di Gabriele Ottaviani
Alcuni gesti sono più o meno diffusi, conosciuti e usati in tutto il territorio nazionale, altri sono partricolarmente legati a determinati luoghi geografici.
Attualmente borsista di ricerca a Napoli, ha studiato, lavorato, insegnato e organizzato convegni nei più prestigiosi atenei italiani e internazionali, come Banská Bystrica, perla della Slovacchia, e Gand, splendida città belga nota tra l’altro per un importante festival d’arte cinematografica: Claudio Nobili è un giovane e preparato linguista che da anni studia con passione e impegno, dedicando a questo progetto la cura che un panificatore rivolge a tenere in vita il lievito madre, i gesti (che possono anche tributo d’affetto: si legga la delicata e deliziosa dedica), tema su cui si impernia anche la sua tesi di dottorato. Di primo acchito forse qualcuno potrebbe avere delle perplessità nell’accostare un linguista anche solo all’idea del gesto, ma nella realtà dei fatti, basta soffermarsi solo un attimo a riflettere, non vi è motivo per restare interdetti. Un gesto è, come da definizione enciclopedica, un movimento del braccio, della mano, del capo, con cui si esprime tacitamente un pensiero, un sentimento, un desiderio, talora anche involontariamente, o si accompagna la parola per renderla più espressiva. Ha un’importante funzione comunicativa (siamo animali sociali, esistono il parlato, lo scritto e il trasmesso, non siamo fatti per il silenzio, ma per esprimere ciò che siamo e che vogliamo, è la nostra anima a chiedercelo), è un simbolo significativo, sintetizza, punteggia, definisce, precisa, arricchisce, completa e chiarisce, è un codice che connette immediatamente persone che hanno lo stesso sostrato culturale – ogni idioma, ogni background ha i suoi contrappunti gestuali – e dunque ne sanno cogliere, al di là delle possibili ambiguità (in culture diverse lo stesso gesto può avere valenze finanche opposte), la reale pregnanza. Ne esistono di emblematici, illustratori, batonici, ideografici, deittici, spaziali, ritmici, cinetografi, pittografici, adattatori… Indagando i risultati sinora prodotti nel campo della lessicografia applicata alla gestualità italiana, chiedendosi cosa sia stato fatto e cosa resti ancora da fare per un’educazione integrale alla lingua e ai gesti in classe, compiendo un’ampia esegesi del fenomeno anche grazie a evocative immagini, persino tratte da cartelloni pubblicitari e film, da Totò, Peppino e la… malafemmina fino a Mine vaganti, dando indicazioni per una didattica della gestualità, esaminando in rassegna (amplissima la bibliografia) i dizionari sinora editi e proponendo il modello per uno nuovo, il cosiddetto Gestibolario, I gesti dell’italiano, edito da Carocci, è un testo di rara chiarezza, agilissimo, interessante e compiuto.