di Gabriele Ottaviani
Armstrong, che a un esame superficiale sembra essere uno dei componenti «altruistici» di un vasto macchinario, ma che di fatto è un individuo unico quanto Mailer stesso, ci parla attraverso Mailer: e dà voce a una nuova coscienza, che accetta nel bene e nel male il fatto che, nell’evoluzione, il vecchio inconscio diviene conscio, deliberatamente, in una maniera faustiana (in assenza di altro termine) – che, persino al suo culmine (il Vietnam), è espressione di un combatti‑ mento teleologico, semi‑inconscio, semi‑conscio, che si può ritenere responsabile dei suoi disastri e delle sue vittorie senza fare ricorso ad attribuzioni arcaiche di Bene e Male. Volendo essere romantici, possiamo dire che sta speculando sulla psicologia delle macchine – o che riesce a «guardare di nuovo il mondo con gli occhi di un selvaggio consapevole che l’universo era una serratura, e che la sua chiave era la metafora, non il giudizio». Data una visione di questo tipo, Mailer di certo ha davanti a sé la sua opera più raffinata; sarà interessante vedere se riuscirà a mettere da parte la sua biforcazione nichilistica della natura umana, che ha proiettato invano verso l’esterno, verso la civiltà, desideroso di condividere il suo desiderio di «attuare una rivoluzione nella coscienza del nostro tempo» insieme a una moltitudine d’altri che non erano rivali, né «fratelli assassini», ma adulti illuminati coinvolti nella comune ricerca della «logica dell’astratto».
Nuovo cielo, nuova terra – L’esperienza visionaria in letteratura, Joyce Carol Oates, Il saggiatore. Traduzione di Viola Di Grado. God bless Joyce Carol Oates, la più brava e prolifica di tutte, nel gotha della letteratura con Anne Tyler (Se mai verrà il mattino, L’albero delle lattine, Una vita allo sbando, Ragazza in un giardino, L’amore paziente, Una donna diversa, Il tuo posto è vuoto, La moglie dell’attore, Ristorante nostalgia, Turista per caso, lezioni di respiro, Quasi un santo, Per puro caso, Le storie degli altri, Quando eravamo grandi, Un matrimonio da dilettanti, La figlia perfetta, Una spola di filo blu), Joan Didion (Prendila così, Diglielo da parte mia, Democracy, Miami, L’anno del pensiero magico, Blue nights, Run river), Annie Proulx (Cartoline, Avviso ai naviganti, I crimini della fisarmonica, Gente del Wyoming, Quel vecchio asso nella manica), Elizabeth Strout (Resta con me, Olive Kitteridge, I ragazzi Burgess, Mi chiamo Lucy Barton, Tutto è possibile), Penelope Lively (Una spirale di cenere, Un posto perfetto), Marilynne Robinson (Le cure domestiche, Gilead, Casa, Lila), Jane Urquhart (Niagara, Cieli tempestosi, Altrove, Klara, Sanctuary Line, Le fasi notturne), Catherine Dunne (La metà di niente, L’amore o quasi, Se stasera siamo qui, Donne alla finestra) ed Edna O’Brien (Ragazze di campagna, Un cuore fanatico, Lanterna magica, Le stanze dei figli, Uno splendido isolamento, Lungo il fiume, oggetto d’amore, Tante piccole sedie rosse): ogni scrittore è un artefice, ma ci sono artisti che JCO non ha timore, e ha ragione di farlo, di definire mistici e visionari, perché vanno oltre la trama, i personaggi, gli accadimenti, vogliono penetrare il mistero, l’inconnu, rispondere alle domande dell’esistenza, metamorfiche e destabilizzanti. Si tratta di autori del calibro di Virginia Woolf, Henry James, Franz Kafka, D. H. Lawrence, Flannery O’Connor e tanti altri, che solo una maestra della letteratura e un’intellettuale impareggiabile come Joyce Carol Oates poteva analizzare con tale perizia e sensibilità. Da leggere, rileggere, far leggere, studiare e far studiare.