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“Kramp”

26993498_806938212841180_3964582226788838854_ndi Gabriele Ottaviani

Un paio di volte, mentre D riscuoteva, accompagnai E. No, fotografare fantasmi non era come fotografare persone. I fantasmi ci mettevi un sacco di tempo a trovarli. Dovevi fare domande, telefonare dalle cabine e parlare con persone che avevano paura di dirti ciò che sapevano. “Quando un fantasma si contrae si trasforma in un osso. E se si contrae ancora di più diventa polvere. Bisogna trovarlo prima che succeda,” mi spiegò E. E quando finì la frase, per la prima volta provai una strana sensazione…

Kramp, Maria José Ferrada, Edicola, traduzione di Marta Rota Núñez. M ha sette anni. Ha le scarpe lucide. Una sigaretta tra le dita, perché ha una stramaledetta voglia di diventare grande. Di crescere. In fretta. Più in fretta. Non sa, come sempre succede, è successo e succederà, perché è nella natura, che quella che sta vivendo è l’età più bella. Non sa che pagherà l’aumento, che poi spesso e volentieri è solo presunto e non reale, della considerazione che le persone avranno di lui e delle cose che dice, con lo smarrimento irredimibile della sua innocenza e un monte di pensieri, problemi e preoccupazioni. Ha una valigetta. Di plastica. Piena di cose. Perché incontra le persone. Fa il commesso viaggiatore. In Cile. In provincia. In un mondo fragile. In un tempo difficile. Cercando di capire la vita, e le sue mille sfumature… Sensazionale, lirica, dolcissima, meraviglioso, un tuffo dove l’acqua è più blu, un’opera che arriva dritta al cuore, perfetta in tutti i dettagli. Un capolavoro magistrale e imperdibile.

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