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“La badia”

di Gabriele Ottaviani

Davanti ai mulini c’era – c’è ancora, ma spogliata di tutti gli arredi – una cappellina votiva…

La badia, Camilla Salvago Raggi, Lindau. Se si pensa alla classe, all’eleganza, alla raffinatezza, alla dolcezza, all’intelligenza brillante e sapida, al garbo e all’ironia, non si può non pensare a Camilla Salvago Raggi, scrittrice sopraffina che attinge ancora una volta alla cornucopia della memoria per accompagnare con le sue parole, mai banali o di troppo, il racconto, punteggiato di immagini che meravigliano e fanno riflettere, della storia della prima abbazia cistercense mai fondata al di fuori dei confini francesi, concessa in enfiteusi perpetua alla famiglia del cardinale Lorenzo Raggi, e ora di proprietà di questa impareggiabile narratrice. Una delizia.

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“Un’estate del 1892”

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Contro un cumulo di foglie di granturco si appoggia il nonno…

Un’estate del 1892, Camilla Salvago Raggi, Lindau. Convenzionali ama visceralmente Camilla Salvago Raggi, perché è una grande scrittrice e perché ogni sua parola è un’avventura meravigliosa, una passeggiata in luoghi splendidi: come la dimora nella quale passa ancora oggi sua estate, un ex monastero cistercense risalente ai primi anni del dodicesimo secolo incorniciato dalle case di un piccolo e suggestivo borgo e dai variegati profili degli Appennini. La stessa residenza di campagna in cui si trovò a trascorrere la prima estate da sposata un’altra Camilla, la nonna della scrittrice, appena maritatasi con casate Giuseppe Salvago Raggi, erede di due nobili casate genovesi, futuro senatore del regno d’Italia, diplomatico, che finirà persino a Pechino, assieme alla consorte, nei giorni durissimi della rivolta dei Boxer: quel tempo però è ancora lontano nell’estate del milleottocentonovantadue, che la prima Camilla immortala con una macchina fotografica e che la seconda fa rivivere, oltre che con le immagini, con l’arte immaginifica  caleidoscopica della parola.

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“La quinta età”

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E io, che avrei potuto diventare cognata di una regina!, andata sposa poi – i casi della vita! – al figlio di un capostazione, per di più comunista! Ma questo – ormai lo sanno tutti – è stata l’unica cosa che ho azzeccato nella vita.

La quinta etàLibri, memorie, passioni, Camilla Salvago Raggi, Lindau. Se si ha voglia di farsi un bel regalo, bisogna leggere Camilla Salvago Raggi, si sa: scrittrice magnifica, intellettuale finissima, donna per cui sembra che le parole classe, eleganza e nobiltà, in primo luogo d’animo, siano state coniate. Il mondo non finirà mai, l’efficace citazione di Barbara Alberti è arcinota, perché le donne lo raccontano: ma sono poche le voci belle come quelle di Camilla Salvago Raggi, che ci guida con mano sicura, ma il suo tocco è una carezza, attraverso i sentieri della storia e i viottoli punteggiati di fiori dell’umanità, con una profondità ancor più scintillante perché sempre semplice e mai leziosa, pretenziosa o compiaciuta. Comme d’habitude, imprescindibile.

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“Paradiso bugiardo”

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Fu come se la scena di quel giorno avesse sonnecchiato in me tutto quel tempo per poi…

Non ha nulla da invidiare a Fausta Cialente o a tante autrici più note Camilla Salvago Raggi, la cui prosa è delicata, divertente, divertita, lieve ma mai superficiale, ironica, sottile, raffinata: Paradiso bugiardo (Lindau) è un volumetto agilissimo e prezioso che, con accenti à la Ernaux, indaga la dimensione della memoria e degli scherzi che gioca, della finzione che innesta sulla realtà per far meglio vivere, della familiarità, dell’infanzia, edificando un Bildungsroman privo di sterile nostalgia e imbevuto di tenerezza: incantevole ed emozionante. Quali segreti il tempo nasconde, quali misteri è destinato fluendo a svelare?

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“Amore che viene, amore che va”

download.jpgdi Gabriele Ottaviani

C’erano fra i due pause dense…

Traduttrice anche di Conrad e Wilde, Camilla Salvago Raggi ama, e si vede, e del resto come darle torto, Virginia Woolf, e quando esce dalla dimensione dell’autobiografia, fermo restando che ogni scrittore, come in generale ogni artefice, non può che, anche quando inventa mondi altri, dar voce nella sua creatura a una parte intima di sé, riesce persino a essere addirittura più intensa di quanto già non sia d’abitudine: Amore che viene, amore che va (Lindau), raccolta splendida sin dal titolo deandriano – ante litteram – e dunque come l’autrice genovesissimo, antologizza racconti editi, amati finanche dalla Banti, e inediti, e attraverso le limpide prose di La bella gente, Quando ero paggio, Solo un breve paggio, Prima o poi, L’asta Malinverni, Da quali lontananze, Cieli aperti, Abschied, Padre Filippo, Un’estate ancora e La padrona giovane, ognuna delle quali è in nuce un romanzo compiuto e perfetto, indaga la multiforme e caleidoscopica commedia umana.

