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“Oltre la quarta parete”

61cwynW1YoL._AC_US218_.jpgdi Gabriele Ottaviani

La vendetta che ha acquietato l’anima mia da viva, dov’è? Il mio volto si è dilatato Passato a uno stato fluido, Mistero, sensazione di scoperta, che mi colora e rafforza mentre divento fiore, roccia, parola. Più che bellezza… energia. Da viva ribellarmi era l’unico pensiero. Strappare il mondo dalle mani della congrega di uomini che lo tenevano in pugno. Strapparlo sì, per farmi restituire la luce che mi avevano confiscato, gli oceani perduti, le foreste cui mi avevano vietato l’accesso. Ribellarsi per resuscitare a una vita vera, come tutte le creature interrotte troppo presto. Ho nutrito dentro me il mio destino, un regalo del mio re che mi trafisse inseminandomi col seme della morte. L’ho nutrito e amato: Oreste. Qui, giace la regina dai capelli d’oro. Uccisa dal figlio, perché voleva vivere. Vedo chiaro ora che ho varcato queste porte. Trovo che la morte liberi il corpo, secolarizzi la mente. Adesso so che non cadrò perché ho raggiunto il centro. Posso ascoltare il pulsare dell’orologio divino Adesso sono accanto al nocciolo misterioso delle cose, all’ombelico del mondo che pulsa vivo.

Oltre la quarta parete, Alma Daddario, ChiPiùNeArt. Il teatro non è mai uguale a sé medesimo perché ogni rappresentazione è unica e irripetibile, se anche le parole pronunciate fossero sempre perfettamente le stesse cambierebbero i gesti, se anche i gesti non mutassero cambierebbero le espressioni, se anche le espressioni rimanessero fisse cambierebbe il pubblico, se anche il pubblico fosse lo stesso non sarebbero identiche le emozioni, perché ogni giorno è diverso da tutti gli altri. Al tempo stesso però il teatro è anche universale, perché sempre le medesime sono le domande esistenziali, le istanze che vengono poste: e attraversando dunque il mito, la cronaca e la storia, affrontando per il tramite di una scrittura originale, nuova, atipica ma di respiro ampio, epico, classico, che non teme sbiadimento, parlando di Ero, Leandro, Pancrazio, Matilde di Canossa e Clitennestra Alma Daddario in questa sua monografia che raccoglie quattro testi dà voce alla ricerca di un senso più profondo delle cose, supera il limite che è frapposto tra gli individui e indaga l’anima e la sua molteplicità.

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“Dignità”

Dignità di Luciano Melchionna - copertina libro ChiPiùNeArt edizionidi Gabriele Ottaviani

Oggi ho sentito che è crollata una parte degli scavi lì a Pompei… e dopo tanti anni m’è crollato in testa il ricordo… l’avevo seppellito sotto le macerie del mio coraggio, l’avevo fatto a pezzi durante il viaggio di ritorno dalla gita scolastica a Pompei… uno sguardo terribile, lo sguardo duro e accigliato di un uomo grosso che mi guardava dallo specchietto retrovisore del pullman, mi sorvegliava, mi teneva d’occhio, mi minacciava con gli occhi se parlavo con qualche amichetto: era pericoloso quello sguardo… anche quello sguardo era pericoloso, come quello di mio padre che conoscevo bene… e io mi sono ingoiato le parole, mi sono ingoiato ogni gesto, insieme al suo pisello… mi guardavo intorno e mi vergognavo… gli altri giocavano al ritorno sul pullman, io no, mi vergognavo a giocare con loro con quel male dietro… me lo ero procurato io, sicuramente, sì… era colpa mia se quell’uomoanimale mi aveva fatto del male… perché lo sapeva che mi sarebbe piaciuto, quindi sapeva che ero strano io e che mi eccitavo in quel modo… anche se poi invece non m’era piaciuto…

