di Gabriele Ottaviani
A lei potrà anche sembrare che compiere il proprio dovere quando si è sotto attacco sia normale. Ma io, dopo aver combattuto tre guerre, le posso assicurare che non è così.
Mississippi blood, Greg Iles, Piemme. Traduzione di Elena Cantoni e Rachele Salerno. Il titolo fa subito sovvenire alla mente, quasi come se si trattasse di una sorta, cambiando quel che dev’essere cambiato, di riflesso pavloviano, Mississippi burning. E in effetti qualcosa di torbido, anzi, molto più di qualcosa, sotto la nitida superficie apparentemente perfetta, c’è. Eccome. Penn è di Natchez. Capoluogo della contea di Adams. Mississippi. USA. Profondo sud. Piena Bible belt. È bianco. È un avvocato. È il sindaco. È conosciutissimo. Il suo cognome è Cage. Ha una pistola. Ha una fidanzata. Caitlin. L’editrice di un giornale locale. Appena ammazzata perché per lei il lavoro e la ricerca della verità venivano prima di ogni cosa. Ha un padre. Stimatissimo medico della città per oltre quarant’anni. Ora in carcere. In Louisiana. In attesa di processo. Dicono che abbia ucciso la sua infermiera. Di colore. A lui devota per decenni. Madre di un suo figlio. Malata terminale. E… Episodio conclusivo della trilogia (il romanzo doveva essere solo uno, L’affare Cage, il cui titolo originale, guarda un po’, è Natchez burning, ma dopo il drammatico incidente che ha subito nel duemilaundici, almeno stando a quello che la vulgata riferisce, Iles, nato a Stoccarda perché il padre, morto mentre Greg era in coma in seguito al sinistro stradale appena citato, lì gestiva una clinica, ma cresciuto a Natchez, lo ha triplicato, passando attraverso L’albero delle ossa), è potente, brillante, travolgente, inquietante, disturbante. Da non perdere.