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“Contro la peste”

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Gli rimane l’ultima tappa del sopralluogo, quella di Vallalta…

Contro la peste – Il Feltrino, Venezia e la difesa sanitaria del territorio (1714 – 1716), Bianca Simonato Zasio, DBS. La peste è una zoonosi, una malattia infettiva di origine batterica il cui bacino sono varie specie di roditori, nelle cui folte pellicce si annidano pulci non propriamente dalla salute di ferro, per così dire. È l’epidemia proverbiale, di cui tanta letteratura e non solo ha parlato, parla e parlerà: in questo interessante e ben fatto volume si ricostruisce, in una zona ben precisa del Veneto, la rete di provvedimenti volti a tutelare la salute pubblica adottati dalle autorità competenti in materia nel diciottesimo secolo. Da leggere.

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“Fuoco sull’Ortigara!”

download (1)di Gabriele Ottaviani

10 GIUGNO 1917

Finalmente, alle 4.00 del mattino del 10 giugno giunse telegraficamente l’ordine di iniziare l’azione…

Fuoco sull’Ortigara! – Le artiglierie ferroviarie pesanti francesi in Valbrenta e nel Vicentino durante la battaglia del giugno 1917, Luca Girotto, Luigino Caliaro, DBS. Dal dieci al ventinove di giugno del millenovecentodiciassette, in pratica esattamente un secolo fa, l’altopiano dei Sette Comuni (Asiago, Lusiana, Enego, Roana, Rotzo, Gallio, Foza e Conco, un tempo frazione di Lusiana), fra i fiumi Astico e Brenta, è stato teatro di un evento bellico di drammatica importanza, la battaglia del monte Ortigara, una vetta di oltre duemila metri che la prima guerra mondiale, a furia di bombardamenti, ha abbassato di oltre otto. A fronteggiarsi l’esercito italiano, che nonostante i trecentomila uomini e gli oltre milleseicento pezzi d’artiglieria subì una tragica decimazione (più di venticinquemila morti), e quello austroungarico, dalle dimensioni decisamente più ridotte, alle dirette dipendenze del generale Viktor von Scheuchenstuel. L’aspetto che finora però non era stato sottolineato in maniera molto dettagliata è stato il contributo francese: questo volume colma la lacuna. In maniera chiara, ampia, semplice, interessante, precisa, puntuale, ricca di dettagli, importante da molti punti di vista, in primo luogo quello della testimonianza, resa ancor più vivida dalla documentazione raccolta e riportata e dalle immagini, di forte impatto. Da non perdere.

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“La grande guerra in Comelico”

La-grande-Guerra-in-Comelico_EdizioniDBS_prima-510x600di Gabriele Ottaviani

L’Alpe Anderta viene violentata per la seconda volta da una enorme valanga.

La grande guerra in Comelico, Italo Zandonella Callegher, DBS – Algudnei. Il Comelico è un territorio dell’alto Cadore in Veneto, per la precisione nella provincia di Belluno. Come molte delle zone limitrofe cento anni fa quella porzione d’Italia è stata teatro bellico. La natura è stata violata dalla crudeltà umana, dall’insensatezza del potere, dalla protervia di chi ha ritenuto che attraverso un conflitto fratricida, perché ogni uomo è fratello con l’altro da sé, si potesse arrivare a costruire un modo più giusto, equo, sano, saldo, felice, pacifico. Il diario di quelle vicende qui riportato ha una formidabile valenza monumentaria, e il testo, semplice e chiaro, viene ulteriormente e in grande misura arricchito da una messe davvero abbondante di splendide immagini, che aggiungono commozione ed empatia a una narrazione storica precisa e puntuale che serve da monito e testimonianza.

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“Lungo la linea del fronte”

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Che la guerra abbia contribuito a sviluppare in molti campi sia la scienza che la tecnologia è cosa fin troppo nota.

