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La psiche e il suo percorso

di Gabriele Ottaviani

Alessandra Parentela, psicologa e psicoterapeuta abilitata e iscritta all’Ordine degli Psicologi della Regione Veneto, diplomata in Psicoterapia Dinamica Breve presso il C.I.S.S.P.A.T. di Padova, attualmente al Centro Medico Magenta di Padova dove si occupa di problematiche di coppia, disturbi d’ansia, attacchi di panico, depressione, disturbi alimentari, problematiche sessuali, fobie, ossessioni, ansia da super lavoro, difficoltà di relazioni, disturbi del sonno, problematiche dell’adolescente e dell’anziano, iscritta al Tribunale di Padova come CTU ed esperta di Psicologia giuridica come CTU e CTP in relazione ad eventi post-traumatici quali mobbing, stress lavorativo e infortuni, e Michela Longo, sua ostica paziente, nonché laureata in Scienze della Natura all’Università di Pavia, per un breve periodo ricercatrice botanica in Trentino, specializzatasi poi in Gestione Ambientale frequentando un Master presso l’Università di Padova, dal duemilaundici dipendente di una società di consulenza nell’ambito delle certificazioni di “sistemi di gestione”, principalmente ambientali, ma anche di qualità ed energia, finché l’anno scorso, dopo aver costruito una solida rete di collaborazioni con altri professionisti del suo settore, non diviene una libera professionista che presta la sua competenza in materia di gestione ambientale sia come consulente per le sue aziende clienti che come Auditor per conto di alcuni Enti di Certificazione, hanno scritto insieme questo interessante libro, Un viaggio chiamato psicoterapia: Convenzionali le intervista con gioia per voi.

Da dove nasce questo libro?

Questo libro trae la sua origine dalla relazione profonda ed unica tra terapeuta e paziente. L’idea del libro nasce in modo molto naturale perché rappresenta l’unione perfetta di due intenti complementari: da una parte l’obiettivo di Alessandra di scrivere un libro innovativo sulla psicoterapia, dall’altra il tentativo di una paziente tra le più difficili che lei abbia avuto di comprendere a fondo il percorso psicoterapeutico attraverso la scrittura di dettagliati resoconti di ogni seduta. E un giorno ci siamo dette che avevamo tutti gli ingredienti per poter scrivere un libro insieme. Il nostro obiettivo è di voler accostare le persone alla psicoterapia, addentrandole in un vero percorso in cui potersi immedesimare, sminuendo quell’alone di vergogna e mistero che ancora c’è dietro al bisogno di rivolgersi allo psicoterapeuta. Chi va dallo psicoterapeuta ha problemi come li hanno tutti. La differenza con chi non ci va è che chi inizia un percorso terapeutico si mette realmente in gioco e vuole iniziare a risolverli. È un libro che parla di esistenza e si interroga sul senso della vita. Il messaggio più forte che vuole dare è come sia nelle relazioni umane che si trova la risoluzione di qualsiasi conflitto, perché è nella condivisione che si trova la felicità.

Che cos’è la psicoterapia? E perché può essere di aiuto?

La psicoterapia è un percorso di crescita, un processo di comprensione di sé, che ci permette di diventare ciò che siamo veramente, attingendo alle nostre personali capacità e doti che talvolta ci sono oscure perché non le conosciamo. La psicoterapia mira alla ricerca di noi stessi e, come recita il primo capitolo del nostro libro “…è un cammino molto importante e, se paragonato a un viaggio, è forse il più importante della nostra vita.” È uno spazio-tempo dedicato a noi stessi per metterci in gioco e in cui decidiamo di affrontare le nostre paure più radicate. Ma è un viaggio, come dice Miki, in cui si parte da soli ma che non si finisce soli. È di aiuto nel momento in cui il terapeuta aiuta il paziente a scoprire le proprie potenzialità e a imparare a sfruttarle.

Quali sono le basi del rapporto terapeuta-paziente? E di che tipo di relazione si tratta?

