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“Come essere antirazzista”

di Gabriele Ottaviani

La conflittualità interiore dei bianchi ha plasmato due tipi di politiche razziste…

Come essere antirazzista – Perché è necessario prendere posizione contro ogni discriminazione, Ibram X. Kendi, Mondadori, traduzione di Silvia Albesano. Non sono razzista, ma…: ecco, diciamo la verità, lo dicono tutti. Tutti i razzisti. Perché il problema non è la prima parte della frase, è il ma. Secondo un mare di gente infatti basta dire di non essere razzisti per poter sproloquiare liberamente in merito a tutto lo scibile, come se fosse sufficiente una dichiarazione di neutralità: su certi temi però anche essere neutrali è una colpa, una posizione va presa, una scelta va fatta, ce l’ha insegnato anche padre Dante, morto settecento anni fa e più vivo che mai, che i peggiori sono gli ignavi, non li vuole nemmeno l’inferno. Ibram X. Kendi, fondatore e direttore dell’Antiracist Research and Policy Center presso la Boston University, scrive un testo magistrale, che fa riflettere: impeccabile e imprescindibile.

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“La notte delle malombre”

di Gabriele Ottaviani

La gente era arrivata comunque. A frotte. Urlando.

La notte delle malombre, Manlio Castagna, Mondadori. La storia alla base è vera, e terribile: fa freddo la notte del tre di marzo del millenovecentoquarantaquattro, quando il treno che sarebbe dovuto giungere a Potenza da Napoli viene trovato fermo in mezzo a un mare di cadaveri, stranamente senza ferite, benché si sia in tempo di guerra, in una galleria presso Balvano. Cosa è successo? E perché? E cosa rappresentano le malombre che Nora, la giovane figlia del dottore del luogo, percepisce come emblema d’un incombente pericolo? Da non perdere per nessuna ragione.

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“Il tempo della clemenza”

di Gabriele Ottaviani

Non penso mai alla politica…

Il tempo della clemenza, John Grisham, Mondadori, traduzione di Luca Fusari e Sara Prencipe. Dopo Il momento di uccidere e L’ombra del sicomoro torna in scena Jake Brigance, indomito avvocato alle prese col caso più difficile della sua vita, la difesa di un ragazzo di sedici anni che ne dimostra ancora meno, timido e spaventato, che a Clanton, Mississippi, nell’anno del Signore millenovecento, è accusato di aver ucciso un uomo dalla doppia vita ma apparentemente irreprensibile, nella cui casa viveva assieme alle sue vessate madre e sorella, Stuart Kofer. Il vicesceriffo: per questo tutti chiedono per il piccolo Drew la camera a gas, ma… Grisham non perde smalto, mai.

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“L’appello”

di Gabriele Ottaviani

Ho un ricordo bello ma perso nel passato, perché il tempo è bastardo e il regalo te lo ha dato sempre quando non potevi accettarlo.

L’appello, Alessandro D’Avenia, Mondadori. Nelle lettere dei nomi c’è una magia che è anche un po’ una maledizione, perché è come se contenessero tutto l’universo di ognuno, e da quella combinazione di lettere si dovesse ricavare il personale codice per decifrarlo: i nomi sono importanti, e quindi un appello non è solo un elenco, rispondere di essere presenti significa aderire a un progetto di speranza. Questo, almeno, nei sogni di Omero Romeo, per cui tutta l’esistenza, che non può vedere, ma del resto l’essenziale è invisibile agli occhi, è un anagramma da ricombinare. Lui è un insegnante, e sogna una scuola migliore di quella, bistrattata, che c’è, e sogna di salvare ogni nome, perché dietro ogni nome c’è una storia: anche in quella classe-ghetto, dove sono stati emarginati gli ultimi. La sfida è improba per il supplente di scienze cieco, eppure… Emozionante.

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“Let them talk”

di Gabriele Ottaviani

Eravamo molesti e molto chiassosi. Esibizionisti alla continua ricerca dell’antidoto perfetto alla normalità.