Lungo la linea del fronte – Militari e civili sulle Dolomiti nella Grande Guerra, Giovanni De Donà, Giuseppe Teza, DBS. Con il corredo di immagini bellissime che consolidano l’impianto documentario e di monumento e testimonianza di questa pubblicazione dotta, approfondita, densa, divulgativa, interessante e innovativa, visto che pone l’accento su argomenti che di norma restano piuttosto ai margini della discussione sull’epoca e specialmente sui luoghi che sono stati teatro del primo conflitto mondiale, scritta con stile semplice ma non privo di raffinatezze, il saggio edito con il contributo e il sostegno dell’Unione Montana Centro Cadore sottolinea con dovizia di particolari come le immediate retrovie della linea di guerra siano nella realtà dei fatti spazi umani di straordinaria rilevanza, nei quali i testimoni hanno potuto toccare con mano non solo la dedizione, l’impegno, l’attitudine e l’abnegazione verso il lavoro e il sacrificio della popolazione, niente affatto incline, mai, a perdersi d’animo, ma anche, una volta di più, l’indispensabile utilità di servizi come gli ospedali, le teleferiche, i punti d’appoggio per le truppe in movimento. La guerra infatti non si combatté, e ancora oggi, quando purtroppo sventuratamente si combatte in giro per il mondo, solo nelle anguste, fetide e mortifere trincee, ma pure attorno a esse, fuori, laddove avrebbe dovuto poi attecchire, finita la parentesi omicida, una speranza di normalità. Avvincente.

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“Nell’anima un addio”

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Nulla pareva accaduto e le pareti sorridevano mansuete nelle luci della sera.

Nell’anima un addio – Dolomiti: scrittori e artisti fra Ottocento e Caporetto, Antonella Fornari, DBS. Carducci, Ungaretti, Piero ed Enrico Jahier, Malaparte, Govoni, Trenker, Tomaselli, Boccardi, Riva, Rossaro, Fabbiani. Sono intellettuali, artisti, scrittori. Le loro parole sono entrate a pieno titolo a far parte di quel mondo che chiamiamo letteratura, fatto di immagini ed espressioni attraverso le quali ognuno di noi può conoscere universi altri da sé, e ritrovare il proprio nel riverbero delle sensazioni altrui. Hanno attraversato il periodo di transizione tra la fine del diciannovesimo secolo e l’inizio del ventesimo, quello breve per definizione, quello i cui confini sono, di fatto, le guerre mondiali, che hanno demolito tutto quello che era stato fino a quel momento il medesimo concetto di società, la loro esistenza è passata attraverso il primo drammatico conflitto che ha visto le nazioni schierarsi a livello planetario in blocchi contrapposti l’un contro l’altro armati, e come è nella natura di scrittori ne hanno reso testimonianza. Hanno fatto davvero della propria vita un’opera d’arte, ma non in senso decadente o edonista, bensì nell’accezione più completa e consapevole di monumento alla memoria: mediante le loro vicende umane ed esistenziali è possibile conoscere dall’interno una pagina di storia che, nonostante la messe di documenti e le varie rappresentazioni, finanche artistiche, pittoriche, filmiche e teatrali, non pare a tratti andare molto più in profondità che non nella raffigurazione, benché di norma vividamente descritta, d’un’angusta trincea. Qui, invece, è possibile avvertire lo spaesamento del lirico dinnanzi all’orrore, e la pienezza del suo ruolo di cantore documentario. Si legge d’un fiato, è da non perdere.

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“Stelle sul Grappa”

primastellesulgrappa-510x600di Gabriele Ottaviani

A pochi passi da lui nuora e nipoti osservavano in rispettoso silenzio, perché fino a quel giorno nessuno di loro, mai, aveva visto piangere il nonno.

