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“In miniatura”

71El0vZvozL._AC_UY218_ML3_.jpgdi Gabriele Ottaviani

Una miniatura nella miniatura. Ai visitatori non è permesso camminare sul modello o al suo interno, si può fare solo il giro intorno, e le mura arrivano all’altezza del ginocchio. Anche se Thomas Abrams ha un non so che di biblico, non è un nome autentico. Sebald aveva inventato uno pseudonimo per proteggere l’amico e non finire per scrivere un vero e proprio reportage. Il modellista in realtà si chiamava Alec Garrard e oltre a essere un contadino era anche un predicatore laico metodista e amava dipingere animali selvatici…

In miniatura – Perché le cose piccole illuminano il mondo, Simon Garfield, Johan & Levi, traduzione di Nicoletta Poo. Giornalista e saggista britannico di chiarissima fama, premiato addirittura – ed è solo uno fra i più precoci trofei che fanno splendida mostra di sé nell’ambito di un palmarès davvero d’eccellenza – a soli ventun anni, nel millenovecentoottantuno, nientedimeno che dalla National Union of Students of the United Kingdom, in collaborazione con una delle più prestigiose testate che si conoscano, ossia il Guardian, come Student Journalist of the Year, Simon Frank Garfield, la cui formazione è passata anche per la London School of Economics, ha una prosa limpida, chiara, perfetta, densa, profonda e approfondita, divulgativa, mai retorica, enfatica, ridondante, cattedratica: a leggere i suoi scritti, ricchissimi di piani e chiavi d’interpretazione, ci si diverte e si impara, quale che sia l’oggetto della sua narrazione e della sua analisi. In un tempo come il nostro in cui sempre più la forma ha preso il sopravvento, la vacuità domina sulla sostanza, l’ostentazione sulla realtà dei fatti e delle cose, in una società sempre più alienata e alienante, rabbiosa, invidiosa, cattiva e ipocrita, Garfield induce, con saggezza e finezza, compiendo un’esegesi del tema in cui nulla è trascurato o lasciato al caso, in senso diacronico, diatopico, diastratico e diafasico, a meditare sull’importanza delle piccole cose, che magari potranno anche gozzanianamente essere di pessimo gusto, ma punteggiano ed edificano il nostro immaginario collettivo, la nostra identità, la nostra riconoscibilità. Da leggere, rileggere e far leggere. Splendido sin dalla copertina.

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“Il giustiziere della notte”

41p6v1f7eGL._AC_US218_.jpgdi Gabriele Ottaviani

Mi sento veramente fuori fase. Ho bisogno di qualcosa. Una donna? Niente prostitute. Con una prostituta sarebbe stata una beffa. Forse una donna: una forestiera bisognosa di compagnia. Dicevano che in città se ne trovano facilmente, ma lui non ci aveva mai provato. In un bar, pensò. Non è quello il posto dove s’immagina che vadano le persone troppo sole? Ma Paul non era mai stato in un bar se non con altri. E non era mai riuscito a capire quelli che ci andavano da soli. Comunque, era sempre meglio che marcire in quella specie di cella d’isolamento. Si fece il nodo alla cravatta, indossò la giacca e uscì.

Il giustiziere della notte, Brian Garfield, Fanucci. Traduzione di Stefano Benvenuti. Ora è diventato un film, che pare avere accenti anche piuttosto politici, visto il contesto contemporaneo dell’era Trump, di Eli Roth (Cabin Fever, Hostel, The Green Inferno, Knock Knock) con Bruce Willis (Appuntamento al buio, Intrigo a Hollywood, Trappola di cristallo, Il falò della vanità, La morte ti fa bella, Genitori cercasi, Il colore della notte, Pulp fiction, Die Hard – Duri a morire, L’esercito delle dodici scimmie, Il quinto elemento, Armageddon, Attacco al potere, Il sesto senso, Storia di noi due, FBI – Protezione testimoni, Faccia a faccia, Unbreakable, Bandits, Sotto corte marziale, Ocean’s twelve, Sin City, Alpha dog, Slevin, I mercenari, Red, Vice, I predoni, Split). La storia è quella di Paul, che nella New York degli anni Settanta vede la sua vita pressoché perfetta essere stravolta all’improvviso quando la sua famiglia viene distrutta. La polizia, lo Stato, è impotente dinnanzi al crimine. E allora lui si fa giustizia da sé. Vuole vendetta. Per sé. E per tutti gli altri che non sono stati adeguatamente risarciti per i soprusi subiti… Da leggere. Soprattutto perché, nella cornice di una narrativa di pura evasione, induce in realtà alla riflessione.

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