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“Homo Deus”

51MYUUCtZSL._SY346_.jpgdi Gabriele Ottaviani

Mettere in dubbio l’esistenza del libero arbitrio non è un mero esercizio filosofico, ha delle implicazioni pratiche: se gli esseri viventi sono davvero privi di libero arbitrio, allora possiamo manipolare e addirittura controllare i loro desideri attraverso le droghe, l’ingegneria genetica o la stimolazione cerebrale diretta.

Homo Deus – Breve storia del futuro, Yuval Noah Harari, Bompiani, traduzione a cura di Marco Piani. Il potere logora chi non ce l’ha, recita una celebre e icastica frase divenuta una sorta di formula: sono poche le persone che non desiderano essere padrone del proprio destino. E l’umanità, in generale, sembrerebbe essere riuscita, dopo molti sforzi, a raggiungere globalmente la prosperità: continua a perdere però la lotta contro la propria inarrestabile hybris, quella da cui già le antiche divinità mettevano in guardia, trattandosi del peccato peggiore, quello che fa appendere Prometeo a una rupe con la compagnia di un’aquila che viene sempre a rodergli il fegato. La superbia, la smisuratezza, l’eccesso, lo stesso irresistibile e perverso piacere che fa sì che certi uomini divengano, per esempio, dei dittatori: in questo monumentale saggio, complesso e articolato ma divulgativo, chiaro, anche brillante, su storia, tecnologia, politica, filosofia e scienza Harari dà corpo alle speranze del mondo, non necessariamente solo di quello occidentale. E ai suoi incubi. Uno in particolare: il rischio di arrivare a un tale stadio di perfezione o presunta tale da rendere l’uomo inutile. Da non perdere.

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