Le basi del rapporto terapeuta-paziente sono caratterizzate da fiducia ed empatia. È una relazione in cui non esiste il giudizio e la critica. È una relazione terapeutica orientata a soddisfare quei bisogni primari insoddisfatti. Il terapeuta funziona da modello di adulto sano, si prende cura in modo amorevole del bambino del paziente e poi pian piano, in questo percorso di crescita, il paziente imparerà a prendersi cura di sé, diventando anch’egli un adulto sano. È sempre bene ricordare che lo psicoterapeuta non è un amico, anche se si comporta amichevolmente. Ciono­nostante, il rapporto che si instaura tra i due può diventa­re uno dei più importanti e significativi nella vita di una persona.

Perché tanta diffidenza nei confronti della psicoterapia?

C’è ancora molto pregiudizio nei confronti della psicoterapia perché la nostra cultura considera la persona che soffre a livello psicologico come una persona inadeguata.

Quali sono i problemi fondamentali che accomunano le persone?

I problemi fondamentali che accomunano le persone sono quelli relativi a un malessere interferente con le incombenze quotidiane come lavorare o star bene nelle relazioni, quando ci si sente tristi senza ragione, quando si evitano luoghi o situazioni per paura, quando si vive un disagio conseguente ad un lutto, una separazione, un cambio di lavoro.

Il Covid sta facendo pagare a tutti noi un enorme prezzo sanitario ed economico, ma soprattutto emotivo: come ricostruiremo il nostro mondo di relazioni?

Stiamo pagando il Covid dal punto di vista economico e sanitario ma la vera bomba è quella emotiva. Oggi la paura e il dubbio dominano sempre di più nelle nostre vite. Il vero grande pericolo sarà quello di non riconoscersi. Abbiamo dovuto riorganizzare il tempo e lo spazio, sacrificando il rapporto con l’altro. La pandemia ha cambiato le persone, quando tutto finirà, ci sarà la gioia e la voglia di recuperare le relazioni ma resterà un trauma che ci porteremo dentro per lungo tempo. Ricostruiremo il nostro mondo di relazioni ma sarà necessariamente più ristretto e daremo maggior importanza alle vere relazioni e alla famiglia.

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“Non era neanche il mio tipo”

Copertina_mio_tipo4di Gabriele Ottaviani

Alla fine ero arrivato vivo, anche se comunque gravemente ferito e convalescente, alla fine di marzo, pensavo mentre aspettavo il gruppo cosiddetto di Karpathos davanti al centro Appiani come mi pare lo chiamassero e meditavo sul motivo che impedisce agli architetti di qualsiasi livello, a partire da quelli di paese che costruiscono le piazze, neopeggio le chiamo perché ritengono di dover superare forse l’architettura razionalista già da tempo comunque evidentemente defunta, cercando di sostituirla con suggestioni che immaginavano postmoderne che si riducevano poi a mettere in cima all’edificio un frontone posticcio magari con un buco circolare o semicircolare in cima forse anche chissà volendo inserire reminescenze neobarocche da cui il nome che avevo dato io al fenomeno, ma anche questo qui del centro Appiani, che aveva ricavato da un insieme di edifici nuovi caratterizzati da un rosso che forse voleva non so ricordare le costruzioni di mattoni di secoli antichi una piazza da cui la vita era stata brillantemente espulsa lasciando spazio solo al suo incubo architetturale e per un caso fortuito proprio questa piazza qui era il luogo di incontro dato che anche le piazze metafisiche potevano oggi ospitare una pizzeria come questa nella quale poi abbiamo preso posto tutti insieme mostrandoci a vicenda…

Non era neanche il mio tipo, Carlo Longo, Clown Bianco. Che l’amore è tutto è tutto ciò che ne sappiamo. E quando lo si perde viene davvero voglia, anche se non si fa sera, anche se tra i capelli un po’ d’argento non li colora, di gridare, di rinnegare il cielo, di prendere a sassate tutti i sogni ancora in volo, di spezzare le ali del destino, sbattere la testa mille volte contro il muro, respirare forte il suo cuscino e compagnia cantante (è proprio il caso di dirlo…). È una sofferenza dell’anima, che si fa profondamente fisica. Mozza il fiato. Come un flusso di coscienza. Ed è proprio questo il torrenziale e fortunato espediente stilistico scelto da Longo per raccontare la vicenda di un uomo che svanisce e dopo un po’ di tempo invia al suo più caro amico, pregandolo di non cercarlo, il manoscritto, straziato ma ironico, come del resto sono le umane sorti, in cui racconta della donna che dopo anni di convivenza lo ha lasciato. E lui, che si sentiva superiore, ora avverte tutto il peso della propria inconsistenza. Da leggere.

