di Gabriele Ottaviani
Ho un ricordo bello ma perso nel passato, perché il tempo è bastardo e il regalo te lo ha dato sempre quando non potevi accettarlo.
L’appello, Alessandro D’Avenia, Mondadori. Nelle lettere dei nomi c’è una magia che è anche un po’ una maledizione, perché è come se contenessero tutto l’universo di ognuno, e da quella combinazione di lettere si dovesse ricavare il personale codice per decifrarlo: i nomi sono importanti, e quindi un appello non è solo un elenco, rispondere di essere presenti significa aderire a un progetto di speranza. Questo, almeno, nei sogni di Omero Romeo, per cui tutta l’esistenza, che non può vedere, ma del resto l’essenziale è invisibile agli occhi, è un anagramma da ricombinare. Lui è un insegnante, e sogna una scuola migliore di quella, bistrattata, che c’è, e sogna di salvare ogni nome, perché dietro ogni nome c’è una storia: anche in quella classe-ghetto, dove sono stati emarginati gli ultimi. La sfida è improba per il supplente di scienze cieco, eppure… Emozionante.