Stelle sul Grappa, Luigi Tatto, DBS. È l’anno più brutto il millenovecentodiciotto. Talmente brutto che per non perder tempo e non risparmiare nessun dolore agli sventurati che sono costretti a viverlo comincia persino prima. A novembre del millenovecentodiciassette. È l’anno della fame. Che si apre con il diffondersi per tutta l’area di Feltre e dei comuni limitrofi, terribile, istantaneo e violento come una valanga, del disastro di Caporetto. Il paese è occupato. Giacomo ha paura. La sua famiglia ha paura. Il suo amico Michele ha paura. Nessuno di loro sa cosa accadrà da un momento all’altro. La guerra è sempre più vicina. Il Monte Grappa si staglia all’orizzonte: lì c’è il fratello di Giacomo, Giovanni. È insieme agli alpini. La mole della montagna è un simbolo: come la roccia è salda la speranza. Non si sgretola: perché ogni essere vivente ha diritto a esistere, ogni essere vivente merita rispetto. Questo è ciò per cui i protagonisti combatteranno la loro personale battaglia, il loro intimo e devastante conflitto. Il libro ha quasi cinquant’anni ma sembra scritto domani, perché mezzo secolo fa la storia della prima guerra mondiale non era contemporanea ma quasi: è finanche coraggiosa dunque la scelta di Luigi Tatto, maestro elementare nel secondo dopoguerra dalla prosa scintillante e fresca, di evitare ogni accento patriottico, ampolloso, retorico. È l’apocalisse della guerra dal punto di vista delle popolazioni della guerra dal punto di vista delle popolazioni invase quel che sceglie di raccontare con un afflato a dir poco epico e al tempo stesso delicatissimo, domestico e universale. Da leggere.

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“Aquam ducere”

aquam-ducere-copertina-01-17-510x600di Gabriele Ottaviani

L’acqua, elemento imprescindibile per la vita delle comunità umane, ha sempre rappresentato uno degli aspetti di maggiore risalto nel mondo antico.

Aquam ducere, DBS. Italo Riera, Paola Zanovello, Rita Deiana, Fabrizio Frignani, Philippe Leveau, Cécile André-Chaze, Simone Mantellini, Eugenio Tamburrino (che cura anche la pubblicazione): insigni studiosi di cui, in varie lingue, è possibile leggere i testi che compongono il volume appena edito. Testi brillanti, chiari, dotti, divulgativi, i materiali della prima International Summer School “Hydraulic systems in the Roman world”, tenutasi in collaborazione con l’università di Padova e le locali istituzioni a Feltre, in provincia di Belluno, dal venticinque al ventinove di agosto del duemilaquattordici. Un’occasione feconda di approfondimento, di confronto, di dialogo, di studio e cultura, che ha prodotto un libro elegante, raffinato, curato in ogni dettaglio, ricco di splendide immagini, che declina il tema nelle più varie sfaccettature. Senz’acqua infatti non si può proprio stare, lo sappiamo bene tutti, e ancora oggi, per non dire adesso più che mai, il problema dell’approvvigionamento, della disponibilità delle risorse idriche è di capitale importanza a livello globale. Gli antichi erano stati in grado di realizzare un sistema che fa invidia alle meraviglie della tecnologia del mondo moderno: conoscerlo è importante.

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“È permesso signora Terra?”

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È permesso signora Terra?

L’educazione non è mai abbastanza. Ce ne si rende conto ogni minuto di più. E l’educazione alla natura e viepiù basilare. E non può che iniziare dalla più tenera infanzia. Perché i ragazzi e i bambini di oggi sono i cittadini di domani. Saranno loro a doversi occupare di un pianeta maltrattato dalle generazioni che li hanno preceduti, e che hanno creduto che la terra fosse loro. Ma non è un’eredità il pianeta, è un prestito che è stato concesso da chi ancora non può fruirne. E che si ritroverà a riscuotere un capitale, l’unico possibile (altri mondi non esistono), eroso dall’incuria. Anna Maria Marton per DBS regala ai lettori uno scritto di rara e limpida chiarezza, con accenti lirici e insieme profondamente concreti, che si legge con impressionante, rilassante e rigenerante facilità. È una ventata d’aria fresca, fa riflettere e capire senza retorica. È permesso signora terra? Da non perdere. Dedicato a tutti, perché ognuno di noi può fare tanto per vivere e far vivere meglio.

 

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“Rapporto di un bersagliere”

rapporto-di-un-brigadiere-copertinadi Gabriele Ottaviani

Vi fu però un breve periodo di quiete relativa. Le granate giungevano più rade.

