Intervista, Libri, premio goliarda sapienza

“Malafollia”: intervista ad Antonella Bolelli Ferrera

Perrone_GoliardaSapienza_2019_MC copiadi Gabriele Ottaviani

Perché la scelta di questi sei racconti?

Sono i racconti sul tema della follia in carcere, scritti dagli autori che erano stati preventivamente selezionati per costituire la prima factory creativa del Premio Goliarda Sapienza. Si è trattato di una edizione speciale, di una sperimentazione. Un primo passo verso un più ampio progetto di scrittura collettiva.

Com’è cambiata la percezione della realtà carceraria nel corso degli anni?

Credo che all’esterno se ne sappia un po’ di più, visto che da qualche anno le carceri sono state aperte ai giornalisti. Per chi le frequenta assiduamente, in realtà, sa che c’è molto altro, ma è solo il rapporto costante con strutture, detenuti, personale, e di tutti quei mondi che vi ruotano attorno, che da una visione d’insieme più veritiera.

Perché è così importante portare la cultura nelle carceri?

Perché la cultura è la sola che possiede la forza di alimentare quel processo virtuoso che induce al pensiero, alla riflessione, alla rivisitazione del proprio vissuto anche in forma critica.

In media quanti sono i partecipanti al concorso Goliarda Sapienza?

Al concorso vero e proprio, circa 500 ogni volta. Un numero impressionante. Arrivano scritti di ogni tipo, da italiani e stranieri, su pezzi di carta di fortuna, corredati di disegni e poesie, i più tecnologicamente avanzati – e a cui viene data la possibilità – spediscono cd con il racconto in concorso e , quasi sempre, il romanzo della loro vita in trecento pagine. C’è un grosso lavoro di selezione, spesso di comprensione, ma ne vale la pena.

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Libri

“Malafollia”

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La facevano rimanere sempre in isolamento perché era ingestibile: le piaceva menare, soprattutto gli assistenti. Non era neanche possibile contenerla: oltre a essere incinta era una bestia, alta ed enorme! Una faccia, dei piedi e delle mani stratosferiche. Faceva sempre ciò che voleva e durante l’ora d’aria si lavava il suo enorme pancione, tutta nuda, sotto la doccia della sezione. Ero commossa da quella visione, si sentiva libera e riusciva a far sentire così anche noi. Solo nel guardare una donna che si faceva la doccia! Emanava conquista di libertà! La trasferirono e al suo posto arrivò una ragazza di colore, era molto carina con me, forse perché cercavo di darle qualche sigaretta. Staccò agli agenti due dita delle mani. Qualche volta scappava e se ne andava girando per le gallerie, portando sempre con sé duemila rosari e persino una Bibbia. Sempre! Era incredibile, ma buona e simpatica. Ogni tanto ne veniva una nuova. Una, perfino, rubò un tablet e si consegnò. Diceva che per un po’ non voleva stare fuori. Ci sono ragazze che arrivano vicino al suicidio. Altre invece ci arrivano e basta. Si tagliano o prendono a capocciate i blindi. Una volta anch’io ho spaccato la cella prendendo a cazzotti e tirando oggetti contro il muro. In certi momenti, quando arrivi all’esasperazione, esce fuori il mostro che è in te.

Malafollia, Giulio Perrone editore. Ovvero, l’antologia dei racconti dell’ottava edizione del Premio Goliarda Sapienza “Racconti dal carcere” promosso da inVerso Onlus – Associazione per la diffusione della letteratura e della scrittura a favore delle categorie socialmente svantaggiate con il sostegno della SIAE. A cura di Antonella Bolelli Ferrera, cui si deve anche la prefazione. Introduzioni di Patrizio Gonnella, presidente dell’Associazione Antigone per i diritti e le garanzie nel sistema penale, e di Edoardo Albinati, scrittore di chiara fama e maiuscolo talento – Premio Strega nel duemilasedici col monumentale La scuola cattolica, di cui i primi sostenitori furono Raffaele La Capria e Sandro Veronesi, che lo presentarono – che ha una lunga esperienza di docente in carcere. La caleidoscopica umanità raccontata in queste storie indaga con dovizia di particolari e raffinata solennità, anche nelle pieghe più abiette e oscure, la dimensione della reclusione e della follia, che è al tempo stesso una prigione ma anche una forma di evasione: da non lasciarsi sfuggire.

 

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