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“Storia dell’estetica occidentale”

di Gabriele Ottaviani

Nel suono che sorge e scompare si esprime lo spirito che bega ogni forma di esteriorità che voglia in qualche modo determinarlo come oggetto.

Storia dell’estetica occidentale – Da Omero alle neuroscienze, Fabrizio Desideri, Chiara Cantelli, Carocci. Il senso del bello e l’immaginario collettivo sono strettamente connessi, ed edificano le basi dell’identità, sia a livello conscio che partendo da presupposti innati, che fanno riferimento alla riconoscibilità propria e al rispecchiarsi della percezione di essa nell’altro, del gruppo sociale cui si riferiscono: l’occidente per come lo conosciamo e lo consideriamo affonda le sue radici culturali, che dunque divengono anche sociali, economiche, etiche e politiche nella più ampia accezione del termine, in un preciso insieme di riferimenti, di cui Cantelli e Desideri tracciano il profilo in senso cronologico e non solo, con efficacia comunicativa e acribia compositiva. Interessante e formativo, un sorprendente stimolo e invito alla riflessione soprattutto in questi tempi in cui il sistema culturale di riferimento viene sovente brandito come un vessillo o un’arma: è bene dunque sapere davvero di cosa si stia parlando. Per conoscere e comprendere.

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“Letteratura inglese”

di Gabriele Ottaviani

Il vantaggio di una storia letteraria scritta da un solo autore sta opinabilmente nella forte idea unitaria e coesiva che la informa, nell’adozione di un unico punto di vista, nell’applicazione coerente di alcuni parametri teorici, storiografici ed evolutivi. La mia carriera di studioso mi ha da tempo convinto della necessità di una compenetrazione sinergica delle varie teorie e ideologie del testo che dopo l’avvento della semiotica letteraria vengono designate con l’etichetta riassuntiva di “poststrutturalismo”; nonché, e soprattutto, dell’esergo per me vincolante che è il testo che detta al critico il suo approccio a seconda della sua “dominante”, e non già che una teoria assolutizzante si possa e debba applicare, in vario grado forzatamente, al testo e ai testi. Di qui l’udienza – curiosa, cauta ma non pregiudizialmente ostile – da me accordata alle proposte avanzate dai più recenti indirizzi critici – materialismo, psicanalisi nelle sue varie diramazioni, decostruzionismo, femminismo, gender, neo-storicismo ecc. – che hanno radicalmente innovato il modo di leggere le opere letterarie. È perciò che le mie discussioni partono quasi sempre da, o convergono verso, la storia delle interpretazioni e la ricezione storica di uno scrittore o scrittrice, e le integrano legandoli al loro tempo (o in caso dissociandoli)…

