di Gabriele Ottaviani
Quando le mutande si diffusero e si affermarono, cominciarono a comparire anche nelle liste di dote delle spose e assunsero un ruolo via via sempre più riferito all’igiene del corpo e acquisirono connotazioni legate più alla sfera dell’intimo che all’esibizione…
La festa dei moroni, ricorrenza annuale della ridente località bellunese di Seren del Grappa che ogni autunno celebra la generosità della natura e l’importanza di uno degli alberi che non solo più di molti altri caratterizza il nostro territorio, il paesaggio che siamo abituati a conoscere e che è per noi un evidente riferimento oggettivo e al tempo stesso sentimentale, ma che pure con i suoi preziosi frutti custoditi nei ricci ha letteralmente sfamato intere generazioni di contadini, è anche un’occasione culturale (del resto il cibo è cultura, a pieno titolo): è infatti questo il sesto dei Quaderni par la Festa dei Moroni, pubblicazioni che permettono di recuperare e mantenere vive delle tradizioni che fanno parte del bagaglio storico e culturale, della memoria condivisa, del senso di appartenenza a una comunità in cui ognuno consapevolmente si riconosce nell’altro e alimenta una scintilla e una speranza di solidarietà. Questa finestra sul mondo che fu, sui ricordi, che del resto, Woody Allen insegna, spingono sempre a chiedersi se siano qualcosa che si ha o qualcosa che si ha perduto, si spalanca su aspetti della concreta quotidianità immediatamente riconoscibili, che fanno sorridere e riflettere sui cambiamenti che sono intercorsi anche in merito alle più banali delle occupazioni: oggi noi siamo abituati, perché di norma viviamo in una condizione oggettivamente privilegiata di benessere, a dare per scontato di possedere l’essenziale per vivere, e molto di più, ad avere, tanto per fare un esempio, l’acqua corrente in casa, e poterci pertanto fare tutte le docce che vogliamo alla temperatura che più ci aggrada. C’è stato un tempo, invece, in cui questo non era affatto scontato, e sarebbe davvero bene che ce lo ricordassimo più spesso, c’è stato un tempo in cui tutto era meno confortevole e diverso, anche l’abbigliamento, persino quello intimo. Mudànde e fanèle – L’abbigliamento intimo dei nostri nonni (Edizioni DBS), a cura di Lois Bernard e Serena Turrin, con testi, oltre che dei due autori succitati, anche di Andrea Bona, Anna De Paoli, Laura e Sandro Maoret, Maria Pollacci, Pio Sagrillo, Martina Stach, Marco Zasio e Carlo Zoldan, è un viaggio che a partire da mutande, canottiere e maglie di lana, attraverso conversazioni, testimonianze, raccolte documentarie, incursioni nel dialetto e nel mondo della canzone, immagini splendide e tanto altro ancora dipinge con tinte vivissime e una impressionante dovizia di dettagli il mondo dell’epoca, il tempo della prima guerra mondiale e non solo, ricostruisce la società, gli usi, i costumi, le attività lavorative e gli strumenti, l’organizzazione della produzione e le dinamiche costitutive della comunità. Interessante e piacevolissimo.