di Gabriele Ottaviani
Lui, messer Maringhi, i due bambini miei, Cristofano e Prudenzia, li trattava come due principini. Prese per loro una governante giovane e fu la mia rovina. Gli feci scrivere di cambiarla, di prenderne una vecchia perché tenere in casa la giovane era come piantare con le proprie mani l’albero del frutto proibito nel proprio giardino. Lui niente. Io gelosa, una vipera. Li amava, li vezzeggiava i miei piccoli. Dava loro cibi prelibati, biscotti e confetti di Pistoia. Amava la loro madre, al modo in cui amano donna tutti gli uomini in carne e ossa, quelli che poeti bugiardi non sono e neppure santi ma traditori sì. I bambini non sapevano più di preciso se il loro padre fosse l’uomo che portava loro regali quando tornava da un viaggio per mare o l’uomo che rincasava quando loro già dormivano. Li chiamavano babbino tutti e due, sia l’uomo dalla faccia scura che veniva dal mare sia l’uomo dalla faccia bianca di calcina. In cuor mio sorridevo di questo scherzo del destino. Trovarci presto un tetto a Roma, bello, grande e ancora più confortevole di quello che avevamo, per messer Maringhi fu come allungare la mano e cogliere una ciliegia o un fico dall’albero. Una riga sua, nero su bianco a chi sapeva lui e ci fece trasferire in via Sora, in una casa grande, baciata dal sole, con la stanza da bagno, l’acqua in casa, un piccolo giardino con un mandorlo, un ciliegio e un melograno. Era di proprietà del nobile fiorentino Luigi Vettori, compare di Matteo Frescobaldi, suo socio in affari.
Le stanze segrete del cuore, Giorgio Montanari, IoScrittore. Le piaceva dirsi donna e pittora, così, tanto per non farsi segnare a dito in un secolo, il Seicento, non troppo, ahimè, tragicamente, più involuto della contemporaneità, ma che certo non vedeva di buon occhio né il fatto di non essere maschio né quello di volersi fare strada con la forza del proprio talento in un universo totale appannaggio maschile per eccellenza, figurarsi dunque entrambe le caratteristiche assieme: Artemisia Gentileschi però non aveva, giustamente, timori reverenziali di sorta. Personaggio straordinario, policromo come le sue tele dal vibrante dinamismo drammatico, rivive in questo ritratto vividissimo che ne fa, con maestria assai raffinata, Giorgio Montanari: da leggere, rileggere e far leggere, per conoscere, riflettere, ragionare, capire.