di Gabriele Ottaviani
È questa una coppia. Un posto nel quale due persone cercano di comportarsi in modo da non mettere in difficoltà l’altro.
È una donna tradita. Il suo Davide va a letto con un mare di altre donne. Tra cui Cane. Ovviamente non è il vero nome. È perché ha un cane, un piccolo meticcio che si chiama Cane. Davide la chiama col vero nome. La nomina sempre. Spesso. Troppo. A sproposito. Come succede sempre quando ti piace qualcuno. È diversa dalle altre. Di lui si è evidentemente innamorato. E lei, Anna, è sconvolta. Fuori di testa. Intendiamoci, continuano a fare sesso di tanto in tanto. E anche lei lo tradisce, non è che stia lì a casa a fare la madonnina infilzata o la vergine di Norimberga. Anzi. Diventa oltretutto una vera e propria stalker. Da ogni punto di vista. Compie scientemente, in modo assolutamente paranoide, qualsiasi miseria. E ne va anche orgogliosa, in fondo, a tratti. Prima di sprofondare nel disgusto di sé e del resto del mondo. La femmina nuda, di Elena Stancanelli, edito dalla Nave di Teseo, finalista allo scorso Premio Strega, è una prosa travolgente e di rara credibilità, che squarcia dinnanzi agli occhi del lettore senza infingimento alcuno il baratro dello squallore più infimo che si scoperchia quando comincia a palesarsi quel particolare tipo di disamore che si sostituisce a quel particolare tipo di amore che amore non è, perché è banalmente l’agglomerato di due sconci irrisolti che dell’amore non sono all’altezza, ma per cui funzionano solo le dinamiche del mero possesso, della perversa ossessione, fotografata splendidamente in questa lunga, straripante, violentissima, triviale come può e sa essere solo il marcimento di ciò che un tempo, se non è stato bello, è parso almeno decente, ruvida e ammaliante confessione.