di Gabriele Ottaviani
Maria Elisabetta Giudici ha scritto La foresta invisibile: Convenzionali la intervista con gioia per voi.
Da dove nasce questo libro?
Tutto è iniziato un giorno cercando di mettere per iscritto un sogno fatto molti anni fa. Ricordo dopo ricordo la fantasia mi ha spinto in un mondo che altro non è che quello dello scrivere dove ogni desiderio è possibile e dove tutto può accadere. Parola dopo parola è nato un qualcosa di compiuto e coerente che assomigliava molto a un romanzo.
Quali sono gli aspetti invisibili delle nostre vite?
Vedente e non vedente, visibile e invisibile. Ognuna di queste parole suggerisce un modo diverso di essere al mondo. Non esistono aspetti invisibili della vita uguali per tutti, esiste invece il fenomeno di rendere visibile l’invisibile e invisibile il visibile. È una questione interessante ma soggettiva e potrebbe essere proprio questa soggettività l’unica invisibilità che ci accomuna.
Cosa rappresentano l’amore e la storia per lei?
L’amore è tutto ciò che ci rende umani. È tutto ciò che capiamo. È vita. La storia è tutto ciò che dobbiamo sapere per capire il presente e il futuro.
Quali sensazioni spera di trasmettere ai suoi lettori?
Vorrei trasmettere interesse per la storia, coinvolgimento, divertimento, responsabilità, curiosità.
Perché scrive?
Come ho detto prima è iniziato per caso. Poi ho capito che scrivere è un antidoto al mondo dei click, è un rallentare i ritmi, è uno spazio che ci consente di guardarci e di guardare ciò che in quest’epoca così veloce non riusciamo più a vedere. Procedere con lentezza dà l’impressione di sprecare tempo, ma non è così perché quella parte di tempo perso viene messa sul futuro. È un po’ come i tempi lenti dell’agricoltura: si dissoda un terreno, lo si ara, si semina si raccoglie e si aspettano i frutti. Scrivere è insomma un investimento sul tempo che viene sospeso e mi piace così tanto che credo che continuerò a farlo.