di Gabriele Ottaviani
L’insostenibile preponderanza del cerchio…
I cancelli del cielo di Michael Cimino, Giampiero Frasca, Gremese. La carta d’identità del film, Introduzione, Prologo, Il racconto del film, Epilogo. In queste sezioni è divisa l’ottima, interessante, raffinata, divulgativa, chiara, approfondita e accurata esegesi, resa ancor più preziosa dalla bellezza dell’edizione, della pellicola che doveva essere il film della consacrazione e che è invece è stato un disastro – poi, troppo tardi, almeno parzialmente rivalutato dalla critica che invece si lasciò andare a giudizi al vetriolo, per giunta ben poco motivati, oggettivamente – senza (o quasi) precedenti, un tonfo colossale in un buio precipizio, un’opera dalla genesi travagliata e dalla nomina di maledetta. Reduce in particolare (non era la sua prima opera in assoluto) dal trionfo del Cacciatore – si pensi solo ai cinque Oscar conquistati – che gli aveva dato però anche la fama, in verità abbastanza assurda, di regista non solo dal carattere impossibile, il che sarebbe elemento niente affatto significativo, ma soprattutto “di destra”, con la conseguente alienazione, specie in quel contesto, di molte simpatie ideologizzate, Michael Cimino, con un cast stellare (Kris Kristofferson, Christopher Walken, John Hurt, Sam Waterston, Brad Dourif, Joseph Cotten, Jeff Bridges e Isabelle Huppert), si cimenta con un western di respiro epico, liberamente ispirato alle vicende della guerra della Contea di Johnson – istituita nel Wyoming nel milleottocentosettantacinque, con capoluogo Buffalo – che ritrae una disputa fittizia tra i proprietari terrieri e gli immigrati europei – tema quanto mai attuale, mutatis mutandis – sul finire del diciannovesimo secolo. Il risultato, però, s’è detto, non è affatto quello sperato: il ritratto che viene invece da Giampiero Frasca è assolutamente da leggere.