Letteratura inglese – Un profilo storico, Franco Marucci, Carocci. Le saghe arturiane, Langland e Gower, Chaucer, i poeti chauceriani, il dramma e la prosa nel Quattrocento, Caxton e Malory, Moro e le precettistiche del gentleman, Wyatt, Surrey e altri poeti cinquecenteschi, Sidney e Spenser, Donne, la poesia fino ai primi del Seicento, il teatro elisabettiano, Marlowe, Marston e Chapman, Jonson, Shakespeare, Webster, Middleton e Tourneur, Dekker e Beaumont-Fletcher, Massinger e Ford, Thomas Heywood e Shirley, gli albori della prosa narrativa, i poeti spenseriani, la lirica carolina, la poesia metafisica di George Herbert e Crashaw, Vaughan e Traherne, Marvell, il tramonto del concettismo, i predicatori e la Authorized Version, la poesia femminile seicentesca, Milton, Dryden, il teatro di fine Seicento, Rochester e Butler, la stagione dei diaristi, dei filosofi e dei saggisti, Bunyan, gli esordi del femminismo, l’augustanesimo, Pope, Prior e Gay, Defoe, Swift, Addison e Steele, il deismo, Thomson, Young, gli antipopiani e Lady Winchilsea, Goldsmith, Richardson e Fielding, Smollett e Sterne, Gray, William Collins e Churchill, Johnson e Boswell, Gibbon, Burke e altri prosatori ed epistolografi, il romanzo gotico, Ossian e le Reliques of Ancient English Poetry, i preromantici, il “risveglio scozzese”, Burney e Austen, Edgeworth, Galt e altri narratori, Paine, Godwin e Wollstonecraft, Burns, Blake, Wordsworth e Coleridge, Shelley e Keats, Byron, Walter Scott, Mary Shelley e Polidori, i romantici cosiddetti minori, le poetesse di questo periodo, i poeti umoristi, il saggismo coevo, così come il teatro, la prosa e la poesia della prima età vittoriana, il trio dei formatori, Macaulay e Mill, Ruskin, Darwin e il darwinismo, Barrett Browning, Tennyson, Fitzgerald, Browning, Clough e Matthew Arnold, Patmore e i Rossetti, il preraffaellismo poetico e pittorico, la stagione del nonsense  e gli spasmodici, l’imitatissimo e inimitabile immenso Dickens, Thackeray, Trollope, il romanzo femminile, Gaskell, le sorelle Brontë, la divisione fra “muscolari” e sensazionalisti, Reade, Wilkie Collins e Le Fanu, George Eliot e Meredith, i poeti apocalittici e i romanzieri teologici, Hardy, Gissing e George Moore, Stevenson e l’esotismo, Pater e l’estetismo, Morris e Swinburne, Hopkins e la sua cerchia, Wilde e il decadentismo inglese, il controestetismo e la poesia giocosa e femminile, Yeats, Synge e il Rinascimento celtico, la letteratura coloniale, Shaw e Barrie e il teatro di fine Ottocento, gli autori definiti, felicemente, come interstiziali, quindi Wells, Arnold Bennett e Galsworthy, Forster e Maugham, Chesterton e i nuovi apologeti del cattolicesimo, mentre nel frattempo si assiste a vari tentativi di far rivivere l’estetismo e si affaccia all’orizzonte, nell’epoca della grande guerra, la poesia georgiana, Housman e Graves, le proposte e le correnti prima, durante e dopo il modernismo, il tempo entre-deux-guerres e oltre, tra imagismo e vorticismo, S. Eliot e seguaci, David Herbert Lawrence, Joyce e discepoli, Mansfield, Woolf, Bloomsbury e Compton-Burnett, i poeti e i romanzieri della Seconda guerra mondiale, Auden e i trentisti, Orwell, Caudwell e Thomas Edward Lawrence, Huxley e il romanzo di idee, Waugh e Graham Greene, Snow e Powell, Cary, Lowry e Durrell, Bowen, Henry Green, Hartley e romanzieri minori, Dylan Thomas, surrealisti e neoapocalittici, il Movement “and after”, da Larkin a Betjeman, Ted Hughes e Hill, le letterature regionali, i contemporanei, il teatro da O’Casey a Coward, Beckett, gli “arrabbiati”, Pinter e Wesker, Arden e Bond, Angus Wilson e Golding, Rhys, Murdoch e Spark, Lessing, Fowles, Burgess e Julian Barnes, Carter, Rushdie, Kureishi e Ishiguro, McEwan, Graham Swift e Martin Amis, Heaney e altri irlandesi, i romanzieri e i poeti dell’ultimo venticinquennio, la scena teatrale contemporanea e molto, molto, molto, molto altro ancora: insomma, in breve, tutto quello che avreste voluto sapere dal punto di vista letterario, sociale, storico, culturale, economico, politico e non solo di una delle produzioni più ampie e vaste, tanto da essere determinante per la formazione di un vero e proprio canone nell’immaginario collettivo della gran parte del globo, visto anche che di fatto l’inglese è ormai da tempo una sorta di koiné transazionale, nell’affresco – non un libro, non un manuale, un vero e proprio viaggio, una passeggiata nel giardino delle Esperidi – dotto, minuzioso e divulgativo di uno dei più celebri critici, saggisti, traduttori, autori, docenti ed esperti italiani. Da leggere: per imparare e riflettere.