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“Lontani parenti”

51MIWjlq7QL._AC_US218_.jpgdi Gabriele Ottaviani

Sarà tempo di darle marito: parlarne con Porchetto, dice fra sé.

La letteratura di Camilla Salvago Raggi è un tessuto caldo e prezioso, un arazzo finissimo, un vino prelibato che, per non destabilizzare il palato, come ai tempi di Polifemo, è sapientemente amalgamato con acqua e miele profumato, affinché la bontà ne sia esaltata: si immerge e fa immergere nella dimensione proustiana della memoria, prendendo le mosse da storie familiari in cui si riverberano sentimenti universali e riconoscibili, che edificano una connessione comunicativa con tutti i lettori. Lontani parenti (Lindau) è un ritratto assai vivido e di rara piacevolezza di due figure remote nel tempo, due ramoscelli antichi del suo albero genealogico nei cui blasoni compaiono anche, per lo sdegno della nonna, maiali e striglie, che certo non sono eleganti come cavalli rampanti, una Druda – e il nome suggerisce suggestioni prosaiche assai – del dodicesimo secolo e il posteriore magnifico Leonardo, la cui personalità emerge a partire dall’inventario degli oggetti lasciati in eredità, le cose che restano, retaggi che non sono solo materiali, ma rievocano gesti, abitudini che allignano nel cuore, che formano l’identità. Da leggere, rileggere e far leggere.

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“La nonna era bellissima”

download (2).jpegdi Gabriele Ottaviani

Ma ora è finita. Si torna a casa. O per lo meno ci torna Camilla. Pippo resterà a Pechino perché troppe sono le questioni ancora da risolvere. Oltre i disordini inevitabili che seguono l’arrivo delle truppe, l’arraffa-arraffa, i saccheggi, le violenze, ci fu, da parte degli europei, la pretesa di entrare nella Città proibita – pretesa arginata dai superiori, almeno in quei primi giorni Troppa sarebbe stata l’umiliazione per i cinesi, e le persone di buon senso non volevano questo. Lasciarono fare in seguito, e non parve vero agli europei di aggirarsi per quelle sale, ammirarne lo splendore, e soprattutto riempirsi le tasche degli oggetti preziosi che poi si sarebbero portati a casa come trofei di guerra. Una brutta pagina per gli europei. Intanto, nel giro di poco, sarebbero incominciate le trattative tra il Corpo Diplomatico e alcuni membri della Corte, e infine la firma del trattato di pace. La spartizione del territorio sarebbe stata tutta a vantaggio dei tedeschi, che già allora dimostrarono il cinismo e il disprezzo per le vite umane che preannunciava quello che sarebbero diventati sotto il nazismo e con lo sterminio degli ebrei. Dico questo perché le macabre fotografie delle esecuzioni capitali dei cinesi, Boxer e non, e delle quali furono spettatori compiaciuti, ce ne da un assaggio. In questa spartizione, come ho detto, fu la Germania a fare la parte del leone: le altre potenze ebbero più o meno quello che chiedevano, meno l’Italia, sempre l’ultima ruota del carro, alla quale toccò – grazie al nonno – un piccolo settlement (insediamento) a Tientsin. Dopo di che il nonno poté considerare chiusa la sua missione a Pechino, e nel settembre del 1901 partì per l’Italia con l’amico Mario Valli.

La nonna era bellissima, Camilla Salvago Raggi, Il canneto. Difficile trovare un titolo più azzeccato. Più giusto. Più efficace. Più vero. La nonna era bellissima. Sul serio. Quale nonna? Quella di Camilla Salvago Raggi, instancabile tessitrice di memorie della sua famiglia che riesce a rinvenire scartabellando con infinita pazienza il suo archivio (che parla anche per assenza, come in questo caso, dove tutto ha origine da un quadro rubato), ricordi in cui si riverbera la Storia e che contribuiscono alla condivisione di un racconto che è un esempio di comunicazione, di dialogo nel senso più nobile del termine, che consente al lettore di viaggiare semplicemente nel tempo e con la fantasia, entrare in contatto con mondi altri, avere l’impressione di camminare, tale è la vivacità delle immagini, per stanze di case che non conosce eppure gli appaiono familiari da subito, sin dal primo momento. La nonna era bellissima. La nonna si chiamava Camilla. La nonna ha vissuto in una temperie agitata da tensioni fortissime, sotto ogni punto di vista, la nonna era la moglie di un uomo ambizioso e vitalissimo, Giuseppe Salvago, nato nel milleottocentosessantasei, due mesi prima della sciagurata battaglia di Lissa citata finanche nei Malavoglia, e morto ottant’anni dopo, senza riuscire però a vedere l’Italia divenire repubblica, lui, laureato in scienze sociali, diplomatico, scrittore, vissuto a Madrid, San Pietroburgo, Berlino, Il Cairo, Istanbul, in Cina durante la rivolta dei Boxer contro l’influenza straniera colonialista, commissario generale della Somalia italiana, governatore dell’Eritrea, senatore del regno nella ventiquattresima legislatura, delegato alla conferenza di Pace di Parigi del millenovecentoventinove, capo della delegazione italiana alla commissione delle riparazioni di quattro anni dopo, cavaliere di gran croce e grand’ufficiale dell’ordine coloniale della Stella d’Italia. La nonna ha patito la solitudine. Ma questo non l’ha resa una figura remissiva o poco interessante. Anzi, tutt’altro. Da leggere.