Dignità – “Mono-luoghi” per attori, spettatori e lettori “attivi”, Luciano Melchionna, ChiPiùNeArt. Forse uno dei suoi lavori di maggior successo, nasce da un’idea di Elisabetta Cianchini e Luciano Melchionna stesso. Dignità Autonome di Prostituzione è la Casa Chiusa dell’Arte. Attori come prostitute, protetti ma alla mercé dell’avventore/spettatore di turno, si lasciano scegliere, esaminare e soppesare in cambio della propria Arte e del proprio Cuore. Rigorosamente in vestaglia o giacca da camera, adescano o si lasciano abbordare dai clienti mentre una “strana Famiglia”, tenutaria del “Bordello”, ha l’arduo compito di stimolare le contrattazioni con i clienti per stabilire il prezzo di ciascuna prestazione. È un nuovo approccio allo Spettacolo, un modo per ridare “Dignità” al lavoro dell’Attore e al contempo una provocazione giocosa e sorprendente per riavvicinare il pubblico al mestiere più antico del mondo. Lo spettacolo, infatti, pone il luogo scenico come un postribolo per lo spettatore/cliente che munito di “dollarini”, il denaro locale ricevuto con il biglietto d’ingresso, paga le performance degli attori/prostitute scelti, contrattando direttamente con loro o con le maitresses tenutarie della casa. In parole semplici gli attori “vendono” i propri monologhi, la propria arte. Gli spettatori in sala vengono circondati e presi, “rubati” agli altri, già prima ancora di sedersi in platea. Così la più celebre enciclopedia online descrive uno spettacolo di straordinario e annoso successo. Luciano Melchionna (Gas, Ce n’è per tutti) dà alle stampe L’autunno. Nella. Militargay. Leggera leggera. Il ritrattista. Mille e quattro anni a Piazza Venezia. Diopuntointerrogativo. Diversamente diverso. Ciao nonnina. Colla. Piccolapiccolagrande. La direttrice. Tutta la vita in gabbia. Prendete l’armi. Tra le pietre. La “sacra” rivoluzione. La coscienza ovvero Il carnefice. Vicino al mio dio. Pompei. Ma come si fa, Romeo? Non lo voglio sapere. Un’altra. L’ennesima Giovanna. La vedova. La luna mi commuove. Venticinque testi. Uno più intenso dell’altro. Più che leggerli si divorano. E divorano chi li legge. Come sottolinea la bella prefazione di Giulio Baffi, che ha assistito a talmente tante edizioni di questo spettacolo da non sapere più nemmeno quante siano, né avere certezze sul numero degli attori che si sono avvicendati sui vari palcoscenici (Antonella Elia, Lorenzo Balducci, Thyago Alves, Paola Barale, Lina Bernardi, Fabio Canino, Diego D’Elia, Rosaria D’Urso, Mirko Dettori, Rino Di Martino, David Gallarello, Sandro Giordano, Michael Schermi, Daniele Russo, Irene Grasso, Nadia Mocci, Laccio, Stefania Rocca, Ilaria Spada, Alessandro Russo, Pino Strabioli, Giorgia Trasselli e Angelo Tantillo, solo per fare qualche nome), si passa con il volume a un altro tipo di esperienza, dalla carnalità tangibile alla lettura. In ogni modo, un’esperienza imprescindibile se si vuole davvero immergersi nell’arte e nella bellezza senza avere timore di mettersi in discussione, di esserne toccati, disturbati, sedotti, interrogati. Da non perdere assolutamente.

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“Il Grand Tour”

Grand Tour - copertina - web-02di Gabriele Ottaviani

Ci curarono la sbornia con secchi d’acqua di mare. Noi questionammo, ma ci dissero che se avessimo opposto resistenza saremmo stati considerati disertori ed immediatamente impiccati. Prima di partire per la campagna delle Fiandre ci fu tuttavia concesso di passare da casa, naturalmente sotto scorta. Quello che hai visto negli occhi gonfi di tua madre, Henri, quando sei partito, ti dico che non è niente rispetto a ciò che lessi negli occhi della mia. “Sei il fratello maggiore e l’unico responsabile di questa stoltezza. Tornate in due o non tornare affatto”, mi salutò mio padre. A scanso di equivoci ti informo subito che in senso stretto la nostra guerra durò pochi giorni. Marciammo fino a Mons, poi ci accampammo per circa un mese a Braine-l’Alleud nel Brabante, mentre i nostri nemici, gli Inglesi, aspettavano rinforzi dalle parti di Bruxelles. Meglio che tu non sappia, Henri, di cosa è fatto l’ozio dei soldati. Tra prepotenze, ordini scemi e certe ottuse esibizioni di virilità io in qualche modo galleggiavo, ma mio fratello … mio fratello mi stava appiccicato come un’ombra. Lontano dalla bottega, dagli insegnamenti di nostro padre, dal sentiero segnato che era stata la sua vita, non era niente. Eravamo circa centomila tra fanti e cavalieri. Aggiungici le donne e il seguito, e i cavalli, praticamente una città.

Adele Costanzo, Il Grand Tour, ChiPiùNeArt. Le paci di Utrecht e Radstadt sono uno dei tanti momenti durante i quali, nel corso della storia, si decide delle sorti di un’Italia ancora ben più che disunita seduti attorno a un tavolo con una mappa e qualcosa per scriverci sopra, pressappoco. Territorio spartito e conquistato, è al tempo stesso scrigno di grande bellezza. È come se ci si abbeverasse a una fonte che si mantiene fresca e zampillante, ed è un vero e proprio passaggio obbligato per i giovani del bel mondo: quindi anche per il francese Henri Trespetit e il suo precettore. Almeno, così sembra… Un romanzo storico piacevolissimo, che si legge con grande gusto e senza incontrare mai asperità o noia: da non perdere.

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