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“Il lupanare di Pompei”

di Gabriele Ottaviani

Poiché il narratore ci dice che nessuno vuole baciare questo Lesbio, il lettore deve dedurne che pulcher Lesbius deve essersi macchiato di qualche atto sessualmente impuro con la bocca, sebbene gli studiosi dissentano in merito a quale specifica pratica avesse in mente il poeta…

Il lupanare di Pompei – Sesso, classe e genere ai margini della società romana, Sarah Levin-Richardson, Carocci. Traduzione di Maurizio Ginocchi. Resa immutata, immortale, immota e immutabile dalla più celebre eruzione vulcanica della storia, Pompei, patrimonio dell’umanità che meriterebbe miglior trattamento dalle istituzioni che hanno l’incarico di occuparsene e tutelarne il pregio, è ancora oggi oggetto di approfonditi studi: il fascino che la caratterizza è decisamente irresistibile. La città è stata fissata in un preciso istante, la vita che c’era ed è volata via ha strappato il tempo con una cesura netta e improvvisa: e della vita è un elemento senza dubbio nevralgico anche il sesso, che veniva praticato in luoghi, tempi e modi ben definiti, che quest’esegesi ampia e approfondita ci racconta e propone, prendendo le mosse da questo tassello ben preciso per descrivere un mosaico sociale, culturale, economico, politico e morale viepiù significativo, corredato da un apparato di note e immagini pregevolissimo.

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“Come la pandemia ci ha cambiato”

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Gli individui si percepiscono sempre più frequentemente come il risultato di ciò che immettono sul web…

Come la pandemia ci ha cambiato, Vanni Codeluppi, Carocci. Dovevamo uscirne migliori. Ovviamente non è stato così. Perché ne siamo usciti, ma era più che prevedibile, visto che la solidarietà non è affatto, nella maggior parte dei casi, scontata né gratuita, anzi, la difficoltà rende l’uomo per l’altro uomo un lupo, con buona pace di Leopardi che, pessimista in tutto e per tutto, vedeva invece proprio e solo nella ginestra in grado di fiorire in ogni luogo, finanche sulle pendici dello sterminator Vesevo, un simbolo di riscatto, ancora più egoisti. Diffidenti. Rabbiosi. Rissosi. Sospettosi. Crudeli. Precari. Astiosi. Poveri. Isolati. Vanni Codeluppi non scrive quello che potrebbe apparire semplicemente come un saggio d’occasione: medita invece sulla natura umana, con abilissima agilità. Da non farsi affatto sfuggire.

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“Contadini e potere nel Medioevo”

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La società di villaggio è divisa…

Contadini e potere nel Medioevo – Secoli IX-XV, Luigi Provero, Carocci. Della terra non si potrà mai fare a meno, perché di qualcosa si deve pur vivere e soprattutto ci si deve nutrire: nel corso dei secoli il ruolo delle campagne dal punto di vista sociale, economico, politico, culturale è cambiato moltissimo, così come il suo peso specifico nel bilancio dei giochi di potere che governano il mondo. L’anno Mille, per esempio, con la sua celebre riforma agraria, è stato uno dei momenti di svolta, in un ambito che per lungo tempo, in molte parti del globo, nella Russia zarista addirittura sino al milleottocentosessantuno, l’anno in cui invece l’Italia diventava, al netto dell’assenza ancora di Roma e Venezia, unita, e gli Stati Uniti combattevano gli uni contro gli altri, tra abolizionisti e confederati secessionisti, in primo luogo prendendo le mosse dalla questione della schiavitù, perno dell’economia di piantagione, ha visto addirittura l’esistenza dell’istanza della servitù della gleba: il saggio di Provero ci porta in Italia, in Francia, in Inghilterra, in Spagna, finanche in Islanda. Da non farsi sfuggire.

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“Come lavorava Carducci”

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Per mettere a fuoco il laboratorio carducciano occorre osservare dall’esterno…

Come lavorava Carducci, Federico Casari, Carlo Caruso, Carocci. Senza dubbio uno dei massimi esponenti della letteratura italiana, considerato il vate per antonomasia ben prima di D’Annunzio, dotto accademico che sosteneva che chi avesse usato venti parole quando ne sarebbero bastate dieci non meritava considerazione alcuna – ciononostante è stato sovente accusato d’essere verboso –, critico letterario e primo italiano, centoquattordici anni fa, a essere insignito del Premio Nobel per la Letteratura, Carducci aveva anche un suo modo specifico di lavorare, di scrivere, di raccontare in base alla sua sensibilità ciò che più d’ogni altra cosa gli stava a cuore: Casari e Caruso con abile agilità danno alle stampe un saggio accuratissimo, divulgativo ed esauriente.