Let them talk – Ogni canzone è una storia, Cesare Cremonini, Mondadori. Il potere logora chi non ce l’ha, si dice, ma anche per il successo può valere il medesimo adagio. Le sirene della gloria, però, si sa, possono far perdere la testa, nonostante si abbia l’abitudine, per formazione e indole, di rimanere con i piedi ben piantati per terra può capitare di non essere in grado di gestire quel che accade quando, tanto che infatti qualcuno sostiene che quando Dio voglia punirci realizzi i nostri desideri, diviene reale quel che s’è solo sognato: Cesare Cremonini scrive bene, si sa, e lo dimostra anche con un genere di prosa diversa da quella lirica che poi mette in musica, e dando l’impressione di estrema sincerità – del resto, che senso avrebbe una biografia di sé medesimi per mentire nel tempo in cui basta un clic per essere sbugiardati o peggio calunniati – racconta la sua vita, le discese ardite e le risalite. Da non perdere.

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“La proposta di un gentiluomo”

di Gabriele Ottaviani

Quella sono io?

La proposta di un gentiluomo, Julia Quinn, Mondadori. Traduzione di Giuseppe Settanni. Si sa, quello che Shonda tocca, al netto della sospensione dell’incredulità che occorre a ogni piè sospinto o quasi per non lasciarsi andare a uno sproloquio di contumelie, diventa oro, e la nuova creatura targata Rhimes, a metà fra Jane Austen e Gossip girl, in cui in ossequio al politicamente corretto si parla di autoerotismo, emancipazione, mestruazioni e quant’altro con una punta di black power che alcuni vogliono suffragata dalla realtà della vicenda storica di Carlotta di Meclemburgo Strelitz, per amore della quale si è dato il nome al fiore più bello del mondo, prende le mosse proprio da qui: Bridgerton, fenomeno di Netflix anche grazie all’avvenenza formidabile del duca di Hastings, nasce dai romanzi di Julia Quinn. Il terzo della serie racconta l’epopea di Sophie Beckett, che discende da una nobilissima famiglia, ma non ha mai avuto una vita facile in quanto figlia illegittima del conte di Penwood che, morendo, come se fosse Cenerentola, l’ha lasciata sola con la matrigna e le perfide sorellastre. Ma un giorno c’è l’occasione di un ballo: chissà che non ci sia anche per lei, benché non calzi cristallo ai piedi, un principe azzurro in attesa?

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“Il visconte che mi amava”

di Gabriele Ottaviani

Anthony Bridgerton aveva sempre saputo che sarebbe morto giovane…

Il visconte che mi amava, Julia Quinn, Mondadori. Traduzione di Antonella Pieretti. Si sa, quello che Shonda tocca, al netto della sospensione dell’incredulità che occorre a ogni piè sospinto o quasi per non lasciarsi andare a uno sproloquio di contumelie, diventa oro, e la nuova creatura targata Rhimes, a metà fra Jane Austen e Gossip girl, in cui in ossequio al politicamente corretto si parla di autoerotismo, emancipazione, mestruazioni e quant’altro con una punta di black power che alcuni vogliono suffragata dalla realtà della vicenda storica di Carlotta di Meclemburgo Strelitz, per amore della quale si è dato il nome al fiore più bello del mondo, prende le mosse proprio da qui: Bridgerton, fenomeno di Netflix anche grazie all’avvenenza formidabile del duca di Hastings, nasce dai romanzi di Julia Quinn. Il secondo della serie vede al centro della scena Anthony, ricco e nobile ma per nulla interessato al matrimonio: del resto, può avere ogni donna che vuole. Almeno, questo è quel che tutti pensano…