Guerra 1915-1918 – Rapporto di un bersagliere, Alvise Pàntano, a cura di Giovanni De Donà e Giuseppe Teza, DBS. Si legge in un battibaleno perché pare difficile se non impossibile, nel momento in cui le pagine si trovano a susseguirsi una dietro all’altra senza soluzione di continuità, staccarsi dal racconto avvincente e vibrante, che emoziona e coinvolge la coscienza, narrando di guerra, di morte, di valori, sogni, speranze, paure, difficoltà, ideali e miserie umane, di un testimone diretto della storia e della fatica di sopravvivere all’orrore deciso da altri, rinchiusi in trincea con la fida compagnia solo dei muli, più o meno. L’alta valle del Cordevole, quella di San Pellegrino, il Col di Lana, la val Lagarina: queste sono le location del memoriale finora inedito di un generale che era presso l’Isonzo e Caporetto mentre infuriava il conflitto, di un uomo nato nel milleottocentosessantasei nel trevigiano appena divenuto Italia e deceduto a Merano pochi giorni prima di compiere settantacinque anni, sempre desideroso di sottolineare il sacrificio impavido dei suoi bersaglieri. Un documento prezioso. Da leggere.

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“Mudànde e fanèle”

download.jpegdi Gabriele Ottaviani

Quando le mutande si diffusero e si affermarono, cominciarono a comparire anche nelle liste di dote delle spose e assunsero un ruolo via via sempre più riferito all’igiene del corpo e acquisirono connotazioni legate più alla sfera dell’intimo che all’esibizione…

La festa dei moroni, ricorrenza annuale della ridente località bellunese di Seren del Grappa che ogni autunno celebra la generosità della natura e l’importanza di uno degli alberi che non solo più di molti altri caratterizza il nostro territorio, il paesaggio che siamo abituati a conoscere e che è per noi un evidente riferimento oggettivo e al tempo stesso sentimentale, ma che pure con i suoi preziosi frutti custoditi nei ricci ha letteralmente sfamato intere generazioni di contadini, è anche un’occasione culturale (del resto il cibo è cultura, a pieno titolo): è infatti questo il sesto dei Quaderni par la Festa dei Moroni, pubblicazioni che permettono di recuperare e mantenere vive delle tradizioni che fanno parte del bagaglio storico e culturale, della memoria condivisa, del senso di appartenenza a una comunità in cui ognuno consapevolmente si riconosce nell’altro e alimenta una scintilla e una speranza di solidarietà. Questa finestra sul mondo che fu, sui ricordi, che del resto, Woody Allen insegna, spingono sempre a chiedersi se siano qualcosa che si ha o qualcosa che si ha perduto, si spalanca su aspetti della concreta quotidianità immediatamente riconoscibili, che fanno sorridere e riflettere sui cambiamenti che sono intercorsi anche in merito alle più banali delle occupazioni: oggi noi siamo abituati, perché di norma viviamo in una condizione oggettivamente privilegiata di benessere, a dare per scontato di possedere l’essenziale per vivere, e molto di più, ad avere, tanto per fare un esempio, l’acqua corrente in casa, e poterci pertanto fare tutte le docce che vogliamo alla temperatura che più ci aggrada. C’è stato un tempo, invece, in cui questo non era affatto scontato, e sarebbe davvero bene che ce lo ricordassimo più spesso, c’è stato un tempo in cui tutto era meno confortevole e diverso, anche l’abbigliamento, persino quello intimo. Mudànde e fanèle – L’abbigliamento intimo dei nostri nonni (Edizioni DBS), a cura di Lois Bernard e Serena Turrin, con testi, oltre che dei due autori succitati, anche di Andrea Bona, Anna De Paoli, Laura e Sandro Maoret, Maria Pollacci, Pio Sagrillo, Martina Stach, Marco Zasio e Carlo Zoldan, è un viaggio che a partire da mutande, canottiere e maglie di lana, attraverso conversazioni, testimonianze, raccolte documentarie, incursioni nel dialetto e nel mondo della canzone, immagini splendide e tanto altro ancora dipinge con tinte vivissime e una impressionante dovizia di dettagli il mondo dell’epoca, il tempo della prima guerra mondiale e non solo, ricostruisce la società, gli usi, i costumi, le attività lavorative e gli strumenti, l’organizzazione della produzione e le dinamiche costitutive della comunità. Interessante e piacevolissimo.

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