di Gabriele Ottaviani
Lo toccò, e…
Irraccontabili, Pedro Lemebel, Edicola ediciones, traduzione di Silvia Falorni. Saggista, cronista, scrittore cileno apertamente omosessuale scomparso a sessantatré anni ancora da compiere nel gennaio del duemilaquindici, noto coram populo col cognome di sua madre, Violeta, critico ironico dell’autoritarismo, qualunque esso fosse, e della tradizionale realtà del suo paese, attivista inesausto, appassionato cantore della bellezza annidata come la speranza nei più reconditi e inattesi angoli del mondo, autore dalla lingua lirica, magica e iperrealista assieme cui si deve, fra l’altro, molto, Ho paura torero (Era solo questo, solo cortesia, solo il ringraziamento per aver concesso la sua casa e il suo tempo a quei rivoluzionari senza cuore. In quella posizione, con le ginocchia unite, rannicchiata a metà scala, sembrava davvero una bambina, lo sgorbio artritico del disamore…), trentaquattro anni fa Lemebel, di cui Edicola continua, dopo Di perle e cicatrici, a indagare, esplorare e tramandare l’opera, una cornucopia traboccante di primizie, adopera ancora il cognome paterno, Mardones, è un professore di storia dell’arte come tanti, frequenta un laboratorio di scrittura e pubblica sette dei racconti vergati di suo pugno in quel contesto in un’edizione assemblata a mano in semplice carta kraft da trecento esemplari illustrati da Luis Albornoz, Rufino, Hernán Venegas, Patricio Andrade, Mena, Guillo Bastías e Gustavo Bristilo, un libro-oggetto che vende per le strade della sua Santiago e in cui rende omaggio a uno dei principali obblighi etici della letteratura, dire quel che non si può dire, ritraendo con icasticità almodovoriana, tra sublimità e aberrazione, militari mostruosi, preti infoiati, madri indomite, pedofili dall’aspetto rassicurante e seducente come quello di un Babbo Natale, da cui nessuno mai penserebbe di doversi difendere o di dover temere qualcosa. Irraccontabili è tutto questo, ed Edicola gli rende di nuovo vita e giustizia: maestoso.