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“Molto mossi gli altri mari”

51NwoSkGctL._SX328_BO1,204,203,200_.jpgdi Gabriele Ottaviani

Una tempesta si arrampica da sud…

Molto mossi gli altri mari, Francesco Longo, Bollati Boringhieri. Tra la mattina del trentuno di agosto e la sera del primo di settembre l’intervallo di tempo è breve assai, ma se del resto per innamorarsi basta un’ora, come dice una celeberrima canzone (anche meno, in verità, specie se in quel momento della vita sui sentimenti ci si è messa sopra non una pietra, ma direttamente tutta Stonehenge, o almeno questo è quel che ci si racconta…), il fatto che i due estremi del periodo siano prossimi fra loro non è una garanzia del fatto che in quel mentre non possa accadere alcunché di significativo, anzi. Il promontorio, selvaggio e cupo, domina la Baia di Santa Virginia, uno spazio dove, con buona pace dei gabbiani cardarelliani, sembra possibile che possano nidificare solo il rimpianto e l’attesa. Delle onde. E dell’amore. Vagheggiato, temuto, respinto, soffocato, perso, ritrovato, ruggente e sfuggente… Personaggi, situazioni e ambienti sono caratterizzati con efficacia e grazia, crescere è una impervia e illuminante scalata durante la quale ci si ferisce e ci si disinfetta con acqua e sale, la prosa è empatica e potente: da non perdere.

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“La politica estera italiana nel nuovo millennio”

71OYOUKKjRL._AC_UL436_.jpgdi Gabriele Ottaviani

Quanto sta succedendo a Ventimiglia e in altre città dev’essere di monito anche per noi.

La politica estera italiana nel nuovo millennio, Pierangelo Isernia, Francesca Longo, Il Mulino. L’Italia è una delle grandi potenze internazionali, un ruolo che evidentemente presenta delle criticità e delle responsabilità, per quel che concerne ogni ordine e grado: in generale in una società come la nostra, sempre più globale e globalizzata, le relazioni internazionali rivestono un ruolo di primaria rilevanza. In che direzione da questo punto di vista sta andando il nostro paese, primo approdo per migliaia di disperati che migrano, come del resto abbiamo fatto per anni, lustri e decenni anche noi, in cerca di un futuro? Il volume risponde a queste domande, e non solo: chiaro, denso, esaustivo. Da leggere.

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“L’altra madre”

download (1).jpgdi Gabriele Ottaviani

La madre di Genny sta imbastendo i pantaloni che ha portato Mirella. Sul fuoco stanno le zucchine a cuocere. Che stasera, per il figlio, ci vuole preparare pasta e cucuzzielli. Oggi va un poco meglio. Manco ha tenuto bisogno dell’ossigeno. A un certo punto, nel mentre che lavora, bussano al citofono. E sarà Genny. La chiave la tiene, non c’è bisogno che mi alzo. Però bussano ancora. E si sarà scordato la chiave. Posa il pantalone e va a rispondere. «Chi è?». «Buonasera» dice una voce aggarbata di donna. «Cercavo Genny». «Non è tornato ancora. Voi chi siete?». Niente. Nessuno risponde.

L’altra madre, Andrej Longo, Adelphi. Via Toledo è una nota strada di Napoli. Lì vicino c’è un bar. Ci lavora Genny. Che ha sedici anni. Gira spesso in motorino. Vuole farsi notare. Gli piacciono le ragazze. Tania ha quindici anni. Va a scuola. Le piace il rosa. Le stelle. I bastoncini di pesce. La madre di Genny è giovane. Ma sembra vecchia, erosa dalla vita come uno scoglio dal mare. Ha il volto segnato. Fa le carte. I tarocchi. Gli orli ai pantaloni. Un lavoro duro, faticoso. Per pochi, pochissimi soldi. E certe volte le manca il fiato, e allora si attacca all’ossigeno. Fa quel che può, quel che non può, non fa. La madre di Tania fa la poliziotta. È stata ferita. Non ha il grilletto difficile. Un giorno, al Vomero, Genny e Tania si incontrano. Ma non finisce bene. E… Potente come un tuono, sensazionale, tragico, solenne, travolgente, emozionante, vibrante, credibile, doloroso, scabro, amaro, necessario.

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