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“Fuoco nemico”

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Il fatto è che parlare di cucina mi ha fatto tornare indietro nel tempo.

Fuoco nemico, Camilla Salvago Raggi, Il canneto. Camilla Salvago Raggi non è brava a cucinare. Non è una donna a cui le attività meramente pratiche riescano particolarmente bene. Per carità, queste parole non vogliono essere offensive: del resto, ognuno ha attività per cui è portato e altre nelle quali invece nonostante l’applicazione, la passione, la curiosità, la fascinazione subita, i risultati appaiono insoddisfacenti. Lo dice lei stessa, d’altronde. Non ci permetteremmo mai. Ma come la smagliatura nella rete è ciò che Montale cercava, la scaglia di mare intravista attraverso la breccia nel muro, dunque l’imperfezione, la soluzione della continuità, così è da questa sua mancanza, se così si può definire, che la scrittrice può spiccare il volo e lasciare libera la memoria di edificare, passaggio dopo passaggio, il coloratissimo mosaico dei suoi ricordi. Ricordi di donna, attraverso il tempo e la storia, tutti conditi da un sapore familiare prelibato come una pietanza descritta dall’Artusi.

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“Non solo finestre”

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Cosa può darti il silenzio?… Un lento calare dentro se stessi, nel proprio passato e nel proprio presente. Tacendo, lascio parlare le cose.

Non solo finestre, Camilla Salvago Raggi, Il canneto. L’estate, la bella stagione, è quella in cui si parte, di norma. Ma spesso è anche quella in cui si torna. In luoghi che si sono amati, che si amano ancora, ma che non possono essere frequentati con periodicità quotidiana. E quindi può succedere che si torni a riaprire una vecchia casa, che la si rinfreschi, le si faccia prendere aria e la si liberi dalla polvere del tempo che passando si è depositata su quelle cose di maggiore o minor pregio economico, a seconda dei casi, ma certo tutte egualmente importanti dal punto di vista emotivo, perché ognuna di esse è una sfaccettatura delle sensazioni che giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno hanno costruito la tessitura della vita. Che procede per errori e manchevolezze: sbagliando s’impara, del resto. E così sono proprio le piccole cose che non funzionano, le porte che si spalancano con difficoltà, le manopole da girare all’incontrario, trucco che gli abitanti conoscono ma chi è esterno a quel linguaggio che si forma nel tempo tra gli oggetti e coloro che li adoperano non può sapere, a fornire lo spunto per fermarsi, riflettere, raccontare. Cosa che Camilla Salvago Raggi fa con innata grazia e seducente bellezza.

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“Di libro in libro, la vita”

51gCb15gQeL._SX336_BO1,204,203,200_.jpgdi Gabriele Ottaviani

Ho il pollice nero. Il mio è un atteggiamento contemplativo ma passivo, tutto mi va bene.

Di libro in libro, la vita, Camilla Salvago Raggi, Il canneto. Gozzano, colui che ha reso immortale la signorina Felicita dagli occhi azzurri di stoviglia e che ci ha descritto ambienti pieni di piccole cose di pessimo gusto, qui non avrebbe in tutta onestà saputo dove trovarne nemmeno l’ombra, e rinverrebbe invece anche negli oggetti più umili ma comunque raffinati la punteggiatura e la struttura di un lessico familiare che racchiude la vita e racconta il sentimento come, sempre per citare il poeta crepuscolare, sanno fare forse solo certe espressioni dialettali, che attingono direttamente al cuore, della lingua e di chi attraverso di essa si esprime. Camilla Salvago Raggi e la grande e meravigliosa casa di Campale, ritratta in numerose splendide foto (opera di Gianni Ansaldi), piena di stanze e traboccante di librerie, sono quasi una sorta di binomio indissolubile: qui si è svolta la formazione di una donna, un’intellettuale che neghittosamente e con modestia non falsa si definisce una profana, una scrittrice che narra e si narra mediante una selezione di titoli, pagine, parole, nomi, mondi, suoni, colori assolutamente originale, variegata, unica, niente affatto snob. Un tuffo nella dolce melodia della nostalgia, una preziosa testimonianza storica, letteraria, umana.

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