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“Il duca e io”

di Gabriele Ottaviani

Daphne sentì il viso diventarle di tutti i colori…

Il duca e io, Julia Quinn, Mondadori. Traduzione di Milena Fiumali. Si sa, quello che Shonda tocca, al netto della sospensione dell’incredulità che occorre a ogni piè sospinto o quasi per non lasciarsi andare a uno sproloquio di contumelie, diventa oro, e la nuova creatura targata Rhimes, a metà fra Jane Austen e Gossip girl, in cui in ossequio al politicamente corretto si parla di autoerotismo, emancipazione, mestruazioni e quant’altro con una punta di black power che alcuni vogliono suffragata dalla realtà della vicenda storica di Carlotta di Meclemburgo Strelitz, per amore della quale si è dato il nome al fiore più bello del mondo, prende le mosse proprio da qui: Bridgerton, fenomeno di Netflix anche grazie all’avvenenza formidabile del duca di Hastings, nasce dai romanzi di Julia Quinn. Il primo della serie narra delle vicende ambientate a Londra, nell’anno del Signore milleottocentotredici, che vedono protagonista il summenzionato, anche se non esplicitamente, Simon Arthur Henry Fitzranulph Basset, ossia il nuovo duca di Hastings nonché erede di uno dei titoli più antichi e prestigiosi d’Inghilterra, scapolo bramato da ogni madre per la propria figlia (e probabilmente non solo) nonostante recalcitri alquanto a lasciarsi impalmare. In una situazione uguale e contraria si trova Daphne Bridgerton, sorella di Anthony, amico fraterno del duca di Hastings, che, orrore!, ha già debuttato in società da un paio d’anni e rischia di restare zitella. Così Daphne e Arthur si fingono innamorati per essere lasciati in pace. Ma alla base di ogni finzione, si sa, c’è sempre del vero…

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“Il delitto della dolce vita”

di Gabriele Ottaviani

Mentre ero nella mia camera da letto a pregare ho sentito un tonfo, come di un corpo che cade…

Il delitto della dolce vita, Francesco Caringella, Mondadori. Il caso Bebawi è stato uno dei più clamorosi nella Hollywood sul Tevere scintillante della luce riflessa dai lustrini: il venti di gennaio del millenovecentosessantaquattro il figlio di un ex ministro egiziano, giovane industriale che si comportava da faraone lungo il sinuoso dipanarsi di via Veneto, tra lusso e sesso, giace riverso in una pozza di sangue col viso sfigurato dal vetriolo. Ucciso da due coniugi, un’amante tradita e un marito disonorato, che si lanciano accuse incrociate mentre due principi del foro come Giuliano Vassalli e Giovanni Leone ingaggiano una vera e propria tenzone in tribunale? Caringella descrive l’impotenza della giustizia, lo scalpore del dubbio, il torbido torpore della verità: da non farsi sfuggire per nessuna ragione.

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“Quello che non ti dicono”

di Gabriele Ottaviani

Se riuscivi a rompere la barriera, era molto dolce e tenero…

Quello che non ti dicono, Mario Calabresi, Mondadori. Giornalista di chiara fama la cui storia personale e familiare è inestricabilmente connessa a quella degli anni più neri della repubblica, quelli della lotta armata, Mario Calabresi racconta in modo semplice, chiaro e lineare, ma non per questo non avvincente o non commovente, una vicenda umana poco nota, però potentissima: una figlia non conosce suo padre, perché, figlio di una delle famiglie più benestanti di Milano e tradito nel modo più vigliacco e ignobile da quelli che credeva amici e con cui condivideva, finanziandoli anche abbondantemente, gli ideali della rivoluzione che lo hanno ucciso, è morto mentre lei era ancora nel grembo materno. Marta non ha mai fatto domande, ma come gli amori impossibili sono gli unici eterni, così le questioni non risolte sono le più essenziali a cui rispondere: pertanto si rivolge a chi conosce il senso della perdita, dell’assenza più acuta presenza, a chi sa come si fa a cercare la verità, e inizia pertanto un viaggio necessario per tutti alle radici della nostra storia.

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