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“Weimar”

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La categoria degli Scheiber, ovvero dei profittatori e speculatori che traevano profitto dalla crisi iperinflativa, era ben rappresentata in un quadro del 1920 di Heinrich Maria Davringhausen, esponente della Neue Sachlichkeit (Nuova oggettività).

Weimar – La Germania dal 1918 al 1933, Gustavo Corni, Carocci. Finita la prima guerra mondiale, di cui la Germania è ritenuta responsabile, a Parigi si stilano le condizioni di pace: durissime, a dir poco. Il marco diviene carta straccia, al massimo da parati, lo stato liberale che nasce dalle ceneri dell’impero è debolissimo, la rabbia sociale e il desiderio di rivalsa contro la percepita ingiusta vessazione sono tali da spianare la strada ad Adolf Hitler, e dunque a un’altra aberrante tragedia: Gustavo Corni racconta in modo perfetto la storia, che è la ricchezza più preziosa che abbiamo, perché chi non conosce dimentica, e chi dimentica rivive, ogni volta peggio. Da leggere, rileggere, far leggere.

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“Che cos’è un rebus”

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Il tratto che si incontra più sovente nelle prime letture di tutti i rebus dinamici è l’omissione degli articoli e, nelle frasi copulari, del verbo essere.

Che cos’è un rebus, Emanuele Miola, Carocci. Per chiunque sia appassionato di enigmistica, i rebus sono la quintessenza del solluchero: a disegni raffinati si coniugano lettere e sillabe, e attraverso le cose – il nome è del resto un ablativo plurale di quinta declinazione, siamo tutti, chi più chi meno, figli del latino – si svela un pensiero, una frase, una citazione, un motto, un proverbio, un epiteto, un titolo, un nome e/o un cognome. Invenzione geniale, mette assieme sinesteticamente ambiti diversi, dando origine a un universo peculiare, anche dal punto di vista linguistico: la monografia di Miola è un gioiello istruttivo, profondo, divertentissimo.

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“Leggere Woolf”

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Al faro segna uno spartiacque nella carriera di Woolf…

Leggere Woolf, Sara Sullam, Carocci. Professore a contratto di letteratura inglese all’università di Milano, esperta del modernismo inglese in una prospettiva comparata, di teoria del romanzo nel Novecento, della ricezione della letteratura inglese del ventesimo secolo nell’Italia del secondo dopoguerra e molto altro, lettrice, traduttrice, curatrice, saggista, Sara Sullam ha una scrittura netta, precisa, puntuale, in cui niente è lasciato al caso, divulgativa nell’accezione più ampia e alta del termine. Scrittrice, critica, saggista, editrice, Virginia Woolf, donna di multiforme ingegno e poliedricità ineguagliabile, dalla sensibilità finissima, è oggi, in questo tempo materiale, protervo, astioso, una voce più necessaria che mai: Sullam la racconta in modo imprescindibile.

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“La sitcom”

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L’esordio italiano della sitcom americana avviene di sabato, quando, nel 1960…

La sitcom – Genere, evoluzione, prospettive, Luca Barra, Carocci. La notizia degli ultimi giorni è che finalmente, in ossequio al fortunato ritornello che ricorda a tutti il potere da smaliziata canaglia che ha sulle nostre vite la nostalgia, che ci prende proprio quando non vogliamo, si farà, come evento speciale, la riunione fra i sei amatissimi protagonisti di Friends, per un episodio che ha il sapore dell’accadimento e che si attende non senza temere di poter restare delusi, perché se è vero che un classico non finisce mai di dire quel che ha da dire, proprio perché siamo sempre diversi può succedere che ciò che un tempo ci garbava ora non appaghi più i nostri gusti: del resto forse più di ogni altro genere proprio la situation comedy rischia infatti di subire l’oltraggio del tempo che passa, benché riproduca dinamiche universali. Quello della sitcom è un genere cardine nell’ambito della produzione televisiva e della narrazione, perlopiù filmica, mediata dallo schermo, che muta di continuo, e che rappresenta in modo icastico e puntuale lo Zeitgeist: Barra dà alle stampe una guida preziosa per orientarsi in questo mondo.

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