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“Il meteco e il redivivo”

mjDB37wP9sFZPiLvtI28B_Qdi Gabriele Ottaviani

Tivoli è città d’antica origine, nota non solo ai romani, che evidentemente sono avvantaggiati dalla vicinanza, o agli appassionati d’uva, per il celebre e impareggiabile pizzutello, che prende il nome dalla forma allungata degli acini che compongono il gustoso grappolo, ma a turisti, intellettuali, curiosi e comuni cittadini di tutto il mondo. Antica l’origine, variegata la storia: è persino, come tanti degli ottomila comuni della nostra penisola, gemellata con una località straniera. Per la precisione francese, Saint-Armand-les-Eaux, nel dipartimento Nord-Pas de Calais, di cui è sindaco Alain Bocquet, deputato della sinistra transalpina ininterrottamente da quando ha trentadue anni. Ossia dal millenovecentosettantotto. Bocquet è uno dei tre personaggi ritratti, con la consueta dovizia di particolari, accompagnata da uno stile chiarissimo, da Giuseppe Tripodi, che porta il lettore a passeggio nella storia e nelle vite di Salvatore Multineddu, che insegnò al liceo classico di Tivoli, fu vicesindaco tra il millenovecentoventi e il millenovecentoventidue e poi perseguitato dai fascisti che abbatterono la giunta comunista, e Dante Corneli, la cui vicenda umana e politica si spinge sino in Unione Sovietica. Il meteco e il redivivo, edito da Sensibili alle foglie, è un’occasione da non perdere per conoscere pagine di storia con ogni probabilità ignote ai più ma molto importanti. Perché testimoniare vuol dire ricordare, e fare in modo che non si ripeta.

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“Cola Ierofani”

cola_ierofanidi Gabriele Ottaviani

A Leningrado arrivarono di mattina presto e vennero alloggiati all’Hotel Drushba, poco distante dalla stazione Finlandia. Di giorno faceva un caldo discretamente umido e talvolta pioveva. La sera e la mattina presto la temperatura si irrigidiva. Cola dovette acquistare un maglione di pessima lana in uno dei negozi per turisti dove si usava solo valuta occidentale. A Kiev era stato sostanzialmente ligio agli appuntamenti della comitiva ma a Leningrado aveva deciso di sdirrazzare e di girare in solitudine per la città.

Cola Ierofani, edito da Città del Sole e scritto da Giuseppe Tripodi, è la storia di carne e politica del militante che dà il nome al libro. Politica perché il sogno della rivoluzione è raccontato nei dettagli: battaglie, impegno, volantini, manifestazioni, lotte per l’uguaglianza sociale che in tante parti d’Italia, nel Novecento, è ancora di là da venire. L’alienazione di cui tanto ha parlato e scritto Marx si fa nemico concreto, tangibile, che ha tanti volti: una sanità pubblica che non funziona, l’obbligo di lasciare la propria terra per cercare un minimo di benessere, ingiustizie, soprusi, angherie, disoccupazione e delinquenza che, con la miseria, prosperano. Eppure c’è un certo romanticismo in quel di Peripoli, estremo sud dello stivale, dove il dolore e la frustrazione cercano compensazione nel sesso, nella passione, negli amori, nel piacere che certo non si attiene ai dettami degli insegnanti del seminario dove Ierofani, cognome sacro ma anima profana, è stato per un certo periodo. Un personaggio, Cola, che davvero, come i più importanti della letteratura, riesce a coniugare in sé più dimensioni, felice sintesi di chiavi di lettura diverse e interessanti. Selezionato per il Premio Berto, il libro, caratterizzato da una prosa semplice, variegata, autentica e intensa, avvolge e coinvolge.

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