. Cameron, che aveva baciato i suoi lividi mormorando: Povera ragazza coraggiosa…

Fiori dalla cenere, Kate Quinn, Nord, traduzione di Anna Ricci. È il millenovecentoquarantasette: la guerra è finita, le macerie e i disagi ci sono ancora. Charlie bussa a una porta. È la sua ultima speranza di ritrovare la cugina Rose, scomparsa sei anni prima in Francia. Ha viaggiato in lungo e in largo. Le apre Eve. Malmostosa. Infuriata col mondo e la vita. Per nulla intenzionata a darle una mano. Ma poi Charlie fa un nome. Quello dell’uomo per cui Rose lavorava. E allora d’improvviso tutto muta in Eve. Perché quel nome appartiene a un uomo che lei cerca da trent’anni. Per vendicarsi… Vibrante, potente, ben scritto, ben caratterizzato, imperniato su due protagoniste diverse ma simili, indomite e monumentali, torrenziale e maestoso. Da non lasciarsi sfuggire.

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“L’ultima ora del giorno”

91VhihGCbRL._AC_UY218_ML3_.jpgdi Gabriele Ottaviani

All’ottavo piano del palazzo in cui abitava Zaida, Liliana s’immobilizzò. Udì delle voci dalla tromba delle scale, una porta che sbatteva, uno scalpiccio e, molto più in basso, il rombo lontano del traffico. Nelle immediate vicinanze, però, tutto taceva. Il silenzio accanto a lei era tale che il mormorio nel suo orecchio destro – il sussurro costante dell’acufene di cui diventava consapevole solo quando i suoni del mondo esterno si attenuavano – sembrava fragoroso. Era venuta in taxi dall’ospedale. Aveva passato dieci minuti in un bar dall’altra parte della strada a guardare il portone di vetro e metallo verde del condominio, per cogliere movimenti sospetti, cosa che però non era avvenuta. Aveva avuto il tempo di esaminare la facciata curva, i quattro gradini squadrati di marmo che conducevano al portone, i balconi simmetrici, i mattoncini rosa e le persiane marroni a stecche, uguali in tutte le finestre. L’edificio doveva risalire ai primi anni ’30. Probabilmente non era ancora stato costruito, la prima volta che era venuta a Roma.

L’ultima ora del giorno, Virginia Baily, Nord, traduzione di Giuseppe Maugeri. Abramo Cattaneo si oppone al regime instaurato in Libia da Gheddafi e, vittima di un attentato a Roma, giace in ospedale in condizioni assai serie. Liliana, che legge dell’avvenimento in Inghilterra, dove da anni, dopo essersi lasciata tutto alle spalle, vive pressoché serena, è certa che si tratti del figlio di suo fratello Alberto, che nel millenovecentoventinove, quando lei era sbarcata diciottenne a Tripoli, già si trovava sull’altra sponda del Mediterraneo rispetto all’Italia, preferendo alla tessera fascista l’esilio. Ora, dunque, potrebbe essere l’estrema occasione per ricomporre un mosaico fatto di frammenti sparsi dappertutto… Intenso, avvolgente, coinvolgente, emozionante, potente, ben scritto, solido e solenne.

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“Il cielo dopo di noi”

91Wc3ejYxBL._AC_UL436_.jpgdi Gabriele Ottaviani

Alberto si rifiutava di crederci. Philip non poteva essere così meschino. Lui si era fidato… erano diventati amici, e ora? E se invece lo avessero scoperto? Aprì la bocca e fu sul punto di dirlo ad alta voce, ma si fermò. Anna avrebbe pensato che era tutta colpa sua. E lo era? Ripassò tutti i momenti che aveva trascorso in compagnia di Bonfanti. Era tornato da lui anche la sera prima e avevano letto ancora insieme. Ma era certo di non essersi lasciato sfuggire niente. Anche se… Quando lo aveva incrociato sulle scale, e Bonfanti gli aveva chiesto se voleva raggiungerlo dopo cena per leggere qualche altro capitolo delle Tigri di Mompracem, lui aveva risposto: «Okay!» Come diceva sempre Philip per dire di sì.

Il cielo dopo di noi, Silvia Zucca, Nord. Miranda non ha più alcun tipo di rapporto con la sua famiglia ormai da tempo. Una dozzina d’anni, per l’esattezza. Ma se il passato non si può cambiare, non è detto che non si possa scegliere di percorrere una strada diversa da quella che appare prestabilita per l’avvenire, ossia il cielo dopo di noi: nel momento dunque in cui la donna riceve la comunicazione che suo padre Alberto è scomparso si mette a frugare tra le carte dell’uomo, dove rinviene una lettera d’amore che riporta la data del diciotto di novembre del millenovecentoquarantaquattro, tempo di guerra, e che è indirizzata a Gemma, la nonna di Miranda. Ma chi la scrive? E questa scoperta c’entra forse con la sparizione di Alberto, all’epoca solo un bambino? Per saperlo Miranda non può che prendere e partire in direzione di Sant’Egidio dei Gelsi, piena campagna piemontese, paese in cui i suoi erano sfollati, e… Tutti siamo fragili, tutti abbiamo bisogno d’amore, tutti, nel bene e nel male, lasciamo un segno in coloro che abbiamo frequentato: da non perdere.

