di Gabriele Ottaviani
Luca Giannantoni è l’autore dell’intenso 33 minuti: Convenzionali ha la gioia di parlare con lui.
33 minuti sono una misura di tempo: che valore ha il tempo per te?
“Il tempo? Se non me lo chiedi so cos’è. Ma se me lo chiedi non lo so più.” Lo disse Sant’Agostino, ed è una frase che mi è sempre rimasta impressa. Ha un valore assoluto, il termine di confronto per tutte le fasi della nostra vita, di come pensiamo la nostra esistenza.
Da dove nasce questo romanzo?
Abbiamo tutti subito un trauma dal quale non riusciamo a riprenderci. Lo abbiamo vissuto come individui e come collettività. L’attentato di Parigi del 13 novembre 2015. Da quel momento in poi la nostra quotidianità è cambiata per sempre: non siamo stati in grado di superare quell’evento, quel cambiamento. Nasce da lì, da quel giorno, dai pensieri che sono seguiti. Dal bisogno di trovare una risposta a tante domande rimaste troppo tempo senza risposta.
Cosa significa per te Parigi?
Parigi è la città nella quale ho vissuto in un determinato momento della mia vita. È libertà, progresso. Futuro. Con tutte le accezioni, positive o negative, che questo termine ha.
E Roma?
Roma è casa mia. Ma sta cambiando troppo in fretta, soprattutto nelle persone. È il segno di quel cambiamento che per molti anni non abbiamo voluto vedere ma che adesso sta avvenendo troppo velocemente.
Cosa hanno rappresentato per te gli attentati che hanno flagellato la Francia, il paese della libertà, dell’uguaglianza, della fratellanza e della laicità, e in particolare la sua capitale?
È stato difficile dare un senso a quanto accaduto. Personalmente mi hanno scosso moltissimo, come penso tutti. Per questo ho avuto il bisogno di fare un percorso, di cercare una spiegazione e delle risposte ai dubbi, alle paure. E da questo è nato il mio secondo romanzo. Sono stati la fine di un’era e l’inizio di un periodo storico di incertezza e paura. Di crisi duratura.
Samuel si desta e non sa dove si trovi né cosa gli sia capitato: qual è il ruolo della memoria nella nostra vita e nella nostra società, che non sembra imparare dagli errori della storia?
Noi non solo non impariamo dalla storia, ma la dimentichiamo anche. In questo la memoria non è eterna ed il tempo, anche qui, gioca un ruolo fondamentale. Sono passati 100 anni dalla prima guerra mondiale, presto anche la seconda sarà sempre più lontana, e con essa gli insegnamenti che ha portato, le basi sui cui è stata fondata la società in cui abbiamo vissuto fino ad oggi. Una volta dimenticato questo ogni discorso di pace, uguaglianza, libertà perderà di significato.
Samuel, Mona, Omar: personaggi umanissimi, straordinari, credibili. Chi sono per te?
Sono l’umanità, almeno in questa parte del mondo. Samuel e Omar sono due ragazzi di fedi contrapposte, un ragazzo occidentale ed uno di fede islamica. Mona è il filo che tiene uniti i due e di fatto l’intera storia. E risiede proprio nella scelta di questi tre personaggi il senso profondo della trama del romanzo.
Che cos’è l’integrazione?
Fino a quella drammatica notte di Parigi era includere gli altri, condividere le proprie diversità, culture e opinioni. Oggi tutto questo è imploso e non si riesce a trovare una soluzione che aiuti a superare la paura e la naturale diffidenza tra persone di fede, cultura e provenienze molto diverse tra loro.
Omar crede che l’Islam e l’occidente non possano non andare d’accordo: qual è la strada da percorrere per superare il pregiudizio?
E se non fosse un pregiudizio? Se fossero davvero inconciliabili? La strada per superare queste differenze è stato il percorso più difficile. Ma non è detto che ci sia realmente una meta, una soluzione per superare le enormi differenze tra islam e occidente. Ed è quello che mi fa più paura.
Amore, sesso, amicizia, paura: sono tanti i temi del tuo romanzo. Qual è l’aspetto più importante da sottolineare quando si racconta una storia?
La realtà. Una fusione di tutti quegli elementi che non sono dei veri e propri temi, ma sono scintille della nostra umanità che brillano in ogni storia. In base alla luce più forte poi la storia, quella vera e quella del romanzo, prende una strada diversa.
Il libro e il film del cuore, e perché.
Q di Luther Blisset – ha cambiato il mio modo di vedere il mondo.
Il signore degli anelli. Il film è stato bello quasi quanto il libro: e vuol dire tantissimo!
Perché scrivi?
Per dare un ordine alle cose. Poi da una passione sta nascendo piano piano qualcosa, perché in questo secondo progetto ho trovato un editore, diverso dal primo, che dà un grande valore a quella che fino ad oggi era stata solo una passione, un divertimento.
Qual è il futuro della letteratura?
Probabilmente non sarà “di massa”, come poi in fondo la letteratura, quella vera, non sia mai stata accessibile a tutti. Però l’accesso diffuso della moltitudine della gente alle arti e al sapere incontrerà il limite culturale delle persone. Che in Italia è molto elevato.