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“Dracul”

41ElcbnQMKL._AC_UL436_.jpgdi Gabriele Ottaviani

Questa volta mi girai nella direzione opposta e contemporaneamente allungai entrambe le mani. Per un brevissimo istante sentii carne sotto le dita, ma lei era troppo rapida, fuori dalla mia portata prima ancora che riuscissi a vederla. «Mi hai quasi preso! Caspita se sei svelto!» La sua pelle era viscida, come se avessi sfiorato un cadavere. Mi corse un brivido lungo la schiena, e mi sfregai la mano sulla camicia, per liberarmi di quella sensazione macabra. «Com’è stato, essere ricoperto di sanguisughe? Le sentivi, quelle creaturine schifose che ti aspiravano il sangue dai pori? Avevi la febbre così alta che scommetto non hai neppure avvertito quei loro dentini che ti segavano la pelle, vero? Sembravano tante pere mature quando tuo zio Edward te le ha staccate di dosso e le ha rimesse nel vaso. Giurava e spergiurava che ti avevano tolto il male dal corpo, e immagino avesse ragione; guardati ora!» «Non è stato lo zio a curarmi», dissi a voce così bassa che temetti non mi avesse udito. «No? E chi, allora? Non sei mai stato così bene. Non mi azzarderei a dire che sei guarito, ma stai sicuramente molto, molto meglio.» «Tu mi hai chiesto se mi fidassi di te, e io ho detto di sì.» «Ah, davvero?» «E poi mi hai fatto qualcosa.» Rise, di nuovo. «Qualcosa, sì. Forse. Forse l’ho fatto.» Ripresi a camminare per la stanza, scrutando ogni ombra, in cerca di tata Ellen. La sua voce pareva raggiungermi da ogni direzione anziché da un punto in particolare. Non era lontana, però; la sentivo vicina. Il filo che ci teneva legati era tesissimo. Chiusi gli occhi e mi concentrai su quell’immagine, tirando il filo come una lenza, con la pura forza della volontà, fino a colmare la distanza che ci separava. Tata Ellen proruppe in un’altra risata, così forte che fui certo si sarebbero svegliati tutti.

Dracul – Come tutto ebbe inizio…, Dacre Stoker, J. D. Barker, Nord, traduzione di Francesco Graziosi. Il cognome è lo stesso, e non si tratta di omonimia: Dacre Stoker è discendente di quel Bram a cui si deve il ritratto di una delle figure più inquietanti e al tempo stesso fortunate, data la persistenza nell’immaginario collettivo, della storia della letteratura e non solo, un personaggio leggendario descritto in un testo per cui forse la definizione di romanzo non è del tutto adeguata. Temendo di non arrivare vivo al sorgere del sole, quando sarebbe stato al sicuro perché la creatura della notte per eccellenza non avrebbe più potuto fargli alcun male, Bram infatti si barrica, almeno così ci raccontano i due autori, che con prosa monumentale danno vista a un testo riuscitissimo, solenne e coinvolgente, e inizia a scrivere, perché non se ne perda memoria né testimonianza, tutto quello che è stato: ogni cosa prende le mosse dall’epoca in cui Bram è un bambino di cinque anni di salute cagionevole il cui unico conforto è assieme alla sorella la compagnia della tata. Dublino però è infestata da omicidi terribili, e la governante sovente esce di soppiatto dalla loro magione: poi d’un tratto svanisce nel nulla, e con lei la serie di delitti. Dopo anni Bram, ormai guarito, la vede e la riconosce: non le è cresciuto un giorno. Impossibile, si ripete. E infatti è solo il principio di un vero e proprio incubo… Ottimo.

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“Una ragazza riservata”

71mX0fVUkjL._AC_UL436_.jpgdi Gabriele Ottaviani

In casa Scaife non era più plausibile che fosse la cuoca a tenere i contatti col macellaio? La signora non sembrava il tipo che si dava pena di occuparsi del tran-tran domestico. Juliet lanciò un’occhiata a Mrs Ambrose per capire se anche lei avesse avuto lo stesso pensiero, ma quella continuava placidamente il suo dritto-rovescio. Il suo punto di forza – diceva Perry – stava proprio nella passività: chiunque la prendeva per un’innocua vecchietta, quantunque con opinioni cristiane estremiste e un violento disprezzo per i comunisti.

Una ragazza riservata, Kate Atkinson, Nord, traduzione di Alessandro Storti. Appena tornata in Inghilterra giace sull’asfalto. Nessuno si cura di quell’investimento, ci sono le nozze di Carlo e Diana, e del resto gli incidenti capitano. Sempre ammesso che si tratti di un incidente, visto che oltre quarant’anni prima la protagonista della storia era una diciottenne orfana arruolata dai servizi segreti per sbobinare registrazioni, e mentre Londra brucia per le bombe del terzo Reich non si può certo dire che si tratti di una mansione irrilevante, tanto che quando, finito il conflitto, si è reinventata come autrice di programmi d’intrattenimento per la BBC, nuove minacce e nuovi compiti non tardano a palesarsi all’orizzonte… Magistrale.

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“La donna senza passato”

51JEQdlALeL._SY346_.jpgdi Gabriele Ottaviani

Tutto a posto? No, tutt’altro.

La donna senza passato, Anna Ekberg, Nord. Traduzione a cura di Alessandro Storti. Canonico e insieme originale, è un thriller con i controfiocchi che si legge in un battibaleno e che, con taglio da film di genere riuscito, mantiene sempre alta la tensione del lettore, che non vede l’ora di capire e che vorrebbe che la conclusione non arrivasse, tanto è piacevole la sensazione di adrenalina che, calibrando attentamente tutti i vari ingredienti per la saporita ricetta, Anna Ekberg riesce con maestria a inoculare. Louise, infatti, non è Louise. È Helene, sparita da tre anni, che non ricorda nulla della sua vita precedente. Ora finalmente suo marito l’ha ritrovata. Ma sarà davvero una